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 2013  dicembre 19 Giovedì calendario

SAPESSI COM’È POCO STRANO COMPRARE UN MITRA A MILANO


Martedì 10 dicembre l’Antimafia è in allarme, polizia e carabinieri sono in fibrillazione. È la vigilia dell’udienza milanese nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Alla trasferta nell’aula bunker del capoluogo lombardo non parteciperà il magistrato palermitano Nino Di Matteo. Avrebbe dovuto interrogare il pentito Giovanni Brusca, ma le minacce di morte del «capo dei capi» Totò Riina, intercettate nel carcere di Opera, sono chiare: «Corleone non dimentica. Tanto al processo deve venire. È tutto pronto...». Il Viminale vuole assegnare al magistrato un mezzo blindato Lince, poi il suo viaggio viene annullato.
Intanto a Lainate, alla periferia nord di Milano, a 10 chilometri da Quarto Oggiaro dove la faida tra boss della droga ha appena lasciato tre morti ammazzati per strada, avviene un incontro. E si parla di armi. Sono le 15.30: in una baracca prefabbricata, con piccolo giardino, il televisore al plasma attaccato al muro trasmette Uomini e donne. Ma la voce di Maria De Filippi è coperta da un’altra voce e da queste parole: «Non siete sbirri, vero? Ce ne sono tanti...». È appena iniziata una trattativa. La telefonata di una fonte ha avvertito il cronista di Panorama che a Lainate ci sono armi da comprare. Armi da guerra. Chi abita in quella baracca, un nomade rom muscoloso e spiccio che si presenta come «Mario», viene subito al dunque, non ha tempo da perdere. Chiede: «Ti hanno spiegato cos’è?». Il cronista risponde: «No, non ho capito bene». «Te lo dico io. Così, se lo vuoi, lo vuoi. Sennò è inutile che te lo vado a prendere. È un Mp 40, quello “trac-trac”, modello vecchio, con la canna bucata davanti. Non ci ha la vernice, eh».

L’uomo parla di un mitra fabbricato in Germania durante il secondo conflitto mondiale e assegnato soprattutto agli ufficiali delle Ss: un’arma automatica da guerra, la cui detenzione in Italia è vietata e punita con la reclusione da 1 a 8 anni. Vediamolo... Il trafficante d’armi esce dalla baracca. La moglie del nomade, che si era appena offerta di preparare un caffè con la moka, s’interrompe e va alla finestra. Fa da palo, controlla che nessuno interrompa l’affare.
In quella baracca ha fatto entrare il cronista un altro nomade. Costui ha stabilito un appuntamento all’uscita dell’autostrada, davanti a un McDonald’s, dov’è arrivato a bordo di un’utilitaria nera. Si è presentato come Elio, non ha fatto domande e ha deciso di fidarsi. Al cancello della baracca si è annunciato con un lungo fischio. Un furgone Fiat bianco blocca e nasconde l’entrata dalla strada, rendendo difficoltoso l’ingresso ma anche l’eventuale fuga. Mentre Mario è fuori, si attende in silenzio. La tensione allontana le paure di tutti i presenti: quella di essere scoperti e quella di essere arrestati. Impossibile controllare se le microcamere nascoste sotto i vestiti stiano registrando. Per il cronista, poi, c’è anche l’incredulità che a Milano sia così facile procurarsi un’arma tanto micidiale.
Passano meno di cinque minuti e Mario rientra. Porta con sé un fagotto. Lo posa sul pavimento, prende un coltello da cucina e taglia il nastro isolante nero che avvolge uno straccio di cotone bianco. Apre il panno e l’acciaio del mitra brilla. Lucido, in perfette condizioni, emana forte odore di lubrificante. Chi lo conserva sa il fatto suo. Comincia la prova, ovviamente ad arma scarica. Gli ingranaggi scorrono fluidi, l’inconfondibile rumore del caricamento è netto e preciso, il puntamento è in linea.
Viene inevitabile chiedere se il mitra funziona... «Mamma mia, se funziona!» esclama Mario. «Questo fa tre colpi o raffica, come il Kalashnikov; va benissimo. Fa paura e non ha rimbombo. In mano non senti bum-bum-bum, sta fermo. Sta’ tranquillo, noi c’intendiamo di armi». E le munizioni? «Ti vendo anche 100 proiettili» dice Mario, ed esce di nuovo per tornare subito con un barattolo pieno di proiettili calibro 9x19 parabellum in ottimo stato, anche questi proibiti. Le pallottole sono identiche a quelle usate da esercito e forze dell’ordine, cioè blindate e ad alta capacità di perforazione e penetrazione.
Mario ne prende un paio e inizia a riempiere il caricatore. Poi inserisce il caricatore nel mitra e lo estrae. Spiega che l’arma spara una raffica da 32 colpi. E che è micidiale: «L’ho provato in un campo. Ho buttato giù le piante davanti così, come una motosega, trrrr!» dice mimando la raffica. «Ne ho avute di queste cose, ma come questa non avevo mai visto nulla, credimi».
Le armi, sul mercato nero, però, hanno un valore diverso a seconda che siano già state impiegate per commettere un reato. Perché la canna di ogni arma lascia sui proiettili un segno unico e inconfondibile. Sparare con un mitra che ha già ucciso comporta guai seri, i criminali lo sanno.
Per questo, prima di parlare di soldi, è necessario chiedere da dove arrivi l’Mp 40. Mario non è uno sprovveduto, capisce e assicura che è «pulito», non è mai stato usato dai tempi della guerra. «È stato rubato quattro anni fa nella casa di un collezionista d’armi ad Albertville, in Francia. Quello aveva di tutto: scatole di proiettili, armi e anche bombe a mano». La santabarbara rubata, evidentemente, è finita in mano alla criminalità. E come sono arrivate le armi in Italia? «Non ti preoccupare, l’hanno fatto e basta». Del resto, il libero scambio nell’Unione Europea riguarda pure le armi, che senza dogane scivolano facilmente da un paese all’altro.

