Giorgio Candeloro, ItaliaOggi 24/12/2013, 24 dicembre 2013
COSÌ IL TAR RISCRIVE LA RIFORMA GELMINI, I CONCORSI, LE CLASSI
Il martello demolitore del Tar del Lazio colpisce ancora e affonda, stavolta, la riforma Gelmini dei tecnici e dei professionali. Come ampiamente riportato nei giorni scorsi dagli organi di informazione, una recentissima sentenza del tribunale amministrativo, accogliendo un ricorso dello Snals, ha stabilito che il quadro orario dei due indirizzi che raccolgono la maggioranza degli studenti italiani delle superiori, per la precisione il 53%, debba tornare alla situazione precedente alla riforma, ovvero a 34 ore di lezione a settimana e non a 32 come previsto dalla riforma voluta nel 2010 dall’allora ministro dell’istruzione e dal suo collega dell’Economia Giulio Tremonti. La sentenza è motivata con la convinzione dei giudici amministrativi che la riforma sarebbe stata dettata da «malcelate ragioni di contenimento della spesa pubblica», con l’obiettivo di tagliare circa 87.000 cattedre, incidendo soprattutto sulle discipline professionalizzanti a danno della qualità dell’insegnamento erogato all’utenza. Naturalmente l’attuale ministro Carrozza potrà decidere se dar seguito alla sentenza del Tar, ricorrere al Consiglio di Stato contro di essa o tentare la via di un nuovo provvedimento legislativo. Una matassa comunque intricata e difficile da sbrogliare, soprattutto alla luce della gran quantità di soggetti coinvolti e dei problemi di legittimità e legalità degli studi che decine di migliaia di giovani stanno sostenendo. Ma questa vicenda impone anche una riflessione sul ruolo improprio ormai assunto dal TAR del Lazio nel determinare de facto molte scelte di politica scolastica. Occorre ricordare che quello con sede nella capitale è l’unico tribunale amministrativo italiano abilitato ad emettere sentenze su controversie relative ad atti emanati dalle amministrazioni dello Stato ed è per questo divenuto negli anni depositario di un vasto potere di influenza sulle scelte decisionali, quasi fosse una sorta di “terza camera” che spessissimo ribalta le decisioni assunte dal Parlamento. Da più parti ci si comincia a chiedere, al di là del merito delle singole sentenze, se una situazione del genere non travalichi pesantemente le originarie funzioni di giurisdizione amministrativa del Tar, trasformandolo in un attore politico. La scuola è uno dei campi di azione privilegiati dei giudici amministrativi del Lazio, per via dell’enorme numero di contenziosi tra ministero e cittadini e organizzazioni sindacali e di categoria del mondo della scuola. In pratica chiunque si senta danneggiato da una qualsiasi decisione ricorre in automatico. Grottesco addirittura quanto avvenuto in occasione dell’ultimo concorso a cattedre, quando diversi sindacati e associazioni, durante i corsi di preparazione distribuivano i moduli precompilati per il ricorso al Tar da utilizzare in caso di mancato superamento dell’esame.
Una lista, necessariamente incompleta, delle sentenze recenti del Tar del Lazio in materia di istruzione dimostra come i giudici abbiano fortemente condizionato molte scelte: oltre alla sentenza su tecnici e professionali, si deve ricordare la resurrezione del Consiglio Nazionale della Pubblica istruzione, l’annullamento delle norme sulle classi di concorso atipiche, la modifica al ribasso dei punteggi minimi per l’ammissione alle prove orali e pratiche per alcuni concorsi a cattedre, oltre a varie invalidazioni di concorsi per docenti e dirigenti e a pronunce sulla contrattazione sindacale di istituto.