Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 20/12/2013, 20 dicembre 2013
RENZI RINUNCI AI SOLDI PUBBLICI
[Mario Adinolfi]
M5s e Forza Italia alleati per andare a nuove elezioni subito? Beppe Grillo che stringe un patto con lo “psiconano” Silvio Berlusconi e con i Forconi sullo sfondo? Domande che possono trovare in Mario Adinolfi, romano, classe 1971, giornalista e blogger ma anche ex-deputato Pd nella scorsa legislatura, risposte certamente poco paludate.
Domanda. Adinolfi, questi Forconi, alla fine troveranno un padre politico? C’è chi scommette che alla fine sarà Grillo. Lei, che è un osservatore attento del M5s, anche quando altri si limitavano a demonizzarlo, cosa vede?
Risposta. Il fenomeno dei Forconi lo giudico in verità assai labile. L’altro giorno, ospite di una trasmissione tv, ho assistito a una lite durissima fra Danilo Calvani, il leader romano, e Massimo Chiavegato, numero uno dei rivoltosi fiscali veneti. Sono pochi e divisi: un conto è fare un blocco stradale, altro andare in piazza, dove ti si conta facilmente. Un movimento destinato a indebolirsi, con qualche sussulto e qualche impresa poco nobile. Certamente Grillo se ne terrà alla larga perché il M5s ha una piattaforma politica più complessa e sofisticata. I Forconi non sono in grado neppure di fargli concorrenza.
D. E invece, un’intesa Grillo-Berlusconi, per andare subito al voto, la giudica fantapolitica o ci può essere del vero?
R. C’è un gioco a tre: Grillo, B. e Matteo Renzi. Ognuno di loro è interessato a che si voti e non alle calende greche. Anche se, è evidente che i primi due hanno un’altra agilità, essendo Renzi impegnato, come neosegretario Pd, a non sembrare troppo antigovernativo, il vero playmeker resta il sindaco. Lui solo sarà decisivo in questa vicenda e in quella della riforma elettorale, anche perché né Grillo né il Cavaliere hanno i voti sufficienti.
D. Sì parla già di possibili formule in grado di metter d’accordo tutti per superare il Porcellum_
R. Il Mattarellum va bene a Grillo, e lui l’ha detto. Potrebbe andare bene anche al leader di Forza Italia che, non dimentichiamolo, con quel sistema di voto vinse nel 1994 e nel 2001. Più preoccupato è Renzi, perché una vittoria col sistema misto (75% maggioritario, 25% proporzionale, ndr) non gli risolve, sic et simpliciter, la questione della governabilità, e per questo parla di affidare quel 25% di seggi come premio di maggioranza in un doppio turno.
D. A proposito di Renzi, questi primi giorni da segretario hanno evidenziato le prime tensioni con Enrico Letta: il premier gli ha bruciato la “sorpresina” a Grillo sul finanziamento pubblico ai partiti, il segretario ha reso la pariglia stoppando la Google Tax. Forse l’intesa fra i due, su cui molti giuravano, in realtà non c’è_
R. Fossi Renzi non perderei molto tempo far finta di sostenere il governo Letta. È chiaro che non lo ama, e non tanto per il suo capo ma perché quell’esecutivo non è renziano nella sua natura, è una palude, poco condizionabile. Mi passi un paragone calcistico_
D. Prego_
R. É un po’ come il capo da gioco di Istanbul, dove il Galatasary ha sconfitto la Juve.
D. Detto da uno juventino come lei, ci si può credere. Vada avanti.
R. Bene, Letta sta preparando a Renzi un terreno di gioco non facile. Letta non è uno sciocco, è uno si muove bene. Ha fatto una legge stabilità che non esiste e non ha fatto arrabbiare nessuno. È un gestore abilissimo e ha una copertura politica assai forte nel presidente Giorgio Napolitano. Insomma, su quel campo pesantissimo la palla non rotola, si fa il quadruplo della fatica a correre e le doti tecniche di Renzi non emergono.
D. Letta insomma è il Roberto Mancini (allenatore della squadra turca, ndr) della situazione in grado di buttar fuori dalla Champions League il Renzi-Juve? Anche se l’accostamento è davvero blasfemo per il sindaco che è fiorentinissimo...
R. Letta fa il Letta. É Renzi che non si può permettere quel gioco lì. Il punto di caduta sarà la legge elettorale: al sindaco potrebbe riuscire farla in maggioranza, anche se dice il contrario. Ma Angelino Alfano ha già messo avanti anche le riforme istituzionali e così non finisce più. Si resta appunto nel campo fangoso. Invece_
D. Invece?
R. Invece il segretario democrat potrebbe vincere subito, col combinato disposto della riforma elettorale fatta velocemente e della pubblicazione delle motivazioni con cui la Consulta ha bocciato il Porcellum: insieme nuova norma e sottolineatura dell’illegittimità di parte dell’attuale parlamento potrebbero consentire a Renzi d’andare al voto. Sarebbe quasi obbligatorio. A quel punto un votare per europee e politiche, il prossimo 25 maggio, sarebbe realistico.
D. E il Pd? Lei in un’intervista a ItaliaOggi, a congresso appena iniziato, aveva suggerito al sindaco di trasformarlo rapidamente in un comitato elettorale. Che farà Renzi del Pd, realisticamente? E soprattutto, la vecchia guardia è davvero morta come appare, o gli renderà la vita difficile?
R. Guardi, Renzi ha in mano l’arma definitiva: se rinuncia ai 40 milioni di finanziamento pubblico è tutto finito, in un attimo. E, dopo quello che ha detto sul finanziamento pubblico dei partiti, mi pare che difficilmente si possa esimere dal farlo.
D. Lei dice che basterebbe a staccare la spina a un certo establishment?
R. Il Pd diventerebbe un partito-comitato elettorale che si anima per le elezioni e si innerva sulla linea del leader. Un partito che, una volta all’anno, riunisce la direzione come un rito. Senza le risorse del finanziamento non si può reggere quella roba lì, cade tutto, struttura, circoli, tutto. Compresi i vecchi totem politici dell’articolo 18, la Cgil e tutte le cinghie di trasmissione di quel piccolo mondo antico che, come lo Spi-Cgil, col segretario Carla Cantone, era sceso in campo per Gianni Cuperlo.
D. Partito del leader, insomma.
R. Ma sì. D’altra parte è un leader colui che porta ai gazebo tre milioni di persone che lasciano sei milioni di euro. É il leader che fa il fundraising, la raccolta fondi. Non so quanti avrebbero pagato per andare a votare Cuperlo e Pippo Civati.
D. Scusi, ma tornando al sindacato, allora questo singolare dialogo di Renzi con Maurizio Landini, leader Fiom, è solo tattico?
R. Con Landini c’è un oggettiva coincidenza di interessi, è un rottamatore anche lui, ostile all’impianto brezneviano di Susanna Camusso. Ma Renzi ha bisogno anche di leadership contrarie: non sarebbe lì se non ci fossero state, per esempio quelle di Grillo e di Berlusconi, entrambi outsider, come lui, rispetto a un certo sistema politico storico. Se vuole è in atto uno scontro di civiltà politiche. Che coinvolgerà anche il sindacato.