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 2013  dicembre 22 Domenica calendario

LA PRIMA SQUADRA DEI MORATTI

Quando la squadra di Angelo Moratti alla do­menica perdeva, nessuno dagli spalti pote­va inveire con il classico «andate a lavorare», perché quegli stessi calciatori, al lunedì scen­devano nelle viscere della terra, in miniera, al servi­zio della ditta del patron. Quella squadra non era naturalmente l’Inter, anche se la passione era già accesa nel cuore del Presidente che volle che gli undici della Somintra, così si chia­mava la società, indossassero le ma­glie nerazzurre. Il primo club gestito dalla famiglia Moratti fu infatti un capriccio e un dopolavoro a tutti gli effetti della So­cietà Mineraria del Trasimeno di Pie­trafitta (Perugia). L’impresa acquista­ta da Angelo Moratti nel 1942. Un pic­colo colosso dell’estrazione di ligni­te (250mila tonnellate l’anno la produzione del 1943) che dava lavoro a 1.800 operai.
U­na comunità quella dei minatori di Pietrafitta, più popolata del vicino paese di Tavernelle, la cui squa­dra di calcio cominciò ad attirare l’attenzione del 37enne Moratti senior. Dopo il pranzo domenicale, al tavolo fisso alla locanda della Pia, «Moratti non di­sdegnava una visita al campo sportivo», racconta Mi­chele Marzoli nel suo libro Leggenda gialloverde che narra la storia del Tavernelle, ma soprattutto la miti­ca stagione 1946-’47. L’unico campionato in cui la squadra locale in campo danzò in nerazzurro e sot­to l’egida morattiana della Somintra. Una storia bre­ve, umana e sportiva che avrebbe meritato le riprese cinematografiche dei maestri del Neorealismo, a co­minciare dalla scena del reclutamento delle forze in campo.
«Se te la cavi con il gioco del pallone, t’assu­mono in miniera», questa era la voce che dalle colli­ne del Trasimeno rimbalzava nelle piazze e sotto i campanili del perugino, in merito alla selezione dei 16 eroi della domenica che sarebbero entrati a far parte della compagine. L’occasione che offriva «il sor Angelo», era imperdibile, giocare a pallone alla do­menica e ricevere uno stipendio da minatore a fine mese. Il presidente garantiva ai tesserati 800 lire al mese, quando ai tempi un impiegato delle poste ar­rivava a 930 lire. In più c’era il premio finale: un teso­retto da 2.500 lire. Una fortuna da inseguire ad ogni costo in quel campionato di Prima divisione umbra in cui si iscrisse la Somintra che disputava le partite interne nel campo ad un passo dalla miniera, lo sta­dio di Gratiano Acquaiola.
Incitati dal coro dei tifosi­minatori: «Olio, petrolio, benzina mi­nerale, per batter la Somintra ci vuo­le la Nazionale», gli esordi furono trionfali. Patron Moratti si gasava per la cavalcata dei nerazzurri che non conoscevano il pareggio, 8 vittorie e 2 sconfitte. Difesa granitica con il por­tiere Tippolotti che risultò il meno battuto del torneo (8 gol subiti).
La promozione in C sembrava a por­tata di mano, ma alla fase finale si pre­sentò l’Orvietana dell’ex milanista Carlo Cevenini che infranse per sempre il sogno. Era il primo “5 maggio morattiano”, quello del 1947, e la sconfitta (3-2) chiu­se definitivamente la pagina avventurosa dei mina­tori umbri del pallone. Il sor Angelo pochi giorni do­po salutò: salì sull’auto di Giorgio Enrico Falk diretto verso la Sicilia: ad Augusta per aprire la raffineria Ra­siom. Al calcio Moratti senior sarebbe tornato nel 1955, diventando presidente di quell’Inter che il figlio Massimo dopo averla rilevata da Ernesto Pellegrini 18 anni fa, ha appena consegnato nelle mani di Erick Thohir.