Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 24 Martedì calendario

LA MORTE DI KALASHNIKOV L’UOMO CHE HA ARMATO GANGSTER E RIVOLUZIONARI

MENTRE leggerete queste righe da qualche parte nel mondo un «Kala» sta sparando. Perché è ovunque. Centro Africa, Siria, Messico, Corea del Nord. E in qualche angolo remoto chi lo imbraccia non saprà neppure che il suo inventore se ne è andato. Per sempre.
Mikhail Kalashnikov è spirato all’età di 94 anni a Izhevsk, nella regione degli Urali, consumato dalla vecchiaia e dai malanni. Ma non dai rimorsi, se vogliamo credere a quello che ci disse un giorno ad una mostra sulla difesa negli Emirati Arabi. Concetto ripetuto ad ogni intervista: lui pensava di aver dato un contributo fondamentale alla lotta contro i nemici. Aveva qualche rimpianto per non aver creato qualcosa di meno sinistro, «come ad esempio un taglia-erba». Però questo non gli impediva di essere fiero della sua creatura. Anche se ammetteva di esser dispiaciuto che fosse finita nelle mani di tanti terroristi e criminali comune.
Come è stato detto in questi anni l’Ak, caricatore dopo caricatore, si è tramutato nella vera arma di distruzione di massa. Altro che i gas. I tentativi di calcolare quante vite abbia spezzato sono inutili e sopratutto imprecisi. Appena finisci la lista, devi aggiungere subito altri nomi e molti anonimi. Il fucile d’assalto, in tutte le sue versioni, continua ad essere molto «popolare» tra gli insorti e chi li combatte. Cifre empiriche stimano tra i 70 ai 100 milioni di fucili. Ad ogni conflitto, arrivano altri ordini. Si è persino affermato che il suo costo «su strada» sia diventato un indicatore dello stato di una guerra.
Il prezzo medio globale è attorno ai 500 dollari, però in alcune zone, duranti fasi critiche, possono chiedere tre volte tanto. In altre lo trovi con pochi biglietti verdi. Nella zona del Delta nigeriano lo offrivano a 70. Nel Sudan a 86, ma ora che si è acceso lo scontro nel Sud potrebbe salire. In Siria ne arrivano molti dal vicino Iraq e i contrabbandieri chiedono un migliaio di dollari. In America, dove ha conosciuto negli ultimi due anni un boom di vendite tra i privati, lo hanno in catalogo dai 700 ai mille dollari. Circa la metà del prezzo per quelli reperibili con l’aiuto dei trafficanti. Una diffusione resa possibile anche dalle copie. Ak non autentici prodotti da altri Paesi per fare cassa con grande disappunto di Mr Kalashnikov che ha visto taroccare il suo prodotto, nato da un’altra idea. Più patriottica, «per difendere i confini del paese».
La storia racconta che Mikhail abbia messo a punto il primo fucile per offrire all’Armata Rossa qualcosa che potesse competere con i rivali tedeschi e americani. Sergente, dopo essere rimasto ferito in battaglia, questo ingegnere fai da te, figlio di un famiglia deportata in Siberia, si è messo al lavoro e ha fatto centro. In tutti i sensi. Dalla sua officina è uscito un pezzo robusto, «agile» da portare, facile da tenere in ordine, in grado di operare in qualsiasi condizione. Sabbia, ghiaccio, fango, sono nemici per armi troppo sofisticate, ma non per l’Ak. Inevitabile che fosse la prima scelta per insorti e movimenti. Portato a tracolla o nascosto sotto il giubbotto grazie al calcio pieghevole. Il Kalashnikov si è trasformato in un’icona. È stampato sulle bandiere dei movimenti, fa da corona al logo di fazioni, mescolato con stelle rosse, scimitarre, versetti religiosi, slogan rivoluzionari. Proseguimento di un pugno alzato che lo tiene in alto, segno di sfida e di forza.
Un successo che ha portato a Mikhail molto onore. Grado di generale, titolo di «eroe», riconoscimenti ufficiali per un uomo che ha vissuto come un trauma profondo la fine dell’Urss, le svolte di Gorbaciov e Eltsin. Ma nelle sue tasche non è mai arrivato il denaro che avrebbe ricavato chiunque altro. Le autorità moscovite non gli hanno mai riconosciuto i diritti. Stranezze della vita. Come conferma un episodio avvenuto pochi giorni fa nello Yemen. I familiari delle vittime di un raid americano sono stati risarciti con una forte somma e un centinaio di Kalashnikov. Serviranno a togliere di mezzo altri essere umani.
Guido Olimpio