Riccardo Tessarini, La Stampa 20/12/2013, 20 dicembre 2013
ATTIVISTI DA TASTIERA
Il paradosso», osservava Soren Kierkegaard, «è la passione più alta della ragione», e siccome scoprirne di nuovi mi diverte, questa è l’occasione giusta per criticare l’uso di Facebook attraverso Facebook stesso. Prendiamo spunto dalla notizia della morte di Nelson Mandela, per la quale, come per ogni evento, i più sentono il bisogno di fare commenti superflui. «Mandela era un eroe», «un gigante», «un grande uomo che ha guidato la nazione verso la libertà e l’uguaglianza», sono le considerazioni più comuni, accompagnate da un profluvio di sue citazioni ed istantanee che lo ritraggono sorridente o pensoso. Ma a lanciarsi in queste sperticate lodi non si rende omaggio alle sue gesta, quanto invece al proprio autocompiacimento e creatività. Ancora: scrivere «Grazie Nelson» oppure «siamo fieri di aver vissuto nella tua stessa epoca», oltre ad essere inutile, tradisce un’inclinazione all’«attivismo da tastiera». Sarà per questo che intellettuali nazionali e internazionali ritengono che gli italiani siano un popolo di rivoluzionari da salotto? Dichiarare, poi, a tutti che ci si sente depressi, non interessa a nessuno; mentre affermare che si aspetta un figlio o che fuori c’è la neve significa invece che, da qualche parte, c’è una persona che si annoia a morte, che non ha nient’altro da dire o, peggio, che si sente sola.
Facebook è uno strumento utile, ma, proprio per la sua natura volatile, andrebbe utilizzato con parsimonia e buon senso, altrimenti il significato di un’intuizione brillante o di una notizia importante, sfuma, si appiattisce. L’abuso, insomma, ne banalizza i contenuti. Questo social network troppo spesso si rivela per quello che è: un mezzo a buon mercato per fare bella mostra di sé, una vetrina personale – di fronte alla quale, per la verità, c’è tanta desolazione. In conclusione di questa critica paradossale, vale la pena riportare un post azzeccato della redazione della trasmissione Agorà, che, proprio su questo social network, ha commentato così la notizia: «Se le parole di cordoglio assumessero il loro vero significato, per onorare sul serio Mandela, basterebbe imitarlo».
38 anni, impiegato e blogger, Forlì