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 2013  dicembre 19 Giovedì calendario

LE FUGHE E IL PASTICCIO DELL’ASSASSINO RITENUTO RAPINATORE


È scappato com’era scappato nel 1990, nel 1991, nel 1994... Con una pistola, forse vera forse giocattolo, recuperata chissà dove e da chi: proprio come gli capitò con la Smith&Wesson che s’era procurato per la prima evasione, quella che non si scorda mai e che al casellario, evidentemente, qualcuno s’era dimenticato. Come fece con la Beretta 7,85 che riuscì a rubare a un vigile di Aversa, quando fuggì in pigiama dalla clinica per i pazzi criminali. O come la Walter Pkk 7,65 che usò un’altra volta, scorrazzando poi su e giù per la Liguria... È fuggito su una macchina rubata, la Panda verde, modello aggiornato della 128 bianca che usò per esordire nel mondo delle primule rosse, o del Ford Transit che sequestrò assieme ad alcuni studenti per terrorizzare il centro di Savona e sparare pure sui poliziotti. È volato nella latitanza inseguito dalle stesse parole che i giornali già gli dedicarono nei suoi tempi ruggenti: «Clamorosa evasione» ( Corriere Mercantile ), «l’evaso più ricercato d’Italia» ( Corriere della Sera ), «se lo ricordano bene i genovesi, Bartolomeo Gagliano, ricordano il clima assurdo di tensione e di terrore che la città ha vissuto...» ( Secolo XIX , anno 1991).
E come potevamo noi sapere, dice adesso il direttore del carcere di Marassi, Salvatore Mazzeo, e forse all’Hotel Rouge, il nome che la vecchia mala genovese dava alla prigione, certe cose era l’unico a ignorarle. «Noi sapevamo. E appena abbiamo letto la notizia della fuga di Gagliano, abbiamo diramato l’ordine d’allerta, perché non si sa mai...», confida un anonimo ispettore che l’ha conosciuto bene al manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, dove il re delle evasioni rimase otto anni e fuggì proprio l’ottavo anno, pochi mesi prima d’uscire: «Lo sanno tutti che è uno pericoloso. Uno che ti frega. Sembra tranquillo e invece, tac, ti frega... Noi lo lasciavamo giocare a calcio, aveva già la passione delle panetterie e ci chiedeva d’imparare a impastare, intanto diventava amico di Ciccio Sedda e organizzava con lui come fuggire. Gli facevamo fare anche il sopravvitto, la spesa per gli altri detenuti, che è una cosa permessa solo a quelli di cui ci si fida. Una volta, mi ricordo, l’hanno fatto andare perfino a ballare in discoteca. Ha conosciuto una ragazza, Sabrina, ci si è fidanzato. E poi le ha sparato in bocca».
Lo sapevano tutti che il «mostro di san Valentino», dentro e fuori galera dal 1989, sei fughe in totale, era da tener d’occhio. Lo sapevano tutti ma non a Marassi. Tre omicidi consumati, due tentati omicidi, rapine, lesioni, aggressioni, porto abusivo d’armi, danneggiamenti, turbe sessuali «che talvolta lo rendono incontrollabile» (dissero gli psichiatri), l’ossessione d’essere ammalato di Aids che lo spingeva a uccidere «le prostitute che me l’hanno attaccata»: eppure, dal suo fascicolo, tanto curriculum non risultava. Era entrato in cella provocando risse fra detenuti, aggredendo agenti, «una volta durante un interrogatorio s’alzò, prese l’attaccapanni e la scagliò contro la vetrina d’un armadio della sala colloqui» (testimonianza del pm Alberto Landolfi, che l’arrestò e ora è incaricato di ritrovarlo), eppure a Marassi dicono che «non ci aspettavamo facesse questa fesseria, negli ultimi tempi il suo atteggiamento era molto migliorato». Il direttore Mazzeo mostra le carte, spiega che danno ragione a chi ha concesso il permesso premio: «Per noi era solo un rapinatore. Non sapevamo i dettagli di tutto quel che ha fatto. Gagliano è venuto qui dall’ospedale psichiatrico giudiziario, l’avevano giudicato totalmente infermo di mente e perciò, sulla sua scheda, è normale che nulla risulti a proposito degli omicidi commessi...». Il buonsenso, però, inchioda chi ha preso la decisione di far girare le porte dell’Hotel Rouge: «Si tratta d’un episodio gravissimo che richiede un accertamento molto rigoroso — avverte Annamaria Cancellieri, il ministro della Giustizia —. Faremo chiarezza e individueremo eventuali responsabilità».
La fuga sembra lo spot perfetto di chi si preoccupa del braccialetto elettronico o dell’indultino in arrivo: «Guardi — chiarisce Mazzeo —, fosse per me, in questo Paese non ci vorrebbe solo un indultino: ci vorrebbe proprio una grande amnistia. Le carceri scoppiano. E chi adesso se la prende con la legge Gozzini, coi cosiddetti permessi facili, non sa che questa legge in realtà è ottima: solo lo 0,5% dei detenuti non rientra». Ma Gagliano... «Non è il folle che sembra, mi creda. Non è totalmente infermo di mente. E non è nemmeno pericoloso. È solo uno che ha fatto un colpo di testa. Aveva buona condotta, gli avevamo già dato un permesso, con l’indulto sarebbe uscito forse già a gennaio. La legge ci dice di valutare l’attendibilità del detenuto e lui era attendibile: se non diamo il permesso a uno così, a chi lo dobbiamo dare?».
Francesco Battistini