Diodato Pirone, il Messaggero 19/12/2013, 19 dicembre 2013
FORNERO: SUL LAVORO NIENTE PROCLAMI PER LA RIVOLUZIONE SERVE IL CACCIAVITE
L’INTERVISTA
ROMA Elsa Fornero, docente universitaria, piemontese, è stata ministro del Lavoro del governo Monti e in sei mesi, fra la fine 2011 e l’estate del 2012, ha firmato due riforme strategiche: quella delle pensioni e quella del lavoro. Anche i suoi numerosi (e spesso feroci) detrattori le riconoscono un dato di fatto: aver cambiato leggi e tentato di cambiare abitudini, magari sbagliando, in un Paese adagiato su un piano inclinato.
Professoressa Fornero, dopo l’arrivo di Matteo Renzi sulla scena nazionale si sta delineando una nuova ondata di riforme a partire proprio dal lavoro. Lei che ne pensa?
«Io penso che l’innovazione sia necessaria e credo di averlo dimostrato con quanto ho fatto».
Dunque lei è favorevole alla riforma cui già stanno lavorando i collaboratori di Renzi?
«Bisogna intendersi sul significato di riforma. In Italia si pensa che basti scrivere una norma e poi, come per miracolo, tutto cambia. Non è così».
Si spieghi meglio.
«Per chi vuole riformare sarebbe serio, lo dico da studiosa, guardare con molto scrupolo a quello che è stato fatto finora, allo scopo di modificare in meglio le cose che non hanno funzionato».
Ma dalle parti di Renzi si fa capire di volere una riforma di grande portata: codice unico delle leggi sul lavoro; contratto unico; niente più articolo 18 per i neoassunti, e così via. Una rivoluzione. Lei invece sarebbe per usare il cacciavite.
«Io dico, senza voler consigliare nessuno, che serve l’innovazione unita al cacciavite».
Esempio?
«L’abolizione dell’articolo 18 non ha molto senso. Inutile rinfocolare barricate ideologiche per la sua difesa o per la sua abolizione. Lo abbiamo riformato l’anno scorso in mezzo a enormi incomprensioni. Oggi impedisce solo, giustamente, che le aziende licenzino persone per discriminazioni, magari perché gay o iscritte a un sindacato».
Insomma, lei lancia un messaggio di cautela.
«Non ho messaggi da lanciare, dico che ben vengano le novità purché mirate e che facciano fare passi avanti. Ad esempio l’idea della semplificazione delle norme sul lavoro è ottima. Noi non avemmo il tempo di farla perché preferimmo far approvare la riforma prima dell’estate per evitare che si arenasse. Ciò detto, lo schieramento riformatore dovrebbe essere consapevole che non basta varare la Riforma con la ”R” maiuscola, bisogna che venga ”capita” e applicata da tutti i protagonisti: regioni, scuola, imprese, sindacati».
Faccia un altro esempio.
«Ho ricevuto molte critiche per le complessità delle norme sull’apprendistato. Bene, tempo fa incontrai un meccanico titolare di un’officina che mi disse: ”Ora per legge devo dare un camice bianco a ogni ragazzo che assumo”. Una norma assurda. Che però non è scritta nella riforma votata in Parlamento, ma in qualche regolamento applicativo locale. Questo è il vero rischio che corre chi vuole riformare: grandi disegni che non superano mille piccoli ostacoli».
Come ”aggirare” questi ostacoli?
«Partire dalle cose che servono veramente e cambiare il comportamento di tutta la filiera del lavoro, dalle regole locali, alle scuole che diffidano delle imprese, agli imprenditori e ai sindacati che talvolta cercano scorciatoie a carico della collettività. Sa perché ho insistito per abolire la Cassa Integrazione in deroga dal 2017?».
Perché?
«Mi telefonava l’assessore di turno: ministro, trovi le risorse per questi lavoratori. Già, ma così accade che ci sono casi di dipendenti in ”cassa” da 7/8, addirittura 20 anni e magari lavorano in nero. Uno spreco sociale inaccettabile».
Come impedirlo?
«La vera riforma è il cambiamento del comportamento di tutti. Ha notato che in giro si sentono meno casi di dimissioni in bianco fatte firmare alle lavoratrici? Accade perché la riforma del 2012 ha introdotto norme chiare e civili alle quali sia le aziende che le lavoratrici si attengono. In alcune province il mercato del lavoro italiano comincia a funzionare bene, qua e là i servizi per l’impiego funzionano. Con perseveranza, questi esempi possono estendersi. Le classi dirigenti locali devono smetterla di chiedere soldi a Roma e imparare a far incontrare domanda e offerta del lavoro con un’opera certosina e quotidiana».
Come?
«Esistono professionisti dei mercati finanziari. Perché sul territorio non possono prosperare professionisti del mercato del lavoro?».
Ma se Renzi le chiedesse una mano lei cosa risponderebbe?
«Ho già dato facendo la riforma».
Diodato Pirone