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 2013  dicembre 20 Venerdì calendario

BOTTURA, LO CHEF DELL’ANNO: «LA CUCINA È PASSIONE, IL SOGNO UN PANINO»

Ore 11.30, centro di Modena, siamo nel magico regno di Massimo Bottura. Alle pareti dell’Osteria Francescana, il terzo ristorante del mondo secondo le ultime classifiche, ci sono le opere di Carlo Benvenuto. Bicchieri, frutta, tutto su uno sfondo neutro, in un’atmosfera rarefatta che crea mistero. «Se guardi questi quadri e non capisci la poesia, vuol dire che non c’è l’hai dentro», dice Bottura. «Tra poco faremo un libro con le foto sue e di Stefano Graziani: 48 piatti, una cosa incredibile». Alla fine della sala, pronta ad accogliere una comitiva di giapponesi, c’è una stanzetta. «Entrate, entrate, ho preparato una sorpresa».

Le tre squadre Lo chef modenese ha in mano un sacco di plastica trasparente. Al tavolo aspettano due persone. Giuseppe Palmieri, sommelier e direttore di sala, indossa una maglietta bianconera, Giorgio Pagliani, avvocato modenese, è in giacca e cravatta. «Era il mio allenatore, ha giocato nel Milan!». «Non esagerare Massimo - si schermisce Pagliani - ero solo nelle giovanili, però ricordo Rocco e Rivera che giocavano a carte». Bottura apre il sacchetto e comincia a tirare fuori maglie nerazzurre: «Questa è quella di Sforza che usava Aldo nel film! E qui c’è Ronaldo. Facciamo una foto? Quale metto? Ho quella di Materazzi quando ha dato la testata a Zidane, oppure c’è Ibra». Ecco la sorpresa: tre amici, tre squadre. Niente intervista tradizionale («Non mi diverto e non viene bene!») piuttosto un bizzarro e interessante happening tra battute, ricordi di infanzia e idee sul futuro della cucina italiana.

Bottura calciatore «Durante i cinque anni di splendore dell’Inter – racconta Palmieri mentre Bottura indossa la maglietta –, io compravo la Gazzetta e lui me la prendeva e mi faceva una testa così! Poi l’Inter ha cominciato a perdere e la Juve a vincere e Massimo ha iniziato a dire: basta parlare di calcio, il tifo divide…». Ma com’era il Bottura calciatore che giocava nella Primavera del Modena? Pagliani è serissimo: «Un misto tra Mazzola e Platini». Bottura schizza in piedi: «Bravo, bravo». «Il problema – continua l’avvocato – è che era indisciplinato, non sopportava gli ordini. Per questo poi Massimo mi ha stupito: il talento si vedeva, la disciplina no».

Bottura cuoco Massimo, come il concittadino Enzo Ferrari, è un perfetto «agitatore di uomini». La sua squadra lo adora. «Per lui ci butteremmo nel fuoco», dice serio Palmieri. «E’ il leader per eccellenza ma ti travolge con la sua energia. Per stargli accanto devi volergli bene». E devi accettare il suo perfezionismo: «Se un coltello non è affilato come si deve divento pazzo. Devi amare e rispettare il tuo piccolo spazio in cucina», spiega Bottura alzandosi di continuo: prova il filo del coltello, sposta una lettera, gesticola. Come se avesse bisogno di canalizzare l’energia e i pensieri nel movimento. «Qui siamo una trentina di persone - dice Bottura -. La più importante? Mia moglie, Lara, è lei che tiene in piedi tutto. Prende sempre la parte degli altri, contro di me, ma non riesco ad arrabbiarmi, ha un modo di fare che mi disarma».

L’umiltà «Massimo ha sempre avuto una dote straordinaria - dice Pagliani -: l’umiltà di fondo, la voglia di imparare e capire i meccanismi delle cose». «Si può imparare da tutti - aggiunge Bottura -. Mi ricordo in Cina un cuoco: voleva stupirci e ci organizzo un menù, quasi tutto di maiale. C’era caldo, i piatti erano bollenti eppure non vedevamo l’ora di assaggiare la portata successiva. Il giorno dopo, alle 7 di mattina, ero in cucina con lui per capire il segreto dei suoi ravioli. Poco tempo prima un amico di Modena mi aveva chiesto di dargli una mano per far capire che cotechino e zampone si potevano mangiare tutto l’anno. In aereo, al ritorno, tutte queste esperienze si ricomposero. Nasceva il piatto: Come mangiare cotechino e lenticchie 365 giorni all’anno ».

Il passato e il futuro «I risultati li ottieni solo quando rivedi il passato in una chiave critica e non nostalgica. In questo momento la grandezza della cucina italiana sta in un gruppo di cuochi che collaborano e fanno rete senza invidie e rivalità. Che senso ha nascondersi? Io sono un cuoco contemporaneo, i miei piatti cambiano con il tempo. Se non si evolvono scompaiono».

Occasione Expo «Guai a sottovalutare un evento del genere. Per l’Italia è la possibilità di dimostrare al mondo che siamo la terra dell’arte, della cultura ma anche della solidarietà, della famiglia, dell’agricoltura che è l’alito divino della terra. Io farò qualcosa di bello ma non posso svelare niente. Nel mondo è il nostro momento. A Istanbul con Eataly aprirò il ristorante Italia con 100 ricette che rivedono tutta la cucina storica italiana. Ma guai a mollare proprio adesso. Ogni giorno dobbiamo alzarci una mezz’ora prima e andare a letto una mezz’ora dopo».

La televisione «Non credo nei programmi di cucina perché non trasmettono un messaggio vero. Ai ragazzi dico che ci vogliono tre ingredienti per diventare grandi cuochi: umiltà, passione, sogno. L’umiltà ti fa tenere i piedi per terra e ti fa imparare da tutti; con la passione non senti la fatica; il sogno è il panino».

Il sogno Usciamo, a Modena è una bella giornata. A fianco della Francescana c’è una salumeria. Fuori una serie di targhette: OTTIMISMO, SALUMI, FORMAGGI. Proprio così. Bottura entra, si mette al posto dei giovani commessi, gli spiega perché sta preparando un panino con pane di Matera, coppa di testa, giardiniera, pera alla senape e perché accosta mortadella e provola affumicata. Va nel dettaglio, li interroga: «Da dove arriva questo formaggio? Cerca di essere più specifico». Non è soddisfatto della tostatura. La gente passa e vede il grande chef che affetta i salumi. Guarda incuriosita. Bottura taglia il panino in quattro, lo distribuisce. Poi assaggia: l’acido della giardiniera, il dolce speziato della pera, il profumo della coppa. «Ora capite perché il sogno è anche un panino?».