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 2013  dicembre 20 Venerdì calendario

LE FUGHE SONO UN PREZZO DA PAGARE QUEI PREMI SONO UN SEGNO DI CIVILT


[Luigi Pagano]

Luigi Pagano è il vicedirettore del Dap, il dipartimento del ministero della Giustizia che amministra le carceri italiane, ed è stato direttore di San Vittore, a Milano, per sedici anni. Comprende lo sbigottimento generale per le due evasioni con il timbro: un serial killer e un camorrista accompagnati alla fuga. Dice, però, che questi due casi non possono mettere in discussione «un sistema che funziona».
Perché il sistema funziona?
«Lo dicono i numeri. Cinquantadue evasioni nel 2012, a fronte di 25.200 permessi premio richiesti. Tenendo conto che ogni detenuto può richiedere e usufruire di più di un permesso, la percentuale di non rientri è intorno al due per cento. E se allarghiamo le evasioni a tutte le misure alternative, lavoro all’esterno, semilibertà, l’evasione resta intorno al 5%».
Si possono concedere permessi premio a un assassino seriale di prostitute e travestiti e a un camorrista contiguo con il clan?
«Nella storia italiana abbiamo concesso permessi premio e misure alternative a quasi tutti i brigatisti rossi. Non è scappato nessuno. Da quindici anni abbiamo dato il lavoro esterno a Vincenzo Andraous, il boia delle carceri. Non è scappato e non è tornato a uccidere. Il recupero del detenuto è un pezzo della nostra Costituzione e non esiste altro modo di certificarlo se non concedendo un graduale ritorno alla società, facendolo uscire. Ci sono margini di rischio, certo, ma l’Europa ci ha già detto che dobbiamo osare di più non di meno».
Si può parlare dei due casi di cronaca?
«Sì, iniziando a dire che a Gagliano mancava poco più di un anno alla fine pena, a Esposito mancavano sei mesi. Erano nelle condizioni di usufruire di permessi».
Tecnicamente, tutto regolare. Ma si può dare un premio a Gagliano? Ascolti questa psichiatra: “È paradossale come a un soggetto così pericoloso siano stati dati permessi. Gagliano entra e esce dal carcere dagli anni ’80, non c’è stata una valutazione precisa dello stato psicologico del detenuto”.
«Nel caso di Genova la valutazione è stata attenta, mi stanno arrivando le relazioni. Il magistrato di sorveglianza conosceva il soggetto e il suo passato, il direttore del carcere di Marassi pure. A lui spetta una sintesi da girare al magistrato insieme a un parere non vincolante. Lo psichiatra del carcere è intervenuto e non ha trovato nulla da obiettare. Per Gagliano parliamo del secondo permesso concesso, dopo il primo era rientrato. No, non c’è stato errore».
E nel caso del pentito di camorra di nuovo riallineato? Aveva partecipato alla faida di Scampia, aveva già tentato un’evasione.
«Lì ho informazioni ancora da valutare. Sabato mattina è uscito beneficiando di un permesso orario e la sera non è rientrato. Anche per lui era il secondo. Che vogliamo fare, cancellare ventisette anni di civiltà? I permessi premio sono stati introdotti dalla legge Gozzini nel 1986 e, dice la mia esperienza, hanno funzionato, stanno funzionando. Le poche fughe sono uno scotto che devi pagare».
La regola generale è aurea, l’applicazione ha delle falle. Un camorrista, se esce, viene risucchiato dal gruppo criminale: o riparte con loro o dovrà fuggire per sempre.
«Tutto vero, ma abbiamo esempi di camorristi e mafiosi che, permesso in mano, non sono scappati».
Concedere i permessi è una questione di umanità?
«Di più, aiuta la società. Un recuperato è un pericolo in meno per tutti quanti, due casi non possono inquinare il sistema».