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 2013  dicembre 23 Lunedì calendario

ENERGIA E TELEFONI, ATTENZIONE AL NAZIONALISMO ECONOMICO


[Joaquin Almunia]

Attenzione al «nazionalismo economico» che rischia di imbrigliare l’Europa, avverte Joaquin Almunia. Succede in moti Paesi, secondo lo sceriffo dell’Antitrust continentale, soprattutto in settori come le telecomunicazioni o l’energia ci sono «monopolisti o ex monopolisti che preferisco proteggere i loro tradizionali mercati nazionali piuttosto che operare in uno spazio più aperto a livello globale e mondiale». Invece, assicura lo spagnolo, «il grande mercato crea opportunità ed efficienze».
Bilancio di fine anno con il commissario più esecutivo di Bruxelles, l’unico a cui i Trattati danno reali poteri di intervento e sanzione in caso di violazione dei principi della giusta concorrenza e degli aiuti di stato non discriminanti. Nato a Bilbao 65 anni fa, socialista, Almunia è stato responsabile Ue dell’economia e, dal febbraio 2010, ha la «Competition»e. Sul suo tavolo diversi casi italiani. Montepaschi e Ilva, per dirne due.
Commissario, c’è chi accusa la politica della concorrenza di impedire la crescita di veri campioni europei. Vero o falso?
«La dimensione di una società dipende dal suo successo. Cominciano da nulla, crescono e, in certi casi, diventano globali. Noi non intendiamo punire chi ha successo, al contrario. Il problema sono i possibili abusi legati alla forza della posizione di mercato. E’ in questi casi che reagiamo».
Però nelle Tlc e nell’Energia i campioni europei latitano. Il mercato è frammentato. Colpa vostra?
«In questi settori le società hanno una dimensione globale, ma i mercati - soprattutto la telefonia mobile - restano nazionali. Le frequenze sono concesse a livello locale, come locali sono i pacchetti per i clienti. Non è un bene. Per dirne una, vorremmo avanzare più in fretta verso un mercato unico per le Tlc».
Quali sono le barriere?
«I campioni li abbiamo. Basta guardare l’elenco delle 100 compagnie più grandi del mondo. In alcune aree, però, l’inesistenza di un mercato unico costringe ad operare a livello nazionale. Non è una formula efficiente».
Come dovrebbe essere?
«Con un grande mercato avremmo migliori servizi e società più forti. I vantaggi sono chiari. Tuttavia vedo delle resistenze dovute a interessi particolari nelle Tlc, Energia e in altri settori. E’ un nazionalismo economico. Sostenuti dai governi, in certi casi i monopolisti o ex preferiscono proteggere i mercati tradizionali piuttosto che crescere in uno spazio più aperto».
Anche in Italia?
«Succede ovunque, soprattutto nei grandi paesi. Dalla Germania alla Spagna, passando per Italia e Francia».
Alcuni settori, ad esempio la cantieristica, lamentano una concorrenza sostenuta da aiuti di stato e ne chiedono loro stessi. E’ un buon argomento?
«E’ vero che in certi casi l’aiuto è determinante. Però non dobbiamo ignorare che il sostegno pubblico ammissibile da noi è abbastanza alto. Non è però l’unica insidia. Ci sono i costi del lavoro più bassi, terreno su cui non saremo mai competitivi con gli emergenti. Non è possibile, né auspicabile. Dobbiamo cercare di essere avanti con la tecnologia e il valore aggiunto, l’efficienza e l’innovazione».
Linea rigida, dunque?
«Dobbiamo decidere dove l’aiuto pubblico è più necessario. Si richiedono priorità chiare. In alcune aree, come ricerca e istruzione, vorrei più intervento. In altri, purtroppo, il denaro pubblico è mal usato e i contribuenti pagano per nulla».
A proposito. Il caso Montepaschi le sembra più finanziario o politico?
«Quando una banca ha problemi come questi, e ha bisogno di sostegno pubblico, non è per caso. Ci sono certamente delle ragioni. Ma non spetta a me dirle. La mia responsabilità finisce del momento in cui dico che, in cambio degli aiuti di stato, occorre cambiare il modello. Serve a evitare che ci sia ancora bisogno di aiuti in futuro».
Le pare giusto creare le condizioni per tagli occupazionali in nome della concorrenza?
«La ristrutturazione di una banca mira a creare un entità solvibile che sia in grado di stare da sola sul mercato. La strategia dipende dalle scelte del management. Non la scriviamo noi. Dobbiamo valutarne la credibilità».
Per il Mps ci siamo?
«Stiamo esaminando il piano. Deve essere attuato. So che non sarà facile, per Montepaschi. Ma ho ricevuto assicurazioni piene sul fatto che lo eseguiranno come previsto».
Cosa sarà di Ast? Si sentire dire che torna Thyssen?
«Quando abbiamo approvato la fusione fra Outokumpu e Inoxum abbiamo posto una condizione importante: la cessione di Acciai Speciali Terni (Ast). Abbiamo ricevuta una proposta che, per certi versi, comporta la modifica del merger. La stiamo analizzando. Se si rivelerà buona e credibile, garantendo gli obiettivi e il futuro di Terni, potremo dire sì».
Quando?
«Dico che faremo in fretta. Ma non fisso mai date precise».