Fabio Poletti, La Stampa 22/12/2013, 22 dicembre 2013
I FAMILIARI MORIRONO A LINATE LA FIGLIA SUICIDA DOPO IL FRATELLO
C’è chi dice che adesso si troveranno tutti insieme. Sarebbe consolatorio crederci. Ma di sicuro c’è solo che la strage di Linate dell’8 ottobre 2001 sembra non finire mai. Paola Rota, 32 anni della provincia di Bergamo è l’ultima vittima. Si è uccisa venerdì mattina impiccandosi ad una trave di casa senza lasciare un biglietto. Perchè non c’è uno che creda ci sia altro dietro questa tragedia che si somma ad altre tragedie. «Paola era morta un po’ anche quel giorno...», dicono quelli che vengono fino a qui a Ubiale Clanezzo a sfidare la pioggia e il fato davanti alla camera ardente, vicino al castello di famiglia dove si fanno banchetti ma chi lo sa se a qualcuno verrà in mente di festeggiare adesso. Paola Rota aveva vent’anni allora. Studiava a Copenaghen grazie a una borsa di studio. Suo padre Giovanni che aveva 49 anni, sua madre Clara di 44 e Michele il fratellino di sei anni volevano farle una sorpresa. Con il biglietto sul volo Sas SK686 delle otto del mattino sognavano di trascorrere qualche giorno tranquillo con lei.
Ma quell’aereo non sarebbe mai arrivato a Copenaghen. Non sarebbe nemmeno riuscito a decollare da Linate. In fondo alla pista un piccolo jet privato che rollava fuori rotta si era messo sulla strada dell’MD320 con i motori al massimo in fase di decollo. Centodiciotto morti. Centodiciotto morti ma non è mai finita. Ad accompagnare la famiglia di Paola Rota a Linate quel giorno c’era suo fratello Matteo che visse quasi in diretta lo schianto e poi la corsa degli inutili soccorsi. Anche Matteo Rota non è sopravvissuto a quel giorno. Si è ammazzato un anno fa, giusto un anno fa a novembre. Un anno prima di sua sorella che per mezza vita ha cercato di combattere contro il fato e il destino e quella storia assurda che ha segnato la sua famiglia.
Otto anni fa Paola Rota si era laureata in Relazioni pubbliche allo Iulm di Milano con una tesi sulla tragedia di Linate. Ma poi il suo orizzonte si era fermato nel castello di famiglia a organizzare banchetti e meeting. Sul muro di sassi attorno al castello aveva fatto mettere una targa di ottone lucido con su scritto: «Aeroporto di Linate. 8 ottobre 2001. Per non dimenticare». Ma come poteva lei dimenticare tutto quel dolore attorno alla sua famiglia. Dietro l’apparenza di una vita normale Paola Rota non ha mai smesso di morire giorno per giorno. Suo fratello Clemens che adesso ha 22 anni ed è l’unico sopravvissuto, agli amici più stretti mormora poche parole davanti alla bara di legno chiaro: «La mia famiglia è stata distrutta quel giorno e non si è mai più ripresa...».
Ma gli ottimisti che ancora credono che si possa convivere con tanto dolore, si erano aggrappati all’immagine pubblica di Paola. Indaffarata a seguire gli affari del castello di famiglia. Mamma felice di Filippo di 5 anni e mezzo che ha voluto accompagnare anche l’altra mattina allo scuolabus per l’asilo. Di nuovo mamma tre mesi fa della piccola Olivia e chissà se anche questo non ha influito. Don Gianni che domani pomeriggio celebrerà i funerali nella chiesa di Almenno San Salvatore fa fatica a crederci: «Siamo tutti sconvolti. Era sempre sorridente, sembrava una donna coraggiosa». Ma solo chi ha passato quello che ha passato lei può capire davvero cosa voglia dire morire dentro, giorno dopo giorno. Paolo Pettinaroli, il presidente dell’Associazione dei famigliari delle vittime della strage che dodici anni fa perse suo figlio Lorenzo, vedeva solo in occasione dell’anniversario Paola Rota: «Era una persona molto riservata. Siamo tutti in lutto per quello che è successo. È l’ennesima tragedia nella tragedia. È lei la centoventesima vittima della strage».