Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 21/12/2013, 21 dicembre 2013
TELECOM, LA REVOCA DEL CDA NON PASSA
Una vittoria di Pirro: il consiglio Telecom resta in carica, ma mutilato e sfiduciato. L’assemblea chiamata dalla Findim di Marco Fossati a valutare la revoca degli amministratori Telco, perchè in potenziale conflitto d’interessi, non ha approvato la revoca che, senza il 22,4% di Telco, sarebbe passata col 23% del capitale a favore e meno del 5% contrario. Ma la holding partecipata da Telefonica, Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo non è riuscita a far passare in assemblea i suoi candidati per la sostituzione di Franco Bernabè ed Elio Catania e cooptarli in cda: nè l’ex presidente di Borsa italiana Angelo Tantazzi, nè la "quota rosa" indipendente, l’avvocato Stefania Bariatti, hanno ottenuto il consenso della maggioranza del capitale presente e non sono stati quindi nominati. Una situazione della quale il consiglio dovrà prendere atto, sotto il fuoco incrociato di azionisti di minoranza, Consob (presente in assemblea con il capo della divisione corporate governance, Marcello Bianchi) e Procura (quella di Roma, che in settimana ha ascoltato l’ex presidente Bernabè, dimessosi in polemica con l’evoluzione dell’azionariato). La scadenza naturale del board sarebbe in coincidenza con l’assemblea di bilancio del 16 aprile, un periodo forse troppo lungo in queste condizioni.
Ci sono volute più di otto ore solo per arrivare al primo punto all’ordine del giorno. Presente il 54,26% del capitale, la mozione di revoca ha ottenuto il consenso del 23% del capitale, dunque del 16% in mano ai fondi escludendo le quote di Findim (5%) e Asati (1%), ma un 16% fatto prevalentemente di fondi esteri perchè i fondi italiani hanno partecipato con poco più dell’1%. Dall’altra parte, il no alla revoca è passato per un soffio, con il 50,3% dei presenti, ma si tratta di poco più del 27% del capitale che identifica nel 4% il capitale istituzionale in appoggio al cda, mentre il 7,4% dei partecipanti – circa il 4% del capitale – si è astenuto. Circostanza, quest’ultima, che esclude che BlackRock si sia astenuta, come si supponeva, perlomeno che si sia astenuta con tutto il pacchetto del 5,9% col quale aveva dichiarato alla Consob che avrebbe partecipato.
Ma lo smacco più grave è la bocciatura di Angelo Tantazzi che presumibilmente era candidato a subentrare a Bernabè alla presidenza di Telecom. Tantazzi ha ricevuto un gradimento addirittura inferiore a quello dell’avvocato Bariatti (44,79% dei presenti contro il 47,6%) e ciò significa che appena il 2% del capitale ha affiancato Telco nel sostenerne la candidatura. Nessun nome fatto in assemblea ha ottenuto poi la maggioranza necessaria per entrare nel board: il presidente Asati, Franco Lombardi, ha ricevuto inaspettatamente il gradimento di circa l’8% del capitale.
A questo punto, il consiglio è probabilmente destinato a restare a 11 membri, perchè difficilmente qualcuno accetterà in queste condizioni di entrare in un board in scadenza tra pochi mesi. La rinuncia del presidente Rcs Angelo Provasoli è significativa: troppa pressione sugli amministratori indipendenti per trattare tutte le materie con parti correlate. La Consob tra l’altro è pronta ad avviare la procedura sanzionatoria per il convertendo che, a giudizio dell’Authority, avrebbe dovuto essere sottoposto da subito alla procedura con parti correlate, procedura che è stata applicata ex-post dalla società.
L’unica consolazione è che è passata a stragrande maggioranza (più dell’80% dei presenti) la rinuncia al diritto d’opzione che ratifica la validità del convertendo emesso a novembre. Contrario Fossati, che ha contestato la legittimità della votazione, alla luce delle osservazioni avanzate dal consigliere indipendente Luigi Zingales e delle indagini Consob in corso. «Siamo andati vicini al risultato – ha commentato al termine – Del resto 40 giorni erano pochi per preparare l’assemblea». Ora, ha anticipato il patron della Findim, si punterà a cambiare lo statuto in modo da rappresentare in modo «corretto e proporzionale» la composizione dell’azionariato e arrivare ad aprile ad avere una «vera public company».
Palla raccolta al balzo dall’ad Marco Patuano che ha promesso l’impegno dell’azienda, col supporto di tutto l’azionariato, a cambiare la governance per l’assemblea di aprile. «È stata una giornata importante – ha sottolineato Patuano – che ha registrato un record di affluenza di azionisti. Evitiamo le spettacolarizzazioni, ma il dibattito è sempre sano». Patuano ha infine escluso una vendita di Tim Brasil prima di aprile, vendita che peraltro non è nei programmi del gruppo.