Niccolò Zancan, La Stampa 20/12/2013, 20 dicembre 2013
IL LUCIDO SLALOM DI UN PAZZO TRA OMICIDI, STUPRI E RAPINE
A 17 anni ruba la prima auto. Il giudice lo riabilita. A vent’anni beve gin-tonic al bar «Riviera» con i ricci cotonati. Le donne lo guardano. «Piaceva molto anche a me - ricorda la fidanzata dell’epoca - si vestiva con jeans stinti e adorava i Led Zeppelin. Facevamo tardi nelle notti di Savona. Lo so che può apparire assurdo, detto oggi, ma Bartolomeo Gagliano a me sembrava un bravo ragazzo».
Finirà per deluderla. Come ha deluso ogni aspettativa. Sempre. Anche le sue. «Sono guarito. Sento dentro una gran voglia di comunicare e volere bene», scrive alla Stampa il 29 gennaio 1989. Ma non era vero. Non lo è mai stato, in questi 38 anni di carriera criminale. Una vita passata a sembrare quello che non è.
Tre omicidi, due tentati omicidi, uno stupro, due rapine, un’estorsione. E in mezzo a tutto questo dolore seminato a casaccio, per otto volte Bartolomeo Gagliano evade. «Sembrava un bravo ragazzo». «Sembrava cambiato». «Infermo di mente». «Semi infermo». «Guarito». Nessuno lo ha mai capito davvero.
Negli ultimi giorni, prima dell’ennesima evasione, recitava a memoria interi passi della Bibbia. Sollevava pesi. Curava gli addominali. Si era fatto tatuare un santo sull’avambraccio. L’avvocato Raffaella Multedo, uno dei tanti avvocati incontrati lungo la strada, lo ricorda bene: «Nei miei confronti si è sempre comportato in maniera impeccabile. Pacato. Leggeva molto e amava divagare su temi politici e religiosi».
Gagliano è un uomo feroce. Sdoppiato. Dopo la lettera al giornale ammazza due volte, perché in altri due casi il proiettile trapassa e sfigura le sue vittime, lasciandole in vita. L’11 febbraio 1989 carica su un’auto rubata il transessuale Nahir Fernandez Rodriguez. Si fermano in una stazione di servizio sull’autostrada Milano-Genova. Stanno insieme, prima che lui lo ammutolisca con un colpo di pistola in bocca. Nel giorno degli innamorati spara al transessuale Francesco Panizzi detto Vanessa, appartato su un’Alfetta con un altro cliente. Il 16 febbraio spara in faccia alla prostituta Laura Baldi, che sopravvive per puro caso. Neppure lui sa chi è.
Spara e scappa ancora. Il 5 aprile del 1990 evade dal manicomio criminale di Montelupo Fiorentino. Convince una ragazza di Firenze, Sabrina Ammanati, a fargli compagnia. Ma ogni volta finisce con la pistola. La scena è questa: lui cerca di tamponare la ferita infilandole in bocca gli slip.
«Di Gagliano mi ricorderò sempre la frase pronunciata dopo avermi sparato addosso», dice un ispettore di polizia in pensione. Bisogna fare un passo indietro. È il 2 ottobre 1983. Gagliano ha 25 anni, e tutto è già successo. Identico. Preciso. Ha già ucciso Paolina Fedi, un’altra prostituta, su un’altra piazzola di sosta dell’autostrada. È già stato condannato a dieci anni di manicomio. Ed è già tornato «un bravo ragazzo». Così Gagliano evade durante una licenza premio. Si mette in fuga come dentro un film americano. Sale di corsa su un taxi, punta la pistola alla testa del conducente. I poliziotti della squadra mobile lo intercettano in pieno centro. Ed ecco, adesso, cosa ricorda l’ispettore impegnato nell’inseguimento: «Gli ho sparato contro undici colpi. L’ho colpito alle gambe. Ma doveva essere pieno di cocaina. Perché il taxi ha inchiodato all’improvviso. E ho visto scendere Gagliano di corsa, ferito, sprizzava sangue e urlava in mezzo alla strada. Ha strappato la pistola a un vigile urbano, si è fatto scudo con tre ragazzi davanti a una scuola. E ancora, per lunghissimi minuti, non voleva arrendersi. Alla fine, mentre lo portavamo in ospedale, gli ho domandato: “Ma cosa ti è saltato in mente?”. E lui: “Non lo so. È andata così».
Padre camionista dai modi ruvidi, madre casalinga dal cuore tenero. Incontra il suo migliore amico nel manicomio giudiziario di Montelupo Fiorentino. Si chiama Francesco Sedda, è uno psicopatico. Prima di morire, consegna ai giudici questo testamento: «Sono il rapinatore più bravo d’Italia. Ma la vita non mi interessa più, tanto sono sieropositivo. Mi dispiace solo per i mie genitori...». Ecco: Gagliano e Sedda scappano insieme. Rapinano insieme. Si capiscono. Per loro è andata così. E ancora va...
Nel 1998 due diverse perizie psichiatriche dichiarano Bartolomeo Gagliano persona socialmente pericolosa: «Totalmente incapace di intendere e di volere, per infermità di mente costituita da disturbo borderline della personalità». Nel 2005 un altro perito rettifica: «Disturbo complesso della personalità. Tipo antisociale borderline, tale da scemare grandemente le capacità di intendere e di volere, senza del tutto escluderle. Seminfermità». Esce dal manicomio, entra in carcere, ottiene un permesso, scappa dal carcere. Ruba un’auto. Stupra una donna. È la terrificante storia infinita di Bartolomeo Gagliano.