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 2013  dicembre 21 Sabato calendario

MENO MITRIE, PIÙ CROCI DI LEGNO IL PAPA CAMBIA IL LOOK DEI CARDINALI


«La barba non fa il filosofo», disse Plutarco. Come, del resto, l’abito non fa il monaco. Sembra saperlo bene Jorge Mario Bergoglio, affacciatosi il 13 marzo scorso alla loggia centrale della basilica vaticana con la croce pettorale color acciaio — sul materiale c’è dibattito, c’è che sostiene sia ferro chi argento — e le vecchie scarpe nere logorate dalle lunghe uscite nelle periferie di Buenos Aires. Non sono pizzi e merletti, insomma, a rendere sacerdote un prete. Ci vuole altro. E, in scia a Francesco, se ne sono resi ben conto anche diversi ecclesiastici, tanto che i negozi specializzati in abiti e paramenti liturgici nella storica via dei Cestari in centro a Roma hanno modificato vetrine e cataloghi. Sobrietà, è la nuova parola d’ordine, anche per quel clero ringalluzzitosi dopo che Benedetto XVI il 7 luglio 2007 pubblicò il Motu proprio Summorum Pontificum sulla liturgia romana anteriore alla riforma del 1970.
«Fino a pochi mesi fa vescovi e cardinali imitavano Benedetto XVI che usava indossare mitrie diverse — copricapi di forma allungata e bicuspidata — durante le varie celebrazioni liturgiche », spiegano da Ghezzi, storico negozio in centro a Roma specializzato in arredi sacri. «Ai tempi di Joseph Ratzinger ne confezionavamo almeno dieci al mese. C’erano cardinali e vescovi che volevano avere più modelli. Oggi, invece, se riusciamo a venderne una al mese è già tanto. In compenso c’è un boom di papaline». In che senso? «Le papaline! Gli zucchetti bianchi che indossa il Papa. I genitori le comprano per i propri figli. Le portano in San Pietro durante l’udienza del generale del mercoledì e le scambiano con quella del Papa. Ne vendiamo a decine».
Dal «curato d’Ars» al prete che ha «l’odore del gregge». Dal sacerdote francese di metà Ottocento che il Vaticano scelse nel 2009 quale modello per la Chiesa contemporanea suscitando le polemiche di coloro — fra questi la rivista cattolica «La Croix» — che vedevano nel suo essere «tipicamente tridentino » un arroccamento su un’idea di Chiesa vetusta, per non dire «medievale», al modello proposto da Bergoglio, il pastore che scende in mezzo al gregge e con esso si mischia fino ad assumerne lo stesso odore e che si lascia guidare oltre che essere guida. Basterebbe questa immagine per spiegare i motivi che stanno dietro la nuova domanda d’abiti liturgici nata negli ultimi mesi.
Un capitolo a sé merita l’abito talare. Una talare di buon pregio può arrivare a costare anche sei-settecento euro. Ma non sembra essere il prezzo il motivo di un importante ridimensionamento degli ordini. Bergoglio, da cardinale, girava in clergyman. Da Papa gira ancora con i calzoni neri sotto la talare bianca. Due segnali inequivocabili, che spingono i sacerdoti a indossare l’abito un tempo utilizzato soltanto dai pastori protestanti.
Il cambio più significativo riguarda la croce pettorale. In molti, mesi fa, la volevano soltanto in oro. Per alcuni, soprattutto i vescovi africani o dei paesi del globo più caldi, era una necessità. Le laccature d’oro scolorivano, non così l’oro massiccio. Per altri era una questione di stile. L’immagina del Papa che la sera dell’elezione si presenta al mondo con una croce che molti media hanno detto essere «d’acciaio», ha fatto cambiare idea. Ora vescovi e cardinali indossano croci d’argento, alcuni davvero di ferro battuto. Mentre pochi osano, andando addirittura oltre con una sobria croce di legno. In proposito non ci sono regole. L’importante è che la croce sia decorosa. Soltanto nella regola francescana è prescritto che i vescovi dell’ordine debbano portare la croce pettorale semplice, senza decorazioni e non d’oro; infatti il cardinale Sean O’Malley la ha d’acciaio. Anche negli anelli Bergoglio fa scuola. Eletto al soglio di Pietro ne ha scelto uno d’argento dorato, e non d’oro, com’è invece tradizione.
Recentemente è stato «Avvenire » a rilanciare un volume di don Michele Garini, giovane prete della diocesi di Mantova, intitolato «Galateo per i preti e le loro comunità» (Edizioni Messaggero di Padova). Talare, clergyman o vestito borghese per i sacerdoti? “Il prete deve sapersi anche spogliare dal proprio abito ecclesiastico, per evitare che diventi una corazza e non farne l’unica garanzia sicura della propria identità...”. E ancora: “Servono gusto ma anche decoro”.