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 2013  dicembre 19 Giovedì calendario

SORGENIA A DIETA PER RISANARSI


È partito ieri il cantiere della ristrutturazione del debito (1,7 miliardi) di Sorgenia. La società energetica del gruppo Cir (52,9%) e partecipata dall’austriaca Verbund (46%) ha presentato alle banche creditrici (una ventina tra cui Mps, Intesa, Unicredit, Mediobanca, Bpm, Ubi, Banco Popolare, Carige, Cariparma, Pop Etruria e altre) al contempo una richiesta di moratoria e lo stand still sull’esposizione fino all’1 luglio 2014. In cambio l’azienda guidata da Andrea Mangoni (ex Acea, arrivato nei mesi scorsi al posto del dirigente che ha guidato il business fin dal suo avvio, Massimo Orlandi), come indicato nel business plan fino al 2020, è pronta a cedere asset nelle rinnovabili in Italia (112 megawatt di eolico oltre al fotovoltaico) ed esteri. Per quest’ultimo caso si tratta della partecipazione del 50% della jv transalpina con il fondo Kkr per gli impianti eolici da 174 mw e i progetti autorizzati in Romania. In vendita anche l’attività di E&P (esplorazione e produzione di idrocarburi). C’è poi da razionalizzare la struttura organizzativa, rinegozionare il contratto di fornitura del gas naturale e «concentrarsi sullo sviluppo commerciale del mercato corporate» e sulla generazione elettrica dei quattro impianti a ciclo combinato. Con l’obiettivo di tagliare i costi già dal prossimo anno del 20%. A fronte di queste interventi, però, Sorgenia «non prevede nel breve e medio periodo una ripresa della propria redditività operativa». In particolare, nel triennio 2014-2016, la società conta di raggiungere ogni anno un ebitda di 110-120 milioni, «in linea con quello operativo conseguito negli ultimi anni».
Nella nota diffusa ieri dal gruppo energetico invece non si parla al momento di intervento di natura economico. Mentre gli azionisti hanno posizioni differenti: Cir (che al 30 settembre a livello di capogruppo ha una liquidità di 400 milioni) sarebbe pronta a fare la propria parte con iniezione di liquidità a patto che l’alleato Verbund faccia altrettanto. Ma gli austriaci non sembrano per ora disponibili a investire altri capitali. Dal canto loro le banche dovrebbero essere pronte a rinunciare ad almeno 600 milioni di crediti. Un’asticella ritenuta molto alta - non è escluso che poi si cerchi una forma di coinvolgimento nel capitale di Sorgenia - anche perché ci sono diverse posizioni tra i tanti istituti esposti. La posizione più delicata è quella di Mps (socio all’1,2% del gruppo) che ha oltre 600 milioni crediti e che trovandosi in una situazione alquanto delicata farebbe fatica ad accollarsi troppo debito sui propri bilanci. Detto ciò, ci vorranno 4-6 mesi per definire il tutto.