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 2013  dicembre 22 Domenica calendario

IL DESTINO DELLA BAIA EDIFICATO SULLE DEMOLIZIONI


Ristoranti di grido, boutique di abbigliamento e calzature grandi firme, esposizioni di arredamento di lusso e gallerie d’arte esclusive affollano oggi i quartieri di San Francisco un tempo conosciuti per impianti manifatturieri, lavanderie industriali, birrifici e depositi ferroviari. Centinaia di fabbriche e magazzini sono stati trasformati in loft oppure demoliti e sostituiti da palazzine, alcune battezzate ironicamente «Loft della Fonderia» oppure «Loft del Mercato dei fiori», mentre altre ancora si fregiano di vaghe denominazioni come Nema, Venn, Argenta e Linea. I prezzi superano di molto le possibilità della maggior parte di coloro che vivono a San Francisco da più di cinque anni, che si tratti degli affitti, che sfiorano i 2 mila dollari al mese per i monolocali, o delle vendite, che toccano il milione di dollari ad abitazione.
San Francisco è come Manhattan, ed entrambi rappresentano gli esempi estremi della speculazione immobiliare e dell’inflazione dei prezzi scaturite dalle politiche sociali e fiscali introdotte dal governo. Deciso a scongiurare una recessione globale catastrofica sulla scia della crisi finanziaria del 2008, il governo americano ha travasato liquidità nelle istituzioni finanziarie, e questa liquidità deve necessariamente trovare la strada per rientrare nell’economia. Anziché investire nella produzione industriale, gran parte di quel fiume di denaro si è riversato nei beni già esistenti, primo tra tutti il settore immobiliare. Di conseguenza abbiamo assistito a una rapida accelerazione nel divario sociale, non solo negli Stati Uniti, ma nelle metropoli globali dal Brasile alla Cina, dall’Italia all’India; e le città riflettono sempre di più questo nuovo assetto, dando origine a nuclei residenziali esclusivi e sfarzosi circondati da vasti agglomerati fatiscenti, in preda alla povertà e alla paura.
La maggior parte degli abitanti di lunga data di San Francisco sono rimasti storditi dall’afflusso costante di nuove ricchezze, ma per alcuni di noi, residenti in città da decenni, si tratta dell’ennesimo episodio — per certi versi il peggiore — del processo di «gentrificazione», che ha avuto inizio negli anni Settanta del secolo scorso. Per tutto il Ventesimo Secolo, San Francisco ha attirato successive ondate di nuovi arrivati, desiderosi di sottrarsi ai vincoli della classe media americana, vuoi per usufruire della maggior disinvoltura nei comportamenti sessuali che caratterizzavano la città del ponte, vuoi per apportare il proprio contributo creativo all’ambiente musicale e letterario, oppure ancora per trovare un rifugio politico dall’isteria anticomunista predominante negli anni Quaranta e Cinquanta.
Entro la metà degli anni Settanta San Francisco aveva demolito due interi quartieri, il distretto Fillmore, abitato da neri e giapponesi, e la parte sud del Mercato, la zona malfamata dove si erano ritirati a vivere i lavoratori portuali, ormai pensionati, che avevano visto i grandi scioperi degli anni Trenta. Da tempo immemorabile il distretto Mission era il quartiere delle tute blu, affollato da irlandesi, tedeschi e italiani, ma con un numero crescente di nuovi arrivati dal Centro America, che si insediavano in questi luoghi a mano a mano che la «fuga dei bianchi», tra gli anni Cinquanta e Sessanta, sospingeva parte della popolazione verso altri sobborghi e periferie della città. Nel 1970, il distretto Mission aveva già acquisito una forte identità messicana, pur restando ancora in larga misura multietnico, attorniato da palazzoni popolari, mentre le sue strade residenziali erano fiancheggiate da case ed edifici dell’Ottocento, trascurati e ormai cadenti, in vendita a prezzi stracciati.
Con l’arrivo di nuovi impiegati e artisti gli affitti ricominciarono a salire. La gentrificazione di Mission era appena cominciata, e si era ancora nel 1980. Il fenomeno si protrasse nei decenni successivi, Ottanta e Novanta. I bar e i caffè delle lesbiche poco a poco furono chiusi, e così pure le librerie, lasciando il posto ad attività commerciali più costose. Nella frenesia immobiliare che portò al collasso un’infinità di istituti di credito nel 1987, i prezzi schizzarono verso l’alto. Una breve tendenza al ribasso fu rimpiazzata da una nuova volata dei prezzi verso la metà degli anni Novanta, alimentata da due nuovi fattori, il «multimediale interattivo» (precursore della bolla informatica degli anni 1998-2000) e il progetto di un parco delle biotecnologie.
Nel frattempo, sempre più urbanisti, giovani famiglie e altri ancora stavano scoprendo Mission come il quartiere più pianeggiante, soleggiato e diversificato di San Francisco, per molti una combinazione vincente. Con l’inizio del nuovo millennio, e con l’esplosione dell’informatica, gli affitti e i prezzi degli immobili in questo quartiere erano già decollati. Una rivolta organizzata dagli attivisti del diritto alla casa, artisti, comitati degli inquilini e immigrati messicani è esplosa nelle piazze con manifestazioni e occupazioni ed è riuscita a galvanizzare l’attenzione dei politici cittadini in vista delle elezioni. I nuovi rappresentanti eletti hanno tirato il freno sulla speculazione immobiliare selvaggia e invitato un gran numero di attivisti a dare il loro contributo per ridisegnare l’assetto urbanistico dei quartieri est di San Francisco.
Quando il nuovo regolamento è entrato in funzione intorno al 2005, la bolla immobiliare e creditizia era al culmine e sui tavoli dell’amministrazione comunale piovevano domande per ottenere permessi di costruzione per decine di nuovi immobili. Al crollo del 2008 è seguita una pausa di un paio di anni, ma dal 2010 il forte impulso del settore tecnologico ha nuovamente sospinto San Francisco sull’orlo della crisi sociale. Certo, i cosiddetti «bus di Google» (che trasportano i dipendenti dalle zone residenziali agli uffici) sono semplicemente la punta dell’iceberg che comprende una dozzina di aziende tecnologiche, da Apple e Yahoo, da Genentech a eBay. A San Francisco, nell’area dei vecchi depositi ferroviari abbandonati nel 2000 sta sorgendo a tutta velocità Mission Bay, una «nuova città dentro la città», che aspira a diventare il principale polo di attrazione delle imprese mediche e di biotecnologie, raccolte attorno al campus biomedico dell’Università della California. Le aziende high-tech tutt’attorno alla zona della Baia hanno disperatamente bisogno di alloggi per la loro crescente forza lavoro e San Francisco, una città dai confini ben definiti ma popolata da un’infinità di nuovi imprenditori e speculatori — nel 2014 proprio come nel 1849, e in ogni anno successivo da allora —, si ritrova al centro dell’attuale corsa all’acquisto. A tutti noi, che ricordiamo così chiaramente le trasformazioni sociali e culturali di questa città, non sfugge certo l’ironia che i primi residenti costretti a sloggiare da questa nuova valanga di soldi che si sta abbattendo su San Francisco saremo proprio noi.
(Traduzione di Rita Baldassarre )