Roberto Di Caro, L’Espresso 20/12/2013, 20 dicembre 2013
CHISSÀ SE RENZI DIRÀ NON È FRANCESCA
Fortuna che decidere gli piace, perché deve farlo a tambur battente, Matteo Renzi. Le regionali in Sardegna sono il 23 febbraio, e per lui sono la prima prova del fuoco dopo la sua assunzione a leader del Pd. Per dirla spiccia: c’è una candidata presidente, Francesca Barracciu, fuori dalle correnti, scelta due mesi fa con le primarie, generazione dei quarantenni, gavetta da consigliere in un piccolo Comune fino a parlamentare europea, appoggiata anche dai renziani dell’isola. Quadra tutto. Ma poche ore dopo la vittoria le arriva un avviso di garanzia per l’uso dei fondi negli anni in cui era consigliere regionale: a lei come ad altri Pd mentre due esponenti Pdl finiscono in galera e un Idv già si prende 20 mesi in primo grado. E subito comincia una sarabanda, sotterranea in pezzi di Pd, alla luce del sole in potenziali alleati come Sel, per indurre la Barracciu a farsi da parte. O il partito a silurarla. Su questo canovaccio s’innestano vari cantati e recitativi, entrano altri attori, la scena si fa affollata, qua e là la trama si sfilaccia. Mentre l’inchiesta della magistratura continua e si estende.
Il punto è però: cosa farà Renzi? Starà più coperto possibile, se si vince con Barracciu buon per tutti, se si perde sarà colpa dei sardi da sempre così ipersensibili alle intromissioni romane? Ci metterà la faccia con un endorsement pieno alla candidata uscita dalle primarie, passando sopra l’avviso di garanzia per 33 mila euro in tre anni? Ci metterà il pugno costringendo Barracciu a lasciare, spianando il responso delle primarie e facendo digirire l’ukase a una base che delle primarie ha fatto un emblema, un modello di organizzazione e un feticcio? E, se fosse, via la Barracciu, chi al posto suo, con la certezza che una sconfitta sarebbe da addebitare per intero a lui, a quel decisionismo che l’ha portato finora ai trionfi?
Altro che isola, la Sardegna. Legata invece a filo doppio ai destini e ai maneggi della politica nazionale. Quattr’anni fa il governatore in carica Renato Soru fu sconfitto dal centrodestra di Ugo Cappellacci e per questo Walter Veltroni si dimise da segretario: certo, il caso non "fa giurisprudenza", Veltroni era alla frutta, Renzi è in pieno spolvero, ma perdere non se lo può permettere, con la partita aperta tra lui e Letta, e Berlusconi che soffia sulle ceneri a tre mesi dalle europee di maggio. Di fronte ha un Cappellacci che ha fatto disastri ma ora è il demagogo della "zona franca", Sardegna Bengodi senza tasse né Iva; Cinquestelle spaccati in due ma dati comunque al 20 per cento; Michela Murgia iperattiva col suo rassemblement indipendentista. Dunque?
Che il nuovo commediografo-capo del Pd scriva lui il finale o lasci gli attori sardi recitare a soggetto come nella commedia dell’arte, la pièce sul palcoscenico del centrosinistra isolano è oggi: lei, il prete e mister X. Lei è Francesca, la candidata in bilico. Il prete è don Ettore Cannavera, un don Gallo cagliaritano che Sel e pezzi di Pd spingono a giocare da kingmaker di un candidato alternativo. Mister X è questo candidato che azzerando tutto dovrebbe riunificare l’intero centrosinistra: ma che a due mesi dal voto ancora non c’è.
