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 2013  dicembre 19 Giovedì calendario

PERISCOPIO


I politici parlano di «riforme» ma fingono di non capire che lo stato italiano è fin qui risultato irriformabile e che di tale irriformabilità c’è ormai generale consapevolezza. Angelo Panebianco. Corsera.

Letta - Non ho mai visto uno tanto felice di essere premier. Jena. La Stampa.

I giornalisti? È ufficiale, hanno rotto i coglioni. E dal prossimo appuntamento della Lega chi dimostra obiettività morale, entra. Gli altri possono uscire a calci in culo. Matteo Salvini, neosegretario della Lega. Corsera.

Per tanti dei ministri del governo Letta entrare a Palazzo Chigi è come beccare il 40 sulla ruota di Napoli. Una cosa che ti capita una volta ogni cinquant’anni. Clemente Mastella, Fi. Il Fatto quotidiano.

Il mio sogno è sempre stato quello di entrare nei quadri provinciali della Dc degli anni Ottanta. Ora posso esultare: siamo riusciti a scardinare il sistema comunista mettendo un nostro uomo, il dc Renzi. W Renzi, W il debito pubblico, W lo sforamento di bilancio al 50%. No all’area Euro, no all’Ucraina (anzi, sì) nella Ue, Gabriele Albertini forever. Maurizio Milani. Il Foglio.

La principale ragione per cui è necessario che lo stato esca dal capitale delle aziende è creare le condizioni per la crescita e rimuovere quel freno alla concorrenza, implicito e talora esplicito, che deriva da un settore pubblico contemporaneamente arbitro e giocatore. Carlo Stagnaro. Istituto Bruno Leoni.

Il popolo italiano nutre sfiducia nelle istituzioni, nella magistratura, nei santi protettori. Vive d’invettive, muore di rancori e di paure e ribattezza la sua depressione col nome della pacificazione. La guerra civile forse è cessata. Ma è perché non si fronteggiano due fazioni, ciascuno ha la sua guerra personale. L’Italia avrebbe urgenza di un Nuovo Inizio e intanto si crogiola nella fine, che non finisce mai. Non riesce a trovare sbocchi e spiragli per ricominciare. La tregua dà respiro, ma non si va oltre i sospiri. Marcello Veneziani. Il Giornale.

Sedere è potere. Marcello Marchesi.

Il Pd ripropone la vecchia «unione dei riformismi», tenere insieme tutti, da Fassina a Letta, da Vendola a Ceccanti. E se non bastano i numeri, a urne chiuse si può imbarcare anche Casini. Io non so se Renzi sia la risposta, so che non lo era e non lo è stato Bersani. Franco Debenedetti. Tempi.

In Italia tutte le rivoluzioni cominciano in strada e finiscono a tavola. Leo Longanesi.

Il mio staff è composto tutto da donne, perché sanno giudicare meglio le persone, perché imparo da loro, perché sanno ammorbidire le tensioni in un gruppo. Ogni donna è una civiltà a sé, i maschi sono più o meno simili tra di loro. La democrazia non è solo il diritto all’eguaglianza, è avere eguale diritto a essere diversi. Nessuno deve permettersi di degradare una donna. Shimon Peres, presidente di Israele. Corsera.

La Cina è un problema di soft power (potere soffice, ndr), essa ha una gran brutta reputazione nel mondo. Il mondo non sa più che cosa pensa la Cina. Improvvisamente noi non siamo amati, siamo troppo difficili da capire. La civiltà cinese è la meno spirituale nel mondo, è una civiltà molto materialista, mentre il cristianesimo offre speranza per l’avvenire. Mark Leonard, What Does China Think (Cosa pensa la Cina, ndr). Plon.

L’ultimo libro di Michel-Antoine Burnier dal titolo Il est midi dans le siècle (Robert Laffont, febbraio 2013) è un uchronia. In esso infatti si narra la storia che si sarebbe sviluppata se il treno blindato che portava Lenin dalla Svizzera a Mosca, fosse deragliato in Germania per colpa di uno scambiatore ubriaco. Le Monde.

Il mercato dell’arte di oggi assomiglia alle gelide operazioni finanziarie con mercanti che speculano come agenti di Borsa. Gianfranco Baruchello. il venerdì.

Da quando gli uomini non credono più in Dio, essi credono in qualsiasi cosa. G.K. Chesterton.

Se una persona ritenuta autorevole annunciasse una imminente penuria di benzina, gli automobilisti prenderebbero subito d’assalto le pompe di benzina. E, due giorni più tardi, le riserve si esaurirebbero. È, questo, il principio delle previsioni che si autorealizzano. Esse impressionano la gente che modifica i suoi comportamenti. Paul-Henri du Limbert. Le Figaro.

Viviamo tra un esagerato numero di sedicenti artisti! Una volta erano cento, ora sono decine di migliaia e tutti sperano di diventare star, ricchi e famosi come i calciatori. Non funziona. Lea Vergine. L’Espresso.

In quel momento Serafino Belmonte comincia a urlare come un animale straziato, Colussi gli va vicino, cercando di calmarlo. È uno spettacolo orribile. Il vecchio ha le vene del collo tese come se stessero per lacerarsi e la bocca protesa, il volto dai colori violacei e blu come un quadro di Francis Bacon. Gli si sono spalancate le cateratte dell’anima. Un fiotto di lacrime gli esce dagli occhi, è incredibile che una testa così piccola possa contenere tante lacrime. Comincia a battersi il petto con i pugni e la cassa toracica scricchiola. Domenico Campana, Pietà per le belle. Mondadori.

Verso le dieci le onde si erano fatte alte e rabbiose, con tutto il cielo che era per larghi pezzi sereno. La nave traballava, scricchiolava. A poppa, come un esiliato, guardavo l’isola allontanarsi, in un velo di vapori viola. Ogni tanto mi arrivava in faccia una spruzzata d’acqua amara. Nantas Salvalaggio, Un uomo di carta. Rizzoli.

Adriano levò dallo zaino una scatola di marmellata e un pezzo di parmigiano di un paio di chili. «L’ho presa in un magazzino, questa roba» disse «mangia». Con la baionetta cercai di rompere il formaggio per staccarne un pezzo e restituirgli l’altro. Ma dopo essermi levati i guanti sentii un dolore impensabile straziarmi le mani e non fui capace di tagliarlo. Le mani non seguivano il cervello e le guardavo come cose non mie, e mi venne da piangere per queste povere mani. Mi misi a sbatterle forte una contro l’altra, sulle ginocchia, sulla neve; e non sentivo la carne, non le ossa; erano come pezzi di corteccia d’un albero, come suole di scarpe; finché non le sentii a poco a poco tornare mie queste mani che adesso scrivono. Quante cose può ricordarmi il mio corpo. Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve. Einaudi

Si è scontenti più per la mancanza del superfluo che del necessario. Roberto Gervaso. Il Messaggero.