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 2013  dicembre 19 Giovedì calendario

PERCHE’ TIKI TAKA È IL PROGRAMMA DELL’ANNO

Se a un conduttore chiedi di spiegarti perché il suo è il programma dell’anno e quello ti risponde che lui, niente, fa le cose “perché odia annoiarsi” allora le ipotesi sono tre. È maledettamente snob, ti sta prendendo per il culo, o semplicemente è vero. Siccome basta vederlo all’opera per escludere categoricamente la prima, restano le altre due. Dopo un’ora che parli con Pierluigi Pardo ti rimane forse un po’ il dubbio sulla seconda, ma cosa vuoi farci: a renderlo simpatico è anche il fatto che Antonini gli abbia espressamente dedicato il primo gol rossoblù dell’ultimo derby di Genova e, così, alla fine, credi alla terza.
Quando si è tutti insieme a casa di qualcuno per vedere una partita di calcio, nel caso siate tipi da “non vi preoccupate, ci penso io a sparecchiare, voi continuate che sennò ve ne perdete un pezzo”, cioè non ve ne frega niente di calcio, allora va spiegato che Pardo è quel giovanottone che il lunedì sera attorno a mezzanotte su Italia Uno ha preso a condurre un programma, Tiki Taka, che via via, settimana dopo settimana, è diventato il must see un po’ per tutti e per tutto: perché lui è bravo, perché parla (con competenza) di calcio, perché non parla solo di calcio, perché c’è Melissa Satta. Tutti lo guardano, se lo ricordano, lo citano. E ci vanno, anche: Domenico Quirico, per dire, il giornalista della Stampa che è stato sequestrato in Siria, da Pardo ha fatto una cosa bella e sincera, cioè è andato lì e ha detto che durante i mesi di prigionia a lui mancavano tanto le sue corse (Quirico è appassionato di atletica leggera) e i risultati del suo Milan. Così, senza fronzoli, un bel servizio che non era venuto in mente a nessuno e invece Pardo e i suoi l’hanno fatto. C’è andata e ci va spesso Cristiana Capotondi che sembra così carina, così composta, e invece è una matta per la Roma. E soprattutto – uno dei pochissimi programmi di Mediaset, fa notare il conduttore, oltre alla famosa comparsata dalla De Filippi col giubbino e un’altra cosa da Del Debbio – c’è andato Renzi.
Su Pardo e Renzi però bisogna fare tutto un discorso. Intanto perché Tiki Taka è un programma renziano in sé: è post ideologico (nessuno si sognerebbe mai di dire a Pardo, che a Cologno c’è arrivato dopo anni a Sky, che è asservito: basti pensare a certi titoli, “sprofondo rossonero”, che è un po’ come se a Mattino Cinque se ne uscissero con “Forza Italia de che” sul megaschermo), è innovativo (più linguaggi insieme: lo scrittore come Michele Dalai che parla di calcio, o l’inviato mandato allo stadio di Olbia dopo l’alluvione), ed è anagraficamente evoluto (è vero, ogni tanto Liguori tocca prenderselo e Mughini è Tutankhamon ma funziona, però la media è vicina di solito ai 30-40, tanto che ci hanno portato pure Emis Killa. E Pardo, tra l’altro, ha solo un anno più di Renzi).
E poi, l’altro motivo che accomuna il Tiki Taka di Pardo alla rottamazione di quell’altro è nella storia del primo, che ditemi voi se non vi ricorda quella di un certo partito.

