Marco Politi, Il Fatto Quotidiano 21/12/2013, 21 dicembre 2013
PAPA FRANCESCO DÀ FASTIDIO AL MALAFFARE
[cardinale Angelo Bagnasco]
L’uragano Francesco ha investito anche la Conferenza episcopale italiana. A maggio ha sancito la distanza della Santa Sede dalle vicende politiche italiane: “Il dialogo con le istituzioni culturali e sociali e politiche è cosa vostra”, ha detto. A novembre ha dimissionato il segretario della Cei, mons. Mariano Crociata. Ora attende il nuovo statuto destinato a dare alla conferenza episcopale una fisionomia diversa, anche con l’elezione diretta del suo presidente. Benché il cardinale Bagnasco faccia parte di quel gruppo di porporati che il Papa ha sostituito recentemente nella Congregazione dei Vescovi, tuttavia – confermandolo alla guida della Cei nell’aprile scorso – Francesco ha voluto affidare a lui il traghettamento della Conferenza episcopale verso un nuovo tipo di presenza. Proprio l’altroieri il cardinale esortava i politici a lasciarsi alle spalle “l’attaccamento disordinato al potere, ai piaceri, agli onori, tutte cose che... distraggono dai veri problemi della gente.
Questa intervista è la foto di un momento di transizione.
Cardinale Bagnasco, cosa sta imparando la Cei dal nuovo Papa?
Il suo esempio ci conferma a continuare il cammino storico della Chiesa italiana: l’accompagnamento della nostra gente, la prossimità dei pastori al gregge, l’attenzione verso i poveri e i disabili, l’attenzione alle fragilità dell’esistenza. Il Papa vi spinge a superare nostri limiti e a migliorare la condivisione della loro vita, annunciando il Signore.
È vero che al nuovo pontificato corrisponde un aumento di pratica religiosa?
Io e i miei sacerdoti abbiamo registrato già a Pasqua e nelle principali festività un aumento di partecipazione a messe e confessioni. Si avverte una sintonia e un coinvolgimento maggiori.
È un ritorno?
Crisi, ristrettezze economiche e difficoltà con il lavoro spingono a riscoprire ciò che conta. Non è la fede come rifugio e consolazione. È il bisogno di ricercare un senso della vita profondo.
Il Papa vi costringe anche a cambiare linguaggio?
Papa Francesco dà l’esempio di un linguaggio semplice e non banale, ricco di contenuti. Evocativo, ma non emotivo. Importante per il mondo moderno, che invece di lunghi ragionamenti ama frasi brevi e incisive. Il suo messaggio sta arrivando ai nostri preti per farsi capire meglio.
Il suo programma è una Chiesa povera.
Ognuno può fare meglio per una conversione personale. Però io vedo intorno a me sacerdoti che fanno vita modesta con uno stipendio tra gli 850 e i 1.200 euro al mese. E un vescovo ne prende 1.300.
La conferenza episcopale si sente interpellata in proposito?
In Cei siamo pronti a ridimensionare le strutture e a non crearne di nuove, evitando organismi elefantiaci. È già in agenda. Bisogna semplificare ancora di più nelle diocesi e a livello centrale. Le risorse non devono andare alle strutture, devono servire per aiutare.
C’è la questione dell’8 per mille.
Amministriamo bene e con trasparenza i soldi dell’8 per mille, che servono per mantenere il clero, conservare il patrimonio artistico della Chiesa a favore di tutti, portare avanti le opere di carità in Italia e all’estero.
L’8 per mille, quintuplicato rispetto alla vecchia congrua, è viziato dal fatto che si conteggiano anche le volontà non espresse. Siete disposti a cambiare meccanismo per aiutare il bilancio statale in difficoltà?
Sono stati fatti studi, illustrati in un volume che abbiamo distribuito (G. Rusconi, L’Impegno, ed. Rubbettino, ndr), in cui si spiega che lo Stato dà un miliardo e la Chiesa con le sue iniziative ne dà undici alla società. Se arrivasse un gettito minore alla Chiesa, vi sarebbero meno operedicarità.Ripeto,ilrapportoèdi 11 a 1.
Esplodono ripetutamente gravi scandali di mala amministrazione in imprese ecclesiastiche. Non è l’ora di intervenire?
Ne parlavo recentemente in una riunione con giovani vescovi. C’è da stare molto più attenti sia in casa nostra che nelle relazioni con gli altri. Per non cadere in operazioni sbagliate per ingenuità, incompetenza o per altri motivi...
Il Papa è molto duro contro tangenti e corruzione.
Fa bene a dirlo, vale per tutti, vale anche per noi.
Crede che sia minacciato?
Al malaffare danno certamente fastidio le sue parole. Le tenebre non vogliono la luce, lo dice il Vangelo. Immagino che ci siano resistenze. Da parte dei pastori (i vescovi, ndr) assolutamente no. Ricordo l’invettiva di Giovanni Paolo II ad Agrigento contro la mafia. Non piacque ai mafiosi. In ogni caso i richiami del Papa sono opportuni, fanno bene a tutti.
