Alessandro Perissinotto, La Stampa 21/12/2013, 21 dicembre 2013
IL NATALE FAKE DI SHANGAI
Il nostro mondo di oggetti, lo sappiamo, è un mondo cinese: scarpe, telefonini, medicinali, vestiti, computer, tutto è «made in China». Per non parlare degli addobbi natalizi: dalle lucine lampeggianti alle vetrofanie, dai pini di plastica alla stella luminosa, tutto viene da un Paese che, fino a un paio di decenni fa, le stelle decorative le metteva sulla bandiera rossa e sul berretto di Mao e non certo sugli alberi di Natale.
Eccolo il famoso export cinese; la novità degli ultimi due o tre anni risiede però nel fatto che l’Occidente è riuscito a invertire il flusso commerciale: è vero che noi importiamo dalla Cina migliaia di tonnellate di addobbi natalizi, ma è altrettanto vero che loro hanno cominciato a importare da noi il Natale stesso. Le strade di Shanghai, e non solo quelle tradizionalmente abitate dagli europei, sono tutto un fiorire di abeti (e il fatto che alcuni di essi siano viola o azzurri non deve preoccupare: è la moda, non l’inquinamento), un brulicare di renne di plastica, un arrampicarsi di Babbi Natale, il che, per un paese taoista, buddhista, confuciano, marxista-leninista guidato da un potente partito comunista è, bisogna ammetterlo, un po’ strano. D’altro canto, a Nanshi, nei bazar della Città Vecchia, vi vendono lanterne rosse e coroncine di vischio convinti che siano per la stessa festa: «Il Natale è come il capodanno cinese vero?». Difficile spiegare loro che le cose stanno in maniera un po’ diversa. Una delle attrattive turistiche di Shanghai sono i mercati del «fake», i magazzini dove si vendono falsi e copie di tutti i marchi e gli oggetti esistenti: false scarpe di Prada, falsi Jeans Armani, falsi i-Phone, falsi Rolex. I commercianti spostano una scansia del loro negozio e ti fanno accedere a un bugigattolo fintamente segreto dove custodiscono il loro universo in replica, il loro mondo «fake». Ecco, bisognerebbe spiegare che il Natale shanghaiese è un Natale «fake», all’apparenza uguale a quello, ma intimamente falso. Come le Lacoste «fake», è un Natale che sbiadisce al primo lavaggio. E’ Natale: per le strade, si continua a girare con le mascherine antismog, ma decorate con pupazzi di neve. E’ Natale: in Nanjing Lu si propongono ai turisti i soliti massaggi, ma con «Chirstmas Gift». E’ Natale: sui cornicioni più alti ci sono auguri giganteschi appesi da operai senza imbragatura, né protezioni. E’ il natale «fake». Ma saremmo ingiusti se non riconoscessimo agli orientali la capacità di partire dall’imitazione per andare oltre, di passare dalla copia alla variazione sul tema, di mescolare le tradizioni. E così, dopo un’inflazione di Merry Christmas pronunciati, come vuole il luogo comune, con la elle al posto della erre, ecco spuntare, nel quartiere chic di Xintiandi, il Merry Kissmas, un eccellente esempio di sincretismo, un miscuglio riuscito tra il Natale e San Valentino. Il gioco che propongono è semplice. Davanti a una lussuosa galleria commerciale, hanno innalzato un albero di Natale di una ventina di metri (nella città dei grattacieli è praticamente uno gnomo): le coppie, di fronte a un pubblico plaudente, si mettono sotto l’albero, stringono con le mani una corona di fiori di magnolia e si baciano per una trentina di secondi e «se l’energia elettrica prodotta dal bacio è sufficiente – cito testualmente le istruzioni – le lucine dell’abero si accendono». A quel punto, i due fortunati possono ritirare il «Love Certificate» nello Shanghai Xintiandi South Atrium. Eccolo il Natale cinese, una festa in cui ci si bacia, un periodo in cui nei caffè ti offrono una piccola consumazione gratuita come omaggio natalizio, in cui persino i taxisti ti sorridono. Merry Kissmas. E allora, in fondo, il Natale di Shanghai è tanto più «fake» del nostro? Non so rispondere, in ogni caso, l’anno prossimo, a dicembre, torno in Cina: si saranno inventati il presepe «fake» e, al posto del bue e dell’asinello, ci saranno i gatti portafortuna, quelli che muovono la zampina avanti e indietro. Merry Kissmas a tutti.