Andrea Milanesi, Sette 20/12/2013, 20 dicembre 2013
BASTA UN ETTARO DI TERRA PER DIVENTARE DONNA DI SUCCESSO
Ci sono guerrieri e guerrieri. Ci sono quelli che lottano per cambiare la loro storia e quella dei loro popoli, per aprire nuovi sentieri e esplorare orizzonti sconosciuti; ci sono anche quelli che forza e coraggio li mettono in gioco perché invece non cambi nulla, per mantenere le cose come stanno, per difendere e riconquistare faticosamente i valori che hanno ereditato dai loro avi. E poi ci sono quelli che stanno in mezzo, che sono profondamente radicati nelle origini e nelle tradizioni della propria terra, ma non si piegano a preconcetti, pregiudizi e ruoli prestabiliti, perché giorno dopo giorno vogliono vivere da protagonisti i desideri e le speranze sopra cui costruiscono la loro esistenza, con un occhio rivolto verso il passato e l’altro spalancato verso il futuro.
Arianna Occhipinti appartiene sicuramente a quest’ultima tipologia; per lei, nata e cresciuta nel centro ragusano di Vittoria, la “battaglia” è iniziata a ventidue anni, quando cioè ha deciso di fare ritorno a casa da Milano (dove si era laureata in viticoltura ed enologia) per comprarsi un ettaro di terreno e dedicarsi all’agricoltura, di fronte all’incredulità e al sospetto delle persone che le stavano attorno (familiari esclusi).
Oggi di anni ne ha trentuno e nelle terre che circondano il suo palmento in contrada Fossa di Lupo produce alcuni tra i vini biologici più apprezzati al mondo; la sua è evidentemente una storia di successo e sarà lei stessa a raccontarla durante la nuova puntata di Guerrieri, storie di chi non si arrende, il programma televisivo tratto dalla campagna pubblicitaria di Enel, in onda questa sera su La 7 in seconda serata.
Dalla fatica alla speranza. In Sicilia, si sa, la terra è da sempre cosa da uomini, ma per lei questa equazione non vale; la forza, il coraggio e la voglia di andare controcorrente si leggono profondamente impressi già nella vivacità dei suoi grandi occhi. «La difficoltà più grande, almeno all’inizio, è stata ottenere stima e considerazione da parte della gente del luogo, contadini, maschi e adulti a cui ho cominciato a chiedere aiuto; non si capacitavano che ci fosse una giovane femmina che volesse dedicarsi alla terra, quando i loro figli da quella terra scappavano (o venivano fatti scappare)».
E così Arianna ha dovuto lottare sin dal primo giorno per dimostrare di avere delle buone idee e di essere in grado di realizzarle. «È necessario un cambio di mentalità per rendersi conto di come l’agricoltura non si trovi a un gradino inferiore nella scala del lavoro; non sia un’attività che richiede unicamente sacrifici, magari un’occupazione temporanea prima di trasferirsi in una grande città del Nord e lavorare in fabbrica. Se modifichiamo la prospettiva con cui la si guarda e si sposta il punto di vista dalla fatica alla speranza, allora l’agricoltura si rivela come una grande risorsa; a me sta per esempio offrendo la possibilità di girare il mondo, conoscere i clienti, vendere i miei vini in Giappone».
Rispetto per tutti. Un’adolescenza trascorsa, come tanti coetanei, a sognare di fuggire dalla Sicilia, ma poi, un giorno, lo zio Giusto la porta a Vinitaly. Arianna ha solo 16 anni e da quel momento tutto cambia: la scoperta del vino coincide con la scoperta dell’amore e dell’attaccamento per le proprie origini. All’università impara a potare, a coltivare, a far fruttare la terra comprendendone le esigenze, senza usarle violenza, turbarla nel suo divenire o modificarla nel suo aspetto, ma cercando di raccogliere unicamente ciò che può offrire. A quel punto decide che la vera sfida è quella di tornare a casa, per portare quei principi eco-sostenibili di cultura enologica in cui ha sempre creduto profondamente anche in Sicilia, dove ci sono condizioni climatiche e atmosferiche estremamente favorevoli.
«Intorno al concetto di rispetto ho fondato le basi della mia attività e della mia esistenza. Sono sempre partita dal presupposto che ricevere significhi fondamentalmente dare; per noi vignaioli vuol dire mantenere inalterata la biodiversità, cercando di produrre vino biodinamico senza utilizzare prodotti di sintesi chimica, né in cantina né in vigna, rispettando dunque l’ambiente, ma anche le persone con cui si lavora, per creare un livello di sostenibilità a 360 gradi».
On the road Arianna Occhipinti è partita da un ettaro di terra e ora gli ettari sono già diventati trenta, due terzi dei quali destinati a vigneti e il rimanente suddiviso tra uliveti secolari e campagna coltivata; oggi, a quasi dieci anni da quando tutto è cominciato, la sua azienda produce oltre centoventimila bottiglie di vino all’anno ed esporta all’estero circa il 70-75% della produzione realizzata, con uve tipiche e varietà autoctone come il Frappato, il Nero d’Avola e il Cerasuolo di Vittoria. Prodotti che, tra i loro aromi e profumi, rispecchiano nel profondo il carattere schietto e sincero della loro creatrice: «Il mio vino nasce da un sogno che credo di aver sempre avuto: voglio che ci si senta quello che penso, la terra che lavoro, l’aria che respiro, forse anche tutta me stessa».
Uno dei suoi vini più rinomati si chiama SP68, come il nome della Strada Provinciale che coincide con l’antica strada dei vini e che collega gli stessi vigneti di Arianna. È quella che lei percorre tutte le mattine e che rappresenta il viaggio ideale che l’ha portata alla riscoperta delle radici della sua storia e della sua tradizione; armata solo di forza, tenacia, determinazione, buona volontà e una passione che per lei ha il sapore e il profumo del suo vino e della sua terra, dove riesce a vedere riflessi il passato e il futuro nello stesso tempo.