Proprio in ambienti cattolici si ammette, però, che c’è un problema di “santa avidità”. Operazioni immobiliari speculative, evasione fiscale.
Vorrei chiarire che la Chiesa paga l’Ici e ha dato la sua disponibilità alla riforma Monti per intervenire sulla “zona grigia” degli immobili destinati ad attività no profit e contemporaneamente commerciali. La legge c’è, tocca al governo varare il regolamento. Ho sempre detto che è giusta l’esenzione per chi svolge attività sociale, mentre è giusta la tassazione per attività a finalità lucrativa.
Non c’è da fare di più?
Gli immobili di cui si parla ricadono sotto la competenza degli ordini religiosi. La Cei non c’entra. Siamo pronti parlarne in Vaticano con la Congregazione dei Religiosi per arrivare a fare chiarezza. Quando ci sono delle vendite immobiliari potrebbe essere utile un parere preventivo del vescovi diocesano.
Come si colloca la Cei in questa crisi italiana senza fine?
La crisi economica nasce dalla crisi politica , e la crisi politica deriva da una crisi etica e morale. Per ripartire è necessaria una riscoperta dell’importanza dei valori e della morale, il che non significa moralismo, ma è un’esigenza umanistica che va oltre le confessioni. Sappiamo che anche le buone leggi possono essere aggirate.
Quali aspetti sono più allarmanti per i vescovi?
Io vengo da una famiglia semplice, mio padre lavorava in fabbrica, mia madre era casalinga e badava a me e mia sorella. Nel dopoguerra si giocava tra le baracche e molti compagni di scuola vi abitavano. L’attenzione alla povertà, alla sobrietà nasce dalla mia storia. Non è indotta. A Genova, poi, c’è una grande tradizione dei cappellani di fabbrica. Per la Cei, i temi principali sono famiglia, lavoro, casa. La famiglia è l’impresa più grande,un capitale umano impagabile per la società e l’economia. Il lavoro è fondamentale. Come ha detto il Papa, senza lavoro non c’è dignità né del singolo né della famiglia.
E poi?
Il grave problema della casa. A Genova giro spesso per i vicoli e vedo tanti senza dimora, che cercano un tetto per la notte. Come fa chi non ha casa a trovare lavoro? La Caritas è molto impegnata, in città arriverà presto a offrire cento posti letto. Ma rimane una goccia nel mare.
Torniamo alla Chiesa nel nuovo pontificato. Il prossimo Sinodo dei vescovi nel 2014 è chiamato a ripensare tutta la questione sessuale.
Il Sinodo è dedicato alla famiglia e in questo ambito si affronteranno i problemi sotto ogni aspetto. Ma ripensare non significa cambiare, piuttosto pensare alla luce della situazione storica che viviamo. Il risultato verrà dai lavori del Sinodo e dal magistero del Papa.
La novità è un questionario rivolto a capire cosa pensano i fedeli stessi. In Inghilterra i vescovi lo hanno messo in rete, sollecitando le risposte dei cattolici.
Cercheremo di fare una diffusione il più possibile capillare, mandandolo ai consigli pastorali e presbiterali, ai vicariati, alla Consulta delle aggregazioni laicali, al Forum delle famiglie, ai medici e giuristi cattolici. Se possibile, i sacerdoti organizzeranno momenti di riflessione comunitaria. Tenendo conto che entro il 7 gennaio bisogna mandare le risposte alla Santa Sede.
Papa Francesco sostiene che le donne devono stare nei posti decisionali della Chiesa. La Cei farà scelte di questo genere?
Faremo una riflessione sul tema e ascolteremo anche le indicazioni sul Santo Padre. Per ora siamo impegnati nel processo di revisione dello statuto della Cei. La bozza potrebbe essere pronta a maggio.
È favorevole all’elezione diretta del presidente della Cei?
Non posso parlare, sono il presidente. Di fatto, il presidente naturale è il Papa. Ci sono aspetti positivi in entrambe le soluzioni. Quella attuale (nomina papale, ndr) e l’altra forma, in cui i vescovi si mettano insieme per individuare la fisionomia del migliore presidente per una determinata fase storica.
Eminenza, perché la Cei non crea una rete di referenti diocesani per segnalare gli abusi sessuali?
La Cei non ha autorità per costituire nulla. Abbiamo le Linee-guida, esaminate e approvate dalla Santa Sede. Non tocca a noi creare strutture. Ogni singolo vescovo opererà in base alla sua valutazione.
Ma l’esperienza all’estero dimostra che servono strutture a cui la vittima possa fare riferimento.
La persona di riferimento è il vescovo. Altre strutture possono essere utili. Io non le ritengo necessarie. In ogni caso tocca ai singoli vescovi decidere.