Ljudmila Ulitskaja, Corriere della Sera 23/12/2013, 23 dicembre 2013
GUANTI E BRANDE DI FERRO IN CELLA È DIVENTATO UN EROE
È appena passato il solstizio d’inverno, una festa davvero importante. In questi giorni si celebrava la nascita di Mitra, di Dioniso e di Osiride. Anche l’Hanukkah degli ebrei era legata all’aumentare delle ore di luce e così, più tardi, è stato per il Natale cristiano. E oggi gran parte dell’umanità festeggia l’anno nuovo in quest’ultima decade.
Quest’anno molte persone hanno ricevuto un regalo inaspettato: la liberazione di Mikhail Khodorkovskij dopo una prigionia durata dieci anni. I dieci anni — dai 40 ai 50 anni — più importanti nella vita di una persona. Forse, se fosse stato libero, l’oligarca Khodorkovskij avrebbe potuto far crescere i suoi affari a livelli incredibili e avrebbe fatto beneficenza. Ma il destino aveva altri piani per lui. È stato spedito al Nord, nei campi detentivi più tremendi, prima al confine con la Cina, poi con la Finlandia. Era a contatto con veri criminali e ha subito aggressioni, provocate dalle autorità carcerarie. Ha imparato a cucire guanti e a seguire un programma, a dormire su una branda di ferro e a mangiare la zuppa del carcere. Ha conosciuto quel lato della vita che non tutti vedono, che molti ignorano e che alcuni vogliono dimenticare. Da oligarca di spicco è passato ad essere un semplice detenuto, e questa trasformazione ha cambiato molti tratti della sua personalità.
Non so chi sarebbe oggi, se avesse abbandonato il Paese quando si iniziarono a manifestare i rischi per la sua attività e per la sua libertà personale. Molti ricchi fecero così dieci anni fa. Senza dubbio, ognuno di questi aveva le sue buone ragioni. Ma Khodorkovskij aveva le sue ragioni per rimanere. Forse a convincerlo è stata l’eccessiva fiducia in se stesso o, magari, la sua indipendenza e il suo amor proprio. In ogni caso, i dieci anni trascorsi in prigione sono stati un decennio di forte opposizione e di coraggio eccezionale. Lui non si è tirato indietro di fronte a nessuna delle lezioni che la vita gli ha presentato. E non ha chiesto la grazia, che nel suo caso avrebbe rappresentato un’ammissione di colpevolezza e una promessa di fedeltà a quel regime che, nei suoi confronti, era stato così inflessibile. L’opinione pubblica, che lo condannava in modo così spietato nei primi anni del processo (anzi, dei due processi!), ha cambiato atteggiamento. Le autorità, con il loro comportamento, lo stavano trasformando in un eroe, e lui, un eroe, lo è diventato davvero. Negli ultimi anni sono arrivate le esperienze giornalistiche di Khodorkovskij, la cronaca reale di com’è la vita dietro le sbarre nella Russia del XXI secolo. Il tutto scritto in uno stile conciso, forte, asciutto e obiettivo. Ogni suo testo è marcato dall’attenzione nei confronti dell’uomo e dall’empatia. Anche il sistema di valori che aveva nel corso del primo processo era cambiato. Ecco un brano di un’intervista che gli fecero quell’anno: «La famiglia è la cosa più importante che una persona possa avere. Qui in carcere, le storie di molti sono segnate dalla disperazione, dalla solitudine, dalla perdita dei genitori. Di fronte a loro, mi vergogno per la mia ricchezza. Perché gli amici e la famiglia sono un vero tesoro». Poche settimane fa Khodorkovskij ha scritto una richiesta di grazia. E il motivo di questa decisione è chiaro: i genitori di Mikhail ormai non sono più giovani e sua madre, Marina Filippovna, è gravemente malata. Così è successo un miracolo, e proprio il 20 dicembre, nel giorno dedicato ai «čekisti», i nostri servizi segreti. Mikhail Khodorkovskij ora è a Berlino, dove ha incontrato i suoi genitori. E, come per ogni copione che si rispetti, è arrivato il lieto fine. Tutti in piedi ad applaudire, allora! E intanto i protagonisti sono felici e contenti. O quasi...
Il sipario, infatti, non è ancora calato su questo dramma durato anni. Lo spettacolo non è terminato. E la conclusione prevede dei colpi di scena, probabilmente impensabili. Nessuno ha smentito le informazioni sui preparativi per il terzo processo a Khodorkovskij. Oggi il mondo celebra il trionfo della giustizia e — una parola da pronunciare con molta attenzione — della misericordia. Molti ritengono che dietro a un gesto misericordioso così inaspettato ci sia la prossima Olimpiade invernale di Sochi. Come si comporteranno le autorità dopo la fine dei Giochi resta un mistero. E nessuno sa neanche quali impegni si è preso Khodorkovskij quando ha ottenuto la grazia. Lui lega a doppio filo il futuro del Paese alla nascita di una società civile, un elemento troppo scomodo per qualsiasi potere autoritario. Non è che, in questo modo, entrerà in una nuova fase di scontro con il potere? Esiste una qualche garanzia che non venga toccato?
Auguriamo molta fortuna a Khodorkovskij e alla sua famiglia. E auguriamo fortuna anche a questo nostro Paese così incredibile, in cui coesistono i tantissimi paradossi che fanno parte dell’enigmatica anima slava e del suo mistero: la forte perseveranza e la vaghezza di obiettivi, la passione per gli esperimenti sociali e l’inerzia secolare, l’idealismo più alto e il cinismo più becero, le ambizioni elevate e i gabinetti coperti di fango.
(Traduzione di Sara Bicchierini)