«Ho la corteccia dura di una barbaricina», esordisce Francesca Barracciu, di Sorgono, duemila anime in Barbagia. Laurea in filosofia, postlaurea in psicologia del disagio giovanile, insegnante poi consulente in risorse umane, fa in tempo a votare Pci, segue tessera e trafila Pds, Ds, Pd. Dove non è che proprio le fanno fare la bella vita: nel 2008 vince il congresso e diventa segretario regionale, l’anno dopo si ritrova commissariata da Veltroni, pedina sacrificata nella guerra romana all’allora governatore e padrone de "l’Unità" Renato Soru. Poi l’avviso di garanzia per peculato. «Rimborsi chilometrici secondo le tariffe», risponde al magistrato: e in Rete spopolano vignette di lei in macchina con autobotte di rifornimento al seguito. Non l’ha presa benissimo: «Vendola era indagato per la Sanità, quando si presentò alle primarie, Civati lo è in Lombardia per il mio stesso motivo: qualcuno li ha contestati?». Barbaricina e ponderata, «non un tipo da ping-pong in tv, l’avviso di garanzia ha avuto su di lei l’effetto della kriptonite, come se per due mesi le avesse tolto i superpoteri», dice Chicco Porcu, renziano doc, già uomo chiave dell’avventura di Soru dopo aver lanciato con la sua agenzia la comunicazione di Tiscali, che per lei mette la mano sul fuoco e già ha acquistato gli spazi per la campagna elettorale.
Sempre che non la immolino di nuovo ai giochi di partito e di coalizione. «Nel Pd molti vorrebbero un passo indietro di Francesca, ma non possono sconfessare le primarie. E allora lo dico io». Lo dichiara, col suo volto disteso e ironico da giovane sessantanovenne, don Ettore Cannavera, fondatore della comunità di Serdiana per 18-25enni come alternativa al carcere. Da un anno lo tirano per la giacca, prima perché corra lui da presidente («Sì, me lo chiese Paolo Fadda, vicino a Parisi e ora sottosegretario alla Sanità») poi, dopo lo stop del vescovo, perché faccia ciò che in Sardegna spetta ai "majorales" o nel nuorese agli "omines de pache": il rispettato anziano cui nel piccolo paese ci si rivolge per dipanare le controversie, il mediatore che ricompone e ricuce. A ottobre convoca un’assemblea e lancia "Terra di pace e solidarietà": «Per richiamare all’impegno alto della politica e, come insegnano il Vangelo e Francesco, ripartire da zero, dai poveri, dai deboli». E con un nuovo candidato. Pd pro-Barracciu sono andati dal vescovo di Cagliari Arrigo Miglio: «Gli dobbiamo la deferenza all’uomo di Chiesa o possiamo mandarlo a quel paese come politico?». Un sospiro del prelato, segue sconfessione e reprimenda a don Ettore sul settimanale della diocesi.
Ma sulla macchina ormai in movimento sono saliti pezzi di Acli, Centro democratico, i rossomori nati da scissione a sinistra del Partito Sardo d’Azione e soprattutto Sel col suo padre storico in Sardegna, il senatore Luciano Uras. Cita il papa e Vendola, giura che «il centrosinistra lo vogliamo ricostruire, non licenziare», chiede un tavolo per scegliere un nuovo candidato unitario. Mister X, appunto, il deus ex-machina cui in teatro si ricorre quando non si sa più come uscire da una situazione ingarbugliata. Vari i nomi che circolano, da Francesco Pigliaru, ex-assessore, economista capace anche se un po’ troppo liberista per i gusti di Sel, al rettore dell’università di Sassari, Attilio Mastino. Il più accreditato è Franco Siddi, «sardo midollare» come si definisce, segretario Fnsi, Federazione nazionale della stampa, in gioventù anche lotte contadine, mondo cattolico, ottimi rapporti con le Acli, mille fili coi vertici romani. Uras ci mette la firma. Handicap comune, per il partito del rottamatore: stanno tutti sui sessant’anni. Renzi è il tipo capace di pescarti un trentenne semisconosciuto e infiammare le piazze girando con lui l’isola in lungo e in largo. Tavolo unitario o, minaccia Uras, facciamo da soli coagulando attorno a don Ettore una lista con un suo candidato e contro il Pd: è il gioco del cerino, a chi molla prima o si brucia le dita. Almeno fino a domenica 22, quando al congresso regionale Sel deve decidere che fare. Subito prima che nasca il Bambin Gesù.