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 2013  dicembre 21 Sabato calendario

FIAT, L’ECLISSI DI MARCHIONNE DA GIORNALI E TV


Marchionne si è diradato come la nebbia a mezzogiorno. Era l’uomo dell’anno, politica e giornali lo acclamavano come il messia che avrebbe riavviato la “macchina Italia”. E lui rispondeva contento, pronto a gestire l’azienda, le relazioni industriali e a dare una scossa alla politica. Poi si è eclissato. La sua foto è scomparsa dai giornali, nessuno, ormai, sa cosa stia facendo, se ha ancora la barba oppure no. Solo la lettera di fine anno ai dipendenti, inviata ieri insieme a John Elkann, ne ricorda la funzione. Letterina buonista che invita a non farsi prendere dallo sconforto anche quando “si lavora saltuariamente”. Per il resto, di lui non si hanno più notizie.

NON CHE SIA caduto in disgrazia, sia chiaro. Uno come lui in disgrazia non va mai, il paracadute è sufficientemente ampio a proteggerlo nei secoli. Lo stipendio supera i 4 milioni di euro e il pacchetto di “stock option ” in azioni può proiettarlo in qualunque futuro. Pagando le tasse in Svizzera, poi, con solo il 15% di imposizione fiscale, può permettersi di scialare.
Quel che è venuto meno, però, è il “verbo”. Il “modello Marchionne” sembrava la nuova profezia di predicatori improvvisati. Oggi è rimasto un aggettivo minaccioso scagliato come un insulto. Di lui si parla per ammiccamenti. Come faceva, qualche giorno fa, la “strana coppia” Landini e Renzi. Il primo litiga con Marchionne almeno da tre anni mentre Renzi si era detto “deluso” per come è andato a finire il piano “Fabbrica Italia”. “È il sindaco di una piccola povera città” lo rimproverò l’ad Fiat. Renzi, che sulla schiena della propria città doveva issarsi per scalare la politica nazionale, se l’è legata al dito. E così, quando si è incontrato con Landini nella biblioteca delle Oblate, i due hanno passato il tempo a darsi di gomito e a scambiarsi risatine complici ogni volta che Marchionne veniva nominato.

LA SCOMPARSA mediatica del capo Fiat è avvenuta per gradi. È cominciata quando John Elkann ha deciso di prendersi la scena aziendale, conquistando la Rcs, leggi il Corriere della Sera, per ristabilire la primazia familiare nelle relazioni arrugginite del capitalismo italiano. In quel momento, la ragnatela industriale e globale di Marchionne si è accartocciata sotto il peso degli antichi compromessi.
In estate, poi, la seconda eclissi. La Corte costituzionale dà ragione alla Fiom: il sindacato è stato discriminato nelle fabbriche della Fiat, il comportamento antisindacale deve essere rimosso. Gli uomini di Landini stappano bottiglie e brindano alla vittoria. Marchionne mastica amaro. Cerca di aggira l’ostacolo ma deve prendere atto che la strategia dell’annientamento non ha funzionato. Con Landini bisognerà trattare di nuovo, tanto che la Fiat, a novembre, lo convoca, dopo tre anni, al Lingotto.
Marchionne, allora, scarta di lato e si concentra sull’America. C’è da risolvere la grana del sindacato americano, lo Uaw di Bob King, che detiene il 41% della Chrysler e che vuole rientrare del proprio investimento. Quei soldi sono necessari a pagare le cure mediche dei pensionati. E il sindacato ha un solo vantaggio negoziale: senza il 100% della Chrysler, Marchionne non può utilizzare la florida cassa dell’azienda per le esigenze complessive del gruppo. Deve trattare e chiudere. Bob King, super-pragmatico tanto da essere preso a modello da Bonanni, si dimostra abile negoziatore e costringe Marchionne a un soggiorno prolungato a Detroit.

IN ITALIA , nel frattempo, le vendite precipitano, i nuovi modelli latitano, anche il Motor Show bolognese viene annullato. Per quanto riguarda il Belpaese, è difficile prevedere un’inversione di tendenza anche se gli stabilimenti vengono ristrutturati per far posto al polo del lusso in Piemonte e alla produzione di Suv in Basilicata. Ma gli operai restano, al 30%, in cassa integrazione, la vera strategia dell’azienda. Termini Ime-rese e Irisbus restano chiusi, all’Alfa di Arese vengono mandati via gli ultimi 79 operai. Per loro il modello Marchionne ha significato disoccupazione. In nome del mercato e della fabbrica globale. Che in Italia non ha visto nessuno. Così come non si vede più Marchionne.