Il prezzo per l’Mp 40 e le munizioni è 2 mila euro. Una breve trattativa permette di scendere a 1.800. Non è tanto per un’arma che, in mani criminali, può rendere molto di più. Mario aggiunge un consiglio gratis, frutto della sua esperienza: «Non sparare mai per niente, che si rovinano le cose». Poi offre un’altra arma, una pistola 7.65, il calibro più comune. Ma il «pezzo corto» non è pronto, occorre fissare un altro appuntamento. Il prezzo è alto e non trattabile: altri 2 mila euro. Come in un bazar della mala, i due interlocutori si dicono in grado di procurare anche cocaina e false monete d’oro per una truffa da mettere a segno «per Natale, per fare un po’ di soldi». Il cronista prende tempo, chiede 24 ore. Mario accetta, garantisce che se qualcosa non funziona basta tornare anche dopo una settimana per riavere il denaro: soddisfatti o rimborsati. Poi tace, ma lo sguardo è penetrante; i suoi complici si zittiscono. Mario avverte: «L’importante... Io ti dico la sincera verità. Se succede qualcosa, non voglio che dicono che è partita da qua la cosa, eh? Perché dopo, credimi, noi siamo banditi: tagliamo la testa e ci giochiamo a pallone. Noi veniamo da una buona famiglia, non abbiamo mai sbagliato; quando abbiamo sbagliato, ci hanno arrestato. Non dico altro». È chiaro: il mitra può essere restituito ma nessuno deve fare l’«infame». Il cronista esce dalla baracca con la promessa di rifarsi vivo entro 24 ore. Niente convenevoli.
Com’è ovvio, l’affare sfuma. Panorama avverte i carabinieri fornendo indicazioni utili all’identificazione del luogo dove è stato mostrato il mitra e delle persone che lo detenevano. Una prima perquisizione, però, dà esito negativo: segno che «l’imbosco» dell’Mp 40 era in un luogo vicino alla baracca, ma al sicuro. Il mitra è quindi ancora in vendita al miglior offerente. Le indagini continuano e dai carabinieri arriva una rassicurante conferma: «Ci stiamo lavorando».