Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 23 Lunedì calendario

L’«ORO VERDE» DELLA ROMANIA


Diciassette miliardi di euro nel 2014-2020. Sono i fondi previsti dalla Pac, la politica agricola comune, per la Romania. Una torta che dovrebbe andare sia ai pagamenti diretti agli agricoltori (10 miliardi) sia (7 miliardi) a fondi strutturali per progetti cofinanziati per altri 7 miliardi. Un’opportunità anche per le aziende italiane, se si pensa che oltre 300mila ettari di terreno in Romania fanno capo a nostre aziende (i primi in Europa) e che siamo in presenza di un Paese storicamente agricolo dove è ancora possibile lavorare su appezzamenti grandissimi in un settore non ancora maturo e in grande trasformazione, si suppone, nel prossimo decennio.
I terreni agricoli della Romania, in effetti, costituiscono il 12,5% del totale delle terre produttive della Ue e l’incidenza del settore sul Pil del Paese è del 6,5 per cento. La Romania è il primo produttore in Europa di granturco e fra i primi tre per il grano. Il potenziale è altissimo, anche perché oggi la produttività media per ettaro è molto più bassa della media Ue.
La Camera di commercio italiana in Romania sta spingendo molto per fare conoscere le opportunità del settore agricolo rumeno alle nostre aziende. Spiega Adrian Dimache, segretario generale della Camera: «Qui ci sono alcune aziende agricole immense, la più grande è 55mila ettari e cinque o sei aziende possono contare su appezzamenti di oltre 20mila ettari. Ma la maggior parte dei terreni sono da mezzo ettaro o un ettaro per l’auto consumo, perché questo è ancora un Paese di agricoltori, ci sono tre milioni di aziende agricole molte delle quali a livello familiare: nei prossimi anni sarà molto importante vedere come procederà l’inevitabile accorpamento che avverrà quando i piccolissimi agricoltori cominceranno a cedere i loro terreni».
Un problema è però rappresentato dall’accatastamento, che presenta grandi incertezze: per il 70% dei terreni non c’è un catasto vero e proprio, che permetta di vendere, ma solo documenti di proprietà che derivano dalle restituzioni fatte nell’epoca post-comunista. La Camera di commercio italiana ha aperto col ministero competente un tavolo per spingere proprio su questa questione, che favorirebbe lo sblocco delle vendite. Oggi un terreno di prima qualità in Romania costa dai 3 ai 5mila euro ad ettaro, un prezzo molto vantaggioso, mentre un appezzamento che ha bisogno di essere più lavorato viaggia su 1,5-3mila euro.
Ma i prezzi stanno salendo. Spiega Roberto Bussolini, DG di Riso Scotti in Romania (dove l’azienda italiana è presente dal 2002): «Una buona risaia costa qui, per ora, sui 4mila euro l’ettaro, mentre nel Pavese può arrivare anche a 70mila euro. Ma i prezzi salgono, sia per l’interesse degli operatori internazionali sia per la crescita degli agricoltori locali, che stanno cominciando ad adottare criteri di coltivazione e macchinari più moderni. Il Governo ha interesse allo sviluppo del settore agricolo, vera forza del Paese. Scotti è stata l’azienda che ha fatto ripartire la coltivazione del riso in Romania dopo la pausa post Ceausescu, durante la quale qui si è bloccato tutto. Oggi i terreni sono praticamente vergini e possono dare rese fantastiche. Noi produciamo in Romania riso convenzionale per il mercato rumeno (la Romania importa più riso di quanto ne produca) e riso biologico che vendiamo in Europa. Qui i terreni sono totalmente privi di residui di arsenico, al contrario di quelli del resto d’Europa, e questo rende il prodotto rumeno molto popolare per esempio in Germania».
Oltre che nelle colture vere e proprie, grandi opportunità sono nello stoccaggio, oggi in mano a grandi trader internazionali, ma che presenta ancora ottime possibilità di sviluppo per un medio operatore. Avere un sylos con buone capacità di stoccaggio o un mulino per la produzione di farina è un ottimo investimento oggi nel Paese, dove la catena della trasformazione è ancora ai primi passi. Per non parlare della zootecnia o dell’export di macchinari agricoli moderni. «Eurosilos è una società che esiste da 15 anni, produce, stocca e commercia cereali e ha 150 agricoltori e 50 Tir – spiega il titolare, Valter Raffini, italiano che ha messo in piedi l’azienda (a capitale italiano) in Romania – . Il consiglio agli operatori è avere chiaro il proprio obiettivo e cercare un partner di fiducia locale. Trovare il credito non è facile ma l’imposizione fiscale è leggera (16%) e i terreni straordinari».