Gabriele Perrone, Lettera43 19/12/2013, 19 dicembre 2013
L’UNIONE BANCARIA IN 5 PUNTI
Un meccanismo unico per la gestione delle crisi bancarie, dotato di un fondo di salvataggio da 55 miliardi. Denaro privato, e non pubblico, per salvare gli istituti di credito in difficoltà. E un sistema di mutua assistenza. Sono queste le basi dell’accordo raggiunto fra il 18 e 19 dicembre all’Ecofin e approvato dal Consiglio europeo nella tarda serata di giovedì 19 dicembre. Un tassello cruciale per la nascita, nel 2014, dell’Unione bancaria.
Il ministro dell’Economia italiano, Fabrizio Saccomanni, ha definito l’intesa «storica» perché «sventa il rischio di una nuova Lehman Brothers» e di un tracollo generale con effetto domino da uno Stato all’altro.
Ecco le cose essenziali da sapere sull’accordo.
1. L’Unione serve a garantire l’uniformità delle regole del credito in Ue
L’Unione bancaria è un passaggio necessario per completare l’integrazione europea. L’idea è mettere sotto un unico controllo, e con regole condivise, le banche dei Paesi membri, con il duplice obiettivo di proteggere i risparmiatori e garantire l’uniformità delle condizioni del credito nel mercato bancario dell’Unione.
L’accordo trovato serve concretamente in questa prima fase a evitare che le banche dei singoli Stati falliscano in modo incontrollato, mettendo a rischio il sistema finanziario proprio e degli altri Paesi.
2. Si basa su un fondo comune per il salvataggio, finanziato dalle stesse banche
L’accordo prevede che in caso di necessità di ricapitalizzazione, gli istituti possano ricorrere al nascituro fondo unico di gestione delle crisi, il Single resolution fund (Srf), la cui dotazione a regime è 55 miliardi. I capitali del fondo arrivano dalle stesse banche, con un meccanismo di accantonamento progressivo.
UN SISTEMA PONTE FINO AL 2026. Il fondo non sarà operativo prima del 2026: nel periodo transitorio, le banche dovrebbero potere accedere a ’finanziamenti ponte’, erogati dal fondo salva-Stati Esm (European stability mechanism) o attingere a fondi nazionali (ancora da stabilire).
La procedura per aiutare o smantellare una banca in difficoltà segue una procedura comune, il Single resolution mechanism (Srm): non è stata fissata però la modalità di voto per decidere l’intervento.
3. Coinvolge 130 banche, con asset oltre 30 miliardi o che incidono per il 20% del Pil
Le banche coinvolte non sono tutte, ma solo 130, cioè quelle cosiddette sistemiche (in altre parole, con una rilevanza all’interno del sistema economico nazionale).
Per individuarle sono state considerate le dimensioni dei loro asset, stabilendo che debbano valere oltre i 30 miliardi o pesare per almeno il 20% del Prodotto interno lordo (Pil) dei loro Paesi. Tra di esse ci sono la tedesca Deutsche Bank e la francese Bnp Paribas. In l’Italia gli stress test preliminari coinvolgono 15 banche tra cui Unicredit, Intesa SanPaolo, Monte Paschi di Siena, Banco Popolare, Ubi Banca e il Credito valtellinese.
La vigilanza sui loro bilanci spetta alla Banca centrale europea (Bce), destinata a diventare l’unica autorità di vigilanza per le 130 banche sistemiche dell’Unione europea. Il controllo, effettuato sui singoli asset bancari e sui bilanci degli istituti, è appannaggio del Single supervisory mechanism (Ssm), un organo composto da membri della Bce e dalle autorità nazionali competenti.
4. Vigilanza della Bce attiva a partire dal 2014; il fondo dal 2026
Nel primo semestre del 2014 Bce e l’Autorità bancaria europea (Eba) iniziano ad analizzare i requisiti patrimoniali delle banche sottoposte alla vigilanza.
Successivamente, tra ottobre e novembre 2014, entra in vigore l’autorità di vigilanza unica che fa capo alla Bce.
Il meccanismo graduale di funzionamento dell’accordo europeo vale anche per i prestiti. Nel primo anno, le banche in default controllato potranno attingere solo al fondo finanziato dal proprio Paese; man mano che il fondo cresce è destinata ad avviarsi una mutualizzazione progressiva delle risorse.
Il principio è che il sistema sia finanziato dalle banche stesse, ma se necessario possono intervenire garanzie temporanee dei governi per evitare che la situazione diventi ingestibile in caso di risorse insufficienti nel fondo.
5. Il braccio di ferro tra Paesi: la Germania ha salvato le sue casse di risparmio
L’Unione bancaria è il frutto di moltissimi mesi di negoziati, al cui tavolo i Paesi hanno spesso avuto posizioni contrapposte e inconciliabili. Con la Germania a dettare le condizioni. Il risultato finale è quello di un compromesso: in un primo tempo Berlino aveva detto no a una condivisione dei rischi, ma alla fine ha accettato.
Dall’altro lato, però, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ha portato a casa due risultati importanti: il board di controllo sulle banche, composto anche da membri nazionali, consentirà agli Stati di avere l’ultima parola sulle decisioni da prendere.
Il secondo risultato è l’asticella fissata per le banche da controllare: abbastanza alta da tenere fuori le Sparkassen (le casse di risparmio tedesche), che sono di proprietà pubblica e finanziano molte iniziative delle amministrazioni locali nonché il grosso delle imprese tedesche.
Tutte insieme hanno attivi per 1.000 miliardi di euro, su un totale europeo di 27 mila miliardi: quindi rappresentano il 3-4% dell’intero sistema bancario europeo.