Allora, sempre se fate parte degli sparecchiatori da salotto durante le partite con gli amici, va fatta una piccola digressione sulle telecronache sportive. In principio c’erano i padri nobili: Nicolò Carosio (baffetti ed eloquio da ventennio: «scatto.. scatto..rete!»), Nando Martellini (quello del mundial del 1982, «campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo!» con Pertini in tribuna) e Bruno Pizzul (gran signore, parlata ricercata, uno che quando Roberto Baggio ha tirato in cielo il rigore nella notte maledetta di Pasadena nel 1994 ha commentato dicendo solo «alto! Il campionato del mondo è finito, lo vince il Brasile»). Poi, fate sempre caso alle concidenze tra storia delle telecronache sportive e storia di quel partito là, finito il tempo dei padri nobili i commentatori più recenti della tv pubblica – sostengono molti detrattori – hanno preso a perdere un po’ di smalto: cioè, bravi sono bravi, preparati sono preparati, ma hanno cominciato a faticare, a non stare più tanto al passo. Soprattutto al passo dei nuovi, di quelli di Sky, che invece avevano tutta un’altra immagine, che ti facevano venire un infarto ad ogni calcio d’angolo, che sembravano venuti da un altro pianeta. Tra loro il più famoso è Fabio Caressa (per gli sparecchiatori: Caressa è il marito di Benedetta Parodi, quello che c’è sempre nelle puntate di inizio serie con i figli), uno che se ci fosse stato lui a commentare a Pasadena minimo tirava una bestemmia, giusto per far capire le differenze. La rottamazione conclamata possiamo dire sia avvenuta ai mondiali del 2006, dove di Caressa che ha commentato la finale si ricordano tutti, mentre i telecronisti della Rai, sostengono molti detrattori, che pure sono stati visti da milioni e milioni di spettatori in più, avevano quell’aria da “non abbiamo vinto anche se siamo arrivati primi”.
Insieme a Caressa e a quelli di Sky, ai rottamatori delle telecronache, c’era, appunto, Pardo. «Renzi a me piace, sì, possiamo dire così, nel complesso» spiega il giornalista in una sera romana, «ma io l’ho invitato soprattutto perché lui secondo me è uno da Tiki Taka, uno che ha ritmo». Pardo è stato spesso anche a Vedrò: «Certo, con piacere. Ma chi è che non è stato a Vedrò?». «Bersani? Bersani, sì, è una brava persona, ma..».
Pardo è romano, figlio unico, liceo Avogadro, tra gli scientifici migliori della capitale, frequentato dai figli della borghesia dei quartieri Salario e Trieste (lui infatti abitava lì), zona tradizionalmente nera, «ma io no, io ero un pacioccone, mamma di sinistra e padre di destra, ero tranquillo» e anche fuori da uno studio è quello che sembra: il compagno di scuola che tutti vorrebbero avere, quello che fa partire il coro da in fondo al pullman. È un fenomeno nelle imitazioni: «Ah, sì, quelle le faccio da sempre, a scuola, nel lavoro». Capello, Mourinho, e anche se gli chiedi di Brachino, il suo direttore, lui prima te lo elogia, sinceramente: «È bravissimo, si fida di me, di noi» e poi subito lo imita (benissimo). È amico storico di Antonio Cassano, con lui ha scritto best seller, si sentono, «tutti i giorni, ancora adesso: lui mi chiama, ci consigliamo: (lo imita) si fatt na cazzat». Alla tv dice di amare Gazebo, Le Iene e anche Masterpiece.
Pardo ha iniziato in pubblicità, era marketing assistant brand manager alla Procter and Gamble «ma facevo già le telecronache la domenica, collaboravo con Telepiù, ero un po’ anomalo, ma di quel periodo ho buoni ricordi, avevo due capi, uno dei quali ci invitava ad osare, sono insegnamenti che mi sono rimasti», poi è decollata la carriera: bordo campo, le telecronache.
È un discepolo di Sandro Piccinini, che definisce «il primo telecronista moderno» (per gli sparecchiatori: Piccinini è quello per cui tutto è “incredibileee!”, che mentre voi vi state dirigendo in cucina con in mano una pila di piatti vi viene un colpo perché dalla tv gridano: “sciabolataaa!” che uno pensa che cazzo mai sarà successo, e mentre voi riprendete l’equilibrio e quello il fiato, subito dopo grida ancora più forte: “non vaa!”. Ecco, quello è Piccinini). Nel 2006 seguiva l’Inghilterra: «Ah, l’Inghilterra, ci sono stato anche in Erasmus, che ricordi..io amo il brit pop. Su “Wonderwall” ci ho fatto certe sere.» (non ha detto proprio sere, ma poi ha riso, e chissà). Poi la notorietà crescente, la chiamata a Mediaset (elegantemente non fa polemiche con Sky: «Ho ancora tanti amici, cose normali che avvengono in un percorso professionale»), i primi programmi, poi quest’anno il boom di Tiki Taka. «Ma sai una cosa? Io rimpiango certe trasferte, certi posticipi di B a Crotone». e lì capisci che quel mondo gli appartiene, è il suo: la trasferta, i colleghi, la convivialità bella, la vita goduta.
