Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 20 Venerdì calendario

CELLULARI, SATELLITI, GPS È STATO MARCONI IL PADRE DEL WIRELESS


Telefonini, Gps, Wi-fi, tv satellitare, immagini trasmesse da sonde su Marte, microonde captate dal Big Bang. Cose di oggi e di domani ma con radici ottocentesche. Le onde radio emergono dalle equazioni di Maxwell sull’elettromagnetismo nel 1864, Hertz le scopre in laboratorio nel 1887, Guglielmo Marconi le porta fuori, sulle colline di Bologna nel 1895, e poi nel mondo con il telegrafo senza fili e la radio.
Marconi non era uno scienziato. Nacque bricoleur, diventò un abile tecnologo e un manager spregiudicato. Attraversò dal 1874 al 1937 una vita di contrasti e di gloria, di affari e amori appassionati, di esterofilia e patriottismo, di distanza e adesione al fascismo. Una vita che Riccardo Chiaberge torna a percorrere in Wireless – Scienza, amori e avventure di Guglielmo Marconi (Garzanti, pp. 315, € 18,60), biografia-racconto che completa sul versante umano e privato quella di Giancarlo Masini pubblicata dalla Utet nel 1975 nella collana «La vita sociale della nuova Italia» diretta dallo storico Nino Valeri.
Marconi era poco più che un ragazzo quando seguiva da autodidatta le lezioni di Augusto Righi all’Università di Bologna e a casa trafficava con bobine, condensatori e altri apparati elettrici. Righi sosteneva che le onde radio non sarebbero mai andate lontano. Invece i segnali prodotti dal ragazzo con una scintilla elettrica nella soffitta di Villa Griffone a Pontecchio furono captati al di là di una collina, a un chilometro di distanza. Un contadino sparò un colpo di fucile per avvertire che l’esperimento era riuscito. È l’inizio del mondo moderno.
Il telegrafo senza fili non ha certificato di nascita. Neppure il suo giovane inventore prese nota dello storico giorno della tarda estate 1895, e in una lettera sbagliò addirittura l’anno dei suoi primi esperimenti. I giornali se la presero con calma. La prima notizia compare su Il Resto del Carlino il 22 dicembre 1896. Più di un anno dopo. E’ in prima pagina, ma a una sola colonna, in basso. Il titolino dice: «L’importante invenzione di un bolognese». Il bello è che le informazioni non vengono dall’Italia ma dall’Inghilterra. Perché Guglielmo aveva offerto la sua invenzione al ministro delle Poste italiane, ma qui il burocrate di turno aveva giudicato il telegrafo senza fili di scarso interesse. Così Marconi, che era figlio di una irlandese, andò all’estero.
Il testo dell’articoletto del Resto del Carlino è un record di ingenuità. Parla di un giornale tedesco che a sua volta riprende una notizia giunta da Londra «intorno alla nuova invenzione del telegrafo senza filo fatta colà da un giovane italiano, certo Marconi. In che consista questa nuova invenzione diremo più sotto, intanto ci affrettiamo a constatare, con la massima soddisfazione, che il Marconi è nostro con-provinciale, giacché appartiene a distinta famiglia di Pontecchio, in comune di Sasso». Vano orgoglio nazionale. Il telegrafo senza fili era già diventato il brevetto numero 12.039 registrato a Londra.
Dopo l’esperimento di Villa Griffone, il ragazzo - pallido, magrissimo, senza titoli accademici - provò a scavalcare con il suo apparecchio distanze sempre maggiori: 5, 10, 50 chilometri. Dopo aver superato la Manica mettendo in contatto Inghilterra e Francia, incominciò a sognare un collegamento tra le due sponde dell’Atlantico.
Come funzionava l’apparecchio di Marconi? Più o meno così. C’era un rocchetto fatto con due avvolgimenti di filo di rame. Il rocchetto, detto di Ruhmkorff, serviva a produrre potenti scintille e una corrente alternata ad alta tensione. Con la scintilla, come aveva già scoperto vent’anni prima il fisico Hertz, venivano emesse invisibili «onde» sotto forma di oscillazioni del campo elettrico e magnetico. Queste onde possono propagarsi a grande distanza se aiutate - e qui sta la scoperta più originale di Marconi - con una antenna. Il ricevitore era costituito da un tubetto contenente limatura di nichel e di argento e da una pila. Quando l’antenna captava le onde elettromagnetiche, le convogliava nel tubetto e il loro passaggio faceva diminuire la resistenza elettrica della limatura metallica. Di conseguenza la corrente elettrica della pila poteva passare, e faceva scattare il martelletto di un normale telegrafo a elettrocalamita.
Nel 1901 Marconi era ormai sicuro che la sua tecnologia, da poco perfezionata con un sistema di sintonizzazione, fosse matura per tentare un collegamento intercontinentale. Sarebbe stato il colpo definitivo alla teoria di chi diceva che le onde hertziane non avrebbero mai potuto superare la curvatura terrestre. L’impresa – finanziata con 50 mila sterline – più volte sembrò sul punto di fallire. Ma alla fine, il 6 dicembre, i tre impulsi che nell’alfabeto Morse indicano la lettera S passarono l’Atlantico, da Poldhu, in Cornovaglia, a Cap Cod, in America. Tremila chilometri di oceano non avevano fermato gli impulsi radio. Il New York Times il 15 dicembre dava la notizia al mondo: «Guglielmo Marconi ha annunciato stasera la più meravigliosa conquista scientifica dei tempi moderni». Nel 1909 il premio Nobel per la fisica segnerà il trionfo.
La narrazione di Chiaberge non tralascia nessun aspetto tecnico, commerciale, affettivo, al limite del pettegolezzo (come la passione per l’attrice Francesca Bertini). L’invenzione di Marconi fu attaccata dai fabbricanti di cavi e contesa negli Stati Uniti da Tesla, da Braun in Germania, da Popov in Russia. Marconi vinse in tribunale e sul mercato, ma nel 1943 fu battuto post mortem da una sentenza della Corte suprema degli Usa che diede ragione a Tesla. Nominato nel 1927 presidente del Cnr, la morte lo sorprese il 20 luglio 1937 mentre lavorava sulle microonde. L’invenzione del radar era a un passo. Non poté compierlo ma oggi noi viviamo immersi nelle sue onde.