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 2013  dicembre 19 Giovedì calendario

ADDIO A BIGGS, LA “CANAGLIA” CHE SBANCÒ IL TRENO NEL ’63


Era un maestro dell’attimo fuggente, sempre capace di svignarsela al momento giusto. E Ronnie Biggs, artefice della “Great Train Robbery” (“Grande rapina al treno”), come viene ancora ricordata in Gran Bretagna, quasi fosse un’impresa militare o sportiva, ha colto l’attimo anche per la sua fuga definitiva: se n’è andato ieri, a 84 anni, non solo nell’anno del cinquantesimo anniversario della sua rapina ma proprio nel giorno in cui la Bbc mandava in onda un film rievocativo. C’è quasi da immaginarselo nell’aldilà, che strizza l’occhio e alza due dita in segno di vittoria — come fece nel marzo scorso, sua ultima apparizione pubblica, ai funerali di uno dei suoi complici, Bruce Reynolds. Era in sedia a rotelle, parlava per segni e scrivendo su un foglietto, ma aveva ancora l’aria della “simpatica canaglia”, l’etichetta che cinema, libri e media gli hanno appiccicato addosso per mezzo secolo.
Sembrava davvero un rapinatore da film, quando giornali e tivù lo andavano a intervistare in Brasile, sulla spiaggia di Copacabana: abbronzato, irriverente, autoironico. A limitare la simpatia nei suoi confronti ci ha pensato il sindacato ferrovieri, ricordando che l’autista del treno, colpito in testa con una sbarra di ferro dalla banda, non recuperò mai dalle contusioni riportate, smise di lavorare e morì sette anni più tardi. «A lui e alla sua famiglia vanno il mio pensiero e il mio rincrescimento, vorrei poter riportare indietro il tempo ed evitare il male che gli abbiamo fatto, ma purtroppo non è possibile», ripeteva Biggs a ogni occasione. Ma era, sottolineava subito dopo, il suo «unico rammarico». Della rapina andava orgoglioso: un colpo audace, quasi incruento rispetto alla criminalità odierna, per derubare il treno postale Glasgow-Londra di 2 milioni e 600mila sterline. Era l’8 agosto 1963. Al valore attuale sarebbero state 40 milioni di sterline — circa 50 milioni di euro. Una bella sommetta. Ronnie sosteneva di essere riuscito a intascarne solo una piccola parte, meno di 150mila sterline (pur sempre 3 milioni di euro in soldi di oggi): «In tre anni li avevo completamente sperperati », ricordava nella sua autobiografia, e sembrava orgoglioso anche dello sperpero.
Fu catturato e chiuso in prigione, a Londra, nello stesso carcere di Oscar Wilde (e, in epoca più recente, di Julian Assange). Cogliendo il proverbiale attimo fuggente, evase dalla tetra galera. In Brasile diede un’intervista al Daily Express, non sospettando che il giornalista si sarebbe portato dietro gli agenti di Scotland Yard, che lo riarrestarono: ma il governo brasiliano non concesse l’estradizione, perché Biggs aveva avuto un figlio da una giovane brasiliana e poteva quindi pretendere di restare vicino alla sua nuova famiglia. Si rifece i lineamenti con la chirurgia estetica. Finiti i proventi della rapina al treno, visse del proprio nome, dando interviste, scrivendo le sue memorie (Odd Man Out), collaborando con i film e telefilm sulla “Great Train Robbery”. Poi nel 2001, vecchio e malato, rientrò volontariamente in patria per farsi curare. Lo curarono, ma in carcere, a dispetto dell’età. Il ministro della Giustizia (all’epoca il laburista Jack Straw) gli rifiutò più volte il rilascio per ragioni di salute e d’età, affermando che poteva ancora “intraprendere attività criminali”. È uscito di prigione solo nel 2009, malato di polmonite, in sedia a rotelle, incapacitato a parlare. Ma non a sorridere a divertirsi, ancora un poco, andando allo stadio a vedere Scozia-Brasile e pubblicando una versione aggiornata della sua autobiografia. Ha fatto in tempo a presenziare alle celebrazioni, come altro definirle, per il cinquantesimo anniversario della rapina: un diluvio di interviste, libri, documen-tari, fino al film televisivo in due puntate che la Bbc ha appunto cominciato a mandare in onda ieri sera. Per Natale si può perfino comprare un gioco di società a quiz in cui i concorrenti si sfidano a rispondere a tutte le domande possibili sulla “grande rapina al treno”, da quale famoso calciatore cenò con Biggs a Rio de Janeiro (Bobby Moore, il capitano dell’Inghilterra che vinse i Mondiali nel 1966) a dove si rifece il viso (una clinica di Parigi). Viveva in un ospizio, ma di lusso, con figli, parenti e amici sempre vicini. In fondo aveva pagato i frutti della “rapina del secolo” con solo qualche anno di prigione, restando latitante a fare la bella vita in Brasile per tre decenni. Era un rapinatore, ma apparteneva a un mondo criminale che non c’è più. Quello che esiste adesso fa molta più paura. Anche per questo verrà sempre ricordato come una “simpatica canaglia”.