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 2013  dicembre 21 Sabato calendario

SE LA VOCE CHE IMITA PUÒ SPIEGARE I MISTERI ITALIANI


Imitare un imitatore, per rubargli l’anima e trovarci al suo posto un archivio di persone, fatti, coincidenze sinistre, paure, morte. Imitare Alighiero Noschese e costruire intorno a lui un mondo parallelo, talmente plausibile da sembrare vero. Così è nato un film, la storia di un imitatore (interpretato da Rocco Papaleo) che aveva come suo mito proprio Noschese. Fragile, affetto da un disturbo dell’immagine che lo portava a non riconoscersi come persona autentica ma solo come replicante. Anni Settanta, anni di piombo, Massoneria, depistaggi. L’imitatore è cresciuto, la sua capacità di replicare altre voci è inquietante tanto risulta perfetta. Fa provini, lo notano. Anche personaggi della P2, Licio Gelli, tanto per dire. Muore un ministro e muore nel modo e nel giorno sbagliato: tra le braccia di una prostituta e la sera prima di presentare una legge chiave. Viene in mente Gianni, l’imitatore. Ascolta la voce per un po’, la riproduce al registratore e quando è perfetta, chiama la moglie del ministro e chiama la sua corrente di partito. Morirà ufficialmente il giorno dopo nel suo letto, come si conviene alla decenza e alla politica.
È solo l’inizio. Il gioco funziona, la posta si alza. L’imitatore recita copioni interi, in compenso conquista le prime serate tv in un crescendo che porterà allo show down finale. Il film, La voce uscirà a febbraio in sala, forte dell’intervento ministeriale, poi in tv, acquistato dalla Rai. La regia è di Augusto Zucchi, che è partito da una ricerca d’archivio: «Anni fa dovevo interpretare Gelli a teatro e per documentarmi mi sono letto i lavori della commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2. Tra le altre informazioni, uscirono con una certa insistenza alcune notizie riguardanti telefonate fatte da un noto imitatore italiano con la voce di esponenti politici. Nei lavori della commissione, sul caso Sindona, furono contestate a Giulio Andreotti tre telefonate tra l’ottobre del 1978 e il marzo del 1979 indirizzate all’avvocato Rodolfo Guzzi, difensore di Sindona, che asseriva di aver ottenuto dall’allora Presidente del Consiglio assicurazioni d’intervento. Andreotti negò con decisione e quando l’avvocato confermò che le telefonate erano proprio partite da Andreotti, il politico rispose: “Forse era Noschese”». (La Stampa, 27 settembre 1984 a firma Ezio Mauro). Una frase sibillina che si presta a tante interpretazioni; una battuta di quelle che tanto piacevano al senatore a vita oppure un suggerimento di quello che avrebbe potuto essere e forse già era? A quel punto per il regista si trattava di incastrare i tasselli del puzzle per la sua ricostruzione di fantasia.
La scoperta postuma che Noschese apparteneva alla P2, (tessera 1777), il suicidio in clinica con una Smith & Wesson calibro 38 solitamente non in dotazione ai ricoverati, proprio nelle stesse ore in cui, a poche stanze di distanza veniva operato di cistifellea Andreotti, circostanza che aveva portato le forze dell’ordine a presidiare l’ospedale. L’articolo del 1981 dell’Espresso nel quale un generale coperto dall’anonimato rivelava che per depistare le indagini sulle stragi, si fece ricorso anche a telefonate affidate ad imitatori abili nel riprodurre dialetti e le voci di personaggi di spicco.
E ancora un interrogatorio nel quale il faccendiere Francesco Pazienza parlando di Gelli, diceva che per convincere personaggi importanti ad iscriversi alla P2, nella sua suite dell’Excelsior si faceva sentire parlare al telefono con persone chiamate affettuosamente Giulio o Amintore, per poi passare la cornetta affinché verificassero direttamente quale potenza la P2 rappresentasse. Per fare questo, utilizzava un notissimo imitatore sistemato in una stanza attigua che con copione in mano recitava il suo ruolo. La voce perfettamente imitata colpiva spesso nel segno.
Un’ipotesi affascinante per un film noir, infatti La Voce è stato presentato in anteprima al Courmayeur Noir in Festival. Un’ipotesi che potrebbe aprire le porte ad altre circa l’attendibilità delle intercettazioni telefoniche. Erano gli anni Settanta e la tecnologia telefonica era agli albori ma oggi è possibile, con strumenti molto sofisticati a disposizioni di strutture istituzionali, intercettare una telefonata in partenza da qualsiasi apparecchio, “agganciarla” e utilizzare quella linea senza essere scoperti. Ma questo forse è un altro film.