Valeria Fraschetti, Il Venerdì 20/12/2013, 20 dicembre 2013
COM’È TRISTE EURODISNEY MAGICO REGNO SENZA PIÙ MAGIA
C’era una volta un regno magico dove si regalavano solo sorrisi e sogni, ma presto fu colpito da un malefico incantesimo che provocò un’infelicità contagiosa: potrebbe essere riassunta così la realissima fiaba di Disney Paris, il parco di divertimento più visitato d’Europa (12 milioni di turisti lo scorso anno), che quando fu aperto nel 1992 si chiamava ancora Eurodisney. Già l’esordio non era stato di buon auspicio: delle 500mila persone attese nel giorno di apertura se ne presentarono 25mila. Ma il management certo non immaginava che gli sviluppi sarebbero stati tanto nefasti da materializzarsi persino sotto forma di tentati suicidi. L’ultimo è avvenuto in autunno, quando un addetto al giardinaggio si è cosparso di gasolio. Se non fosse stato per l’intervento di un collega sarebbe diventato il quarto dipendente a suicidarsi in tre anni. Solo coincidenze? È quel che l’azienda vorrebbe far credere, mentre staff e sindacati portano avanti le loro indagini per dimostrare che nella residenza francese di Topolino & Co. c’è poco da ridere. In una lettera alla direzione riportata dall’Independent, l’Unione nazionale dei sindacati autonomi ha denunciato il «deterioramento del clima sociale» legato alle condizioni di lavoro e accentuato dalla mancanza di dialogo oltre che da un forte incremento delle sanzioni disciplinari. Non proprio la fotografia del «servizio con il sorriso» che i parchi Disney promettono, quindi.
Nel frattempo anche i turisti hanno iniziato a perderlo, il sorriso. Mentre le parate con Pluto e Paperino cedono spesso il posto alle sfilate dei dipendenti che rivendicano salari più alti, da settembre almeno 7.500 visitatori hanno firmato una petizione rivolta alla Disney Company in California in cui chiedono standard più elevati nel parco francese, dove ormai le attrazioni e gli spettacoli che chiudono superano di gran lunga quelli che vengono inaugurati. È il risultato della ferrea dieta imposta a bilanci che non tornano da anni. Già nel 1994 il principe saudita Al-Waleed investì 350 milioni di dollari nella società per evitarle la bancarotta, guadagnando così il 10 per cento del pacchetto azionario, che per il 39,8 per cento appartiene a Disney e per il 50,2 viene scambiato sul mercato alla Borsa di Parigi. L’anno dopo la società registrò i primi profitti grazie ai quali nel 2002 venne inaugurata l’area degli Studios. Ma con l’arrivo della crisi nel vecchio continente anche Disney Paris è tornata a versare lacrime. Cambiare per la sesta volta amministratore delegato ha avuto come unico effetto quello di aumentare le perdite: dal 2008, anno d’insediamento di Philippe Gas, hanno superato i 350 milioni di euro. Mentre le azioni hanno perso l’8,4 per cento solo negli ultimi sei mesi. Il lieto fine, insomma, stavolta potrebbe non esserci. Anche se siamo nell’universo Disney e il colpo di scena salvifico – magari sotto le sembianze di un sultano con petrodollari e sensibilità per i diritti dei lavoratori – non è mai escluso.