Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 22 Domenica calendario

FARINETTI VUOLE L’AIUTO STATALE E TRATTA I SUOI COME CINESI


Oscar Farinetti è proprio un «compagno», come rivela in un’intervista al Fatto: paga poco i dipendenti, come i cinesi, li perquisisce all’uscita, ma poi vuole far pagare alla collettività i suoi investimenti. Una volta questo modello era quello della Fiat, ora sembra quello di Eataly. La cosa divertente, per non usare altri aggettivi, è che l’amico bio di Matteo Renzi non smentisce nulla. Anzi, contrattacca, dando la colpa alle tasse. Eppure dovrebbe sapere che alcuni suoi grandi soci, ovvero le coop rosse, possono contare su un fisco più amico, rispetto a qualsiasi altra impresa italiana... Ciò nonostante paga i propri lavoratori 8 euro lordi all’ora, per arrivare ad almeno «mille netti al mese», conferma il patron di Eataly in una chiaccherata con Carlo Tecce del Fatto.
Oscar risponde a un’inchiesta di due giorni fa il quotidiano di Padellaro e Travaglio sul trattamento «Amazon» di chi lavora dietro ai banconi negli Eataly di Roma e Bari: sono pure perquisiti, alla fine del turno della sera, «perché gli spogliatoi sono vicini ai magazzini... Il problema è il senso civico: manca. E pure l’esempio, la politica che esempio mostra? Controllare le borsette è da barbari, ma rubare non è più barbaro?». Il clou è la spiegazione sul perché alcuni dipendenti rubano. Pare di capire, dalle parole di Farinetti, che sia una questione genetica: «Succede perché hanno un reddito basso. E chi ha un reddito basso e non ha coscienza civica è spinto a rubare. I giapponesi e gli americani non rubano». Solo che a Tokyo o New York puoi mandare a casa la gente dalla sera alla mattina, da noi invece no. C’è l’articolo 18. «Un impedimento», sottolinea mister Eataly: il problema che «il lavoro garantito per chi non ha voglia di lavorare è un delitto perché i ragazzi che vogliono, e non possono, restano a casa ».
Certo, se i lavoratori italiani prendessero più soldi in busta paga non ruberebbero più. Purtroppo fare business nella Penisola costa caro: «Io non voglio creare un’azienda, fallire e mettere la gente in cassa integrazione. Non ci prendiamo dividendi, investiamo i nostri soldi e lo Stato non ci dà nulla... ». Verrebbe quasi da piangere se la notizia fosse vera. Peccato che lo sia a metà. Perché proprio il braccio finanziario dello Stato sta trattando per rilevare una quota di Eataly. Ci sono infatti dei contatti tra Farinetti e Fsi, il Fondo strategico italiano, controllato dalla Cassa Depositi e Prestiti, a sua volta posseduta al 70% dal ministro dell’Economia. Sono dunque in arrivo soldi pubblici per supportare l’espansione nel mondo di Eataly, in modo da definire un percorso in vista del 24 settembre 2014, cioè quando Oscar compierà 60 anni e lascerà il gruppo, per dedicarsi probabilmente alla campagna elettorale a fianco del suo amico Matteo Renzi.
L’obiettivo è un posto al governo, magari proprio all’agricoltura, in modo che - nel nome della competenza - si formerà un bel conflitto d’interessi...
Buon appetito: tanto paghiamo tutto noi.