Questa visione torna in Tiki Taka, che – come sempre avviene in tv – è un programma che ha successo perché assomiglia al suo conduttore e non viceversa. A Tiki Taka Pardo fa Pardo: mischia i registri (come, con le dovute differenze, prima aveva provato a fare solo quella chicca che era Lo sciagurato Egidio di Giorgio Porrà), invita i (giovani) giornalisti star di Twitter ma si tiene Mughini, ha seduta fissa Melissa Satta che commenta anche lei e non sta a fare la statuina, e insieme anche gli opinionisti senatori e rassicuranti: il tutto, però, cucito addosso a lui, al suo stile, e quindi al programma. E, come si dice, funziona, visto che la media share è a doppia cifra, sul 10%.
Prendi Mughini: come quelli del Terzo Segreto di Satira con Cuperlo ti verrebbe da dire: “ma come, Mughini?”. Teniamo conto che i suo «aborrrooo» e le liti con il leggendario avvocato Prisco risalgono alla fine degli anni ’90, quindi a quindici anni fa. Invece Mughini gira, perchè Pardo non lo fa solo “esibire”, come altri, ma lo chiama in causa, lo rende parte del programma.
Così tutto il resto: le interviste, che intelligentemente si discostano dall’ “abbiamo-fiducia-nel-mister-e-nella-società-ora-serve-il-massimo-impegno”, e anche gli ospiti: il dj Ringo tifoso del Milan, Pieraccioni, e molti altri che vanno lì e si divertono, si rilassano, allontanando l’odioso effetto marchetta. Rocco Papaleo gli ha proprio detto: «Senti, ma non mandarla neanche la pillola del film». Tiki Taka amalgama gli ingredienti, li rende funzionali: persino Andrea Scanzi per un attimo si dimentica di Gasparri e parla solo di pallone (a Scanzi, che tra l’altro ha scritto un bel libro su Van Basten con prefazione di Mura, un giorno bisognerebbe chiedere conto anche di certe sue trasferte sportive di gioventù per il Manifesto).
Poi c’è Parpiglia, Gabriele Parpiglia. Un altro da “ma come, Parpiglia?”, uno che i suoi bei casini li ha fatti e li ha avuti. E invece Parpiglia è perfetto: intanto perchè fa una cosa che troppo spesso, nel calcio, si dimentica: cioè avere le notizie prima degli altri. E poi perchè te le racconta in un modo diverso, anche qui pardiano, e staresti lì mezzora sul divano a farti dettagliare la storia di Wanda Nara e Icardi (per gli sparecchiatori: lei è una bellona che stava con un altro calciatore, anche lui argentino. Poi hanno rotto a colpi di tweet ed è arrivato Icardi, e, stando a quanto scrivono sempre sui social network, trombano come conigli. Fine della storia). «Pardo – dice Parpiglia – è genio e sregolatezza come Balo ma innovatore come mister Garcia», che sono il calciatore più forte d’Italia e il miglior allenatore su piazza.
«Sai – dice ancora Pardo – io penso sia giusto parlare a tutti, allargare, perché è più facile piacere ai soliti cinque spettatori di riferimento che sai già chi sono. Io in tutto questo ci sono inciampato, all’inizio non pensavo di condurre un programma».
Per farlo diventare serio basta chiedergli per che squadra tifa: negherà sempre, negherà tutto, anche se – basta guardare le ricerche correlate di google – in tanti si sono fatti la stessa idea. È un romano che vive bene a Milano anche se ama Genova.
«Mi raccomando, questa cosa della noia è centrale per me», dice mentre si congeda. Non a caso, cari sparecchiatori, Tiki Taka vuol dire, più o meno, proprio quello: quando il pallone gira di continuo, quando non sta mai fermo. Sennò c’è un rischio: annoiarsi.