Maurizio Stefanini, Libero 21/12/2013, 21 dicembre 2013
AUTO NUOVE E FONDI DAGLI USA A CUBA SPUNTA LA CLASSE MEDIA
Dopo cinquantaquattro anni, il governo di Raúl Castro ha concesso di nuovo ai cubani la possibilità di comprare auto nuove senza bisogno dello speciale permesso, la carta de autorización, che veniva concesso solo per meriti speciali. Cioè, in pratica, a membri della nomenklatura o medici e altri professionisti reduci dalle «missioni internazionaliste» all’estero. Gli altri cubani si dovevano accontentare di quelle auto usate che vanno in giro da oltre mezzo secolo, che sono diventate una delle più caratteristiche icone dell’isola, e di cui peraltro anche di esse la compravendita tra privati era stata autorizzata appena due anni fa. «La vendita ai privati col meccanismo delle cartas de autorización si è rivelata inadeguata e obsoleta», ha scritto il quotidiano ufficiale del Partito Comunista Granma. «Con queste norme giuridiche si fanno passi addizionali per eliminare restrizioni che con il tempo hanno perso la loro ragione di essere; con queste scompaiono pastoie amministrative che lasciavano spazio all’illegalità; e si incentiva una nuova fonte di entrate per lo sviluppo del trasporto pubblico, il che è una priorità dello stato cubano».
SPREMERE DENARO
I cubanologi fanno osservare che in effetti è questa la frase chiave da cui si capisce che il fine principale del governo non è dare più libertà, ma incamerare un po’ di soldi. Cuba infatti non ha un’industria automobilistica, e l’importazione di vetture resta monopolio di Stato. Permettendo ai privati di ordinarne qualcuna il governo può dunque rastrellare un po’ dei soldi che a Cuba hanno iniziato a circolare sia grazie alle rimesse degli espatriati soprattutto negli Stati Uniti, sia grazie a quel po’ di libera iniziativa iniziata grazie alle 313 riforme economiche del piano di Raúl. Inoltre si toglie spazio ai titolari di cartas che ne avevano fatto «occasione di speculazione e arricchimento», comprando auto dalla concessionarie di Stato per rivenderle a prezzi maggiorati.
Come che sia, questa è appunto una riforma in più. «La vendita libera si realizzerà in modo graduale e un poco per volta», ha pure spiegato Granma. «Graduale e un poco per volta» è un po’ la chiave di tutto questo nuovo processo di «socialismo al rum», come è stato definito. Tante riforme promesse, e attuate con tantissimo intervallo tra l’una e l’altra. Se dicembre è infatti il mese dell’acquisto libero delle auto «a chilometri zero», a ottobre era stata annunciata la progressiva eliminazione del sistema di doppia valuta che era stato imposto nel 1994 dopo il crollo dell’Unione Sovietica e la fine dei suoi sussidi, con il cosiddetto «peso convertibile» cambiato alla pari col dollaro, mentre salari e stipendi erano pagati in pesos normali. In un Paese dove il salario medio è attorno ai 20 dollari al mese il peso convertibile valeva 25 pesos normali, ed era l’unico accettato in quei negozi speciali per stranieri e nomenklatura dove si può trovare una più ampia varietà di prodotti. Mentre a settembre era stato revocato quel divieto che dal 1962 impediva agli atleti cubani di essere assunti da squadre straniere. Ma il 2013 era iniziato soprattutto con la riforma migratoria che ha liberalizzato l’uscita e ritorno nel Paese e con quella fiscale che ha reintrodotto le tasse per i nuovi lavoratori autonomi, mentre a luglio era stato annunciato il passaggio a una seconda fase di riforme per dare maggior autonomia alle imprese statali.
IL BRASILE
In prospettiva, però, lo sviluppo più importante potrebbe quella prima Zona Speciale di Sviluppo attorno al porto di Mariel, che sta venendo realizzata con consulenza e investimenti brasiliani, tant’è che a gennaio si aspetta Dilma Rousseff per l’inaugurazione. Ispirata al modello delle zone economiche speciali con cui la Cina ha sperimentato il capitalismo, la Zona di Mariel potrebbe soprattutto diventare un colossale hub di container in vista dell’ampliamento del Canale interoceanico di Panama e della realizzazione del secondo Canale del Nicaragua. È presumibile che proprio come favore al brasiliano direttore generale del Wto Roberto Azevêdo a Bali Cuba abbia alla fine abbandonato il suo ostruzionismo all’accordo sulla liberalizzazione del commercio, pur senza aver avuto ufficialmente ottenuto l’allentamento dell’embargo Usa che aveva richiesto. Ma qualcosa sotto banco potrebbe esserci stata, come farebbero pensare sia le dichiarazione di Kerry sull’esigenza di trovare un nuovo percorso su Cuba prima di Bali che la stretta di mano tra Obama e Raúl al funerale di Mandela dopo Bali.