Rita Sala, Macro, il Messaggero 20/12/2013, 20 dicembre 2013
CRISTICCHI CANTA LA STORIA
MUSICAL CIVILE
Il Magazzino 18 esiste veramente. È un deposito del Porto Vecchio di Trieste in cui sono accatastati mobili, oggetti, segni e simboli dell’esodo degli italiani d’Istria, di Fiume e della Dalmazia che nel 1947, in seguito agli accordi tra Italia e Jugoslavia, abbandonarono le loro case, caricarono le suppellettili indispensabili su camion, carri e carrette, e si trasformarono in profughi trasferendosi in territorio italiano. Di queste quattrocentomila persone, la cui posizione tante discussioni ha suscitato e continua a suscitare tra gli storici, si occupa lo spettacolo - è stato giustamente definito un “musical civile” - che Simone Cristicchi interpreta fino a domenica al teatro Sala Umberto di Roma, con la regia di Antonio Calenda.
L’ARCHIVISTA
Cristicchi è Virgilio, un archivista romano inviato dal ministero degli Interni a Trieste per inventariare le cataste di materiali conservate nel Magazzino 18. Con la sua attitudine capitolina e uno humour pronto a trasformare la causticità in autentica commozione, racconta in musica le storie di esuli il cui nome figura ancora, nel deposito, sulle etichette di ogni sedia, di ogni credenza, di ogni cassapanca.
Il testo, scritto dal cantautore assieme a Jan Bernas, è diventato evento grazie alla calibratura intensa e al tempo stesso elegante impressa allo spettacolo da Calenda. Il quale (è direttore dello Stabile del Friuli Venezia Giulia, che produce lo spettacolo) sa come valorizzare, attraverso una drammaturgia del movimento scevra di retorica e con l’uso sapiente delle luci, le doti affabulatorie del protagonista. Alla “prima” triestina, emozionale, vibrante, carica di sensi e valenze legati ai luoghi, una popolazione di bambini, riemersa dal passato, ha aggiunto al musical, di per sé coinvolgente, una strana, toccante vivezza.
LA MEMORIA
Magazzino 18 permette a Cristicchi, artista a tutto tondo che va affinandosi sul piano squisitamente teatrale, di proseguire il suo già lungo cammino di testimone della Memoria. Si è occupato di vita in miniera (gli dobbiamo la reinterpretazione di vecchi canti dei minatori pieni di pathos anarchico e di sudore quotidiano); della tristemente famosa ritirata dei soldati italiani dalle plaghe russe durante la seconda Guerra Mondiale (il monologo Li Romani in Russia, tratto dall’omonimo poema di Elia Marcelli); di carceri minorili (con Franco Califano e il coro dei ragazzi di Nisida la canzone Sto a cercà lavoro). E tanto altro, incluse le filastrocche piene di poesia dedicate al mondo dell’alienazione mentale.
Magazzino 18 è in ogni caso il lavoro più compiuto. Cristicchi e Calenda chiamano il pubblico a condividere una tragedia che sfugge alle classificazioni politiche, alle accuse, ai revisionismi, ai mea culpa legati allo scempio delle foibe.
L’archivista Virgilio, romano in terra giuliana per un compito all’apparenza ordinario, in realtà fortemente simbolico, ci chiama a partecipare allo strazio di chi perde i colori e i profumi ai quali è abituato, i sapori che lo hanno cresciuto, la luce in cui si è sentito avvolgere durante il bene e il male di una vita. Seguendolo, rischiamo persino di migliorare sul piano individuale, con la precisa volontà di estendere poi ad altri le consapevolezze acquisite.
Rita Sala