Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 19 Giovedì calendario

ADDIO A RONNIE BIGGS, L’UOMO DELLA GRANDE RAPINA AL TRENO


Ronnie Biggs, un altro protagonista della «grande rapina al treno» se n’è andato a 84 anni. Ma quanti ricordano ancora il leggendario assalto al treno postale Glasgow-Londra del 1963, «the Great Train Robbery», da cui presero vita libri, documentari e film? Un colpo ancora in bianco e nero, dove i delinquenti (che comunque spaccarono la testa al conducente con una barra di ferro) non avevano armi da fuoco e conservavano una pur immeritata patina di romanticismo, come i gangster di Jean Gabin.
Biggs era uno dei volti più popolari della gang più che altro per la sua fuga dalla prigione e la lunga latitanza. Scappò per oltre trent’anni in vari continenti e nel 2001 si consegnò alla polizia inglese, un po’ perché era molto malato, un po’ per la nostalgia «di entrare in un pub di Margate e ordinare una pinta di birra rossa».
La mente della rapina fu probabilmente Bruce Reynolds, (altri giurano invece Gordon Goody) morto alla fine di febbraio dello scorso anