Luciano Mondellini, MilanoFinanza 21/12/2013, 21 dicembre 2013
IL MITO BERTONE VA ANCORA IN TRIBUNALE
I lavoratori, i sindacalisti e anche le associazioni dei manager hanno ancora qualche speranza. Ma il destino di Bertone, uno dei marchi italiani più celebri nel mondo dell’automobile, è appeso a un filo ancora una volta. Dopo la morte, nel 1997, di Nuccio Bertone, storico designer di vetture che hanno fatto la storia dell’automobile quali la Lamborghini Miura o la Lancia Stratos, l’azienda è andata incontro a un periodo travagliatissimo, culminato con lo stato di insolvenza dichiarato nel 2008. Una situazione che ha portato, tra le altre cose, alla cessione alla Fiat dello stabilimento di Grugliasco, fuori Torino. Il marchio Bertone è invece rimasto di proprietà della famiglia torinese, che quasi immediatamente ha rilanciato l’attività abbandonando la produzione di serie di automobili e concentrandosi essenzialmente sull’engineering e sulla realizzazione di esemplari unici fuoriserie. La vedova di Nuccio, Ermelinda Cortese detta Lilli, si è affidata a un amministratore delegato di sua fiducia, Marco Filippa, e ha riavviato l’attività sui nuovi binari con la costituzione di varie controllate (Tedi, Bertone Stile, Bertone R&D) e che hanno nella Bertone Cento, con sede a Milano, una sorta di holding. I soci di queste società, che in tutto danno lavoro a oltre 160 persone, sono sempre la vedova Bertone e Filippa, che di fatto hanno sempre controllato l’intera struttura. In questa fase la nuova Bertone ha potuto contare su commesse importanti come ad esempio quelle per Bmw per la realizzazione della Mini Clubvan e Gp2, tuttavia alla lunga l’attività non è decollata. Le spalle finanziarie della società non erano enormi, hanno spiegato a MF-Milano Finanza fonti bancarie, e molte delle commesse arrivavano dalla Cina, nazione in cui si pagano i fornitori (soprattutto quelli stranieri) con dilazioni molto lunghe. Il risultato è stato che a neanche tre anni dalla rinascita la Bertone si è ritrovata ancora una volta in grave dissesto finanziario. Negli ultimi mesi la vedova Bertone e Filippa hanno più volte rassicurato i lavoratori (che in alcuni casi non ricevevano lo stipendio da mesi) e sindacalisti sulla continuità aziendale della società. Non solo; sotto le pressioni politiche, istituzionali e sindacali cui è stato sottoposto il management, Filippa, nelle ultime settimane, si è anche reso irreperibile per qualche tempo, rendendo quindi maggiormente opaca una situazione che qualche sospetto lo aveva destato da tempo, soprattutto dopo che era emerso che la Bertone avrebbe dato vita nell’ultimo periodo a due aziende oltre confine: la Bertone International con sede a Lugano e la Holding Bertone con sede in Lussemburgo. «La sensazione», ha spiegato una fonte che ha seguito l’intera vicenda da vicino, «è che, sebbene non ne abbiamo certezza, in qualche modo l’azienda sarebbe stata spolpata». Il bubbone, che si era andato ingrossando, è scoppiato con tutta la sua virulenza all’inizio di dicembre, tanto che il 13 dicembre la Bertone Stile ha presentato la domanda di concordato preventivo. Secondo Lilli Bertone e Filippa ci sarebbero sette manifestazioni d’interesse per rilevare la società, consentendo quindi la continuazione dell’attività della società, Intanto, però, l’azienda ha impegnato il marchio della Bertone Stile (celebre in tutto il mondo) per 2 milioni di euro con una società turca come garanzia per ottenere un finanziamento. In questi giorni, intanto, la stessa richiesta dovrebbe essere depositata per Tedi, i cui lavoratori non ricevono lo stipendio da due mesi. Invece Bertone R&D ha tempo, secondo fonti sindacali, sino al 31 dicembre per reperire sul mercato finanziario quelle risorse che le consentirebbero di continuare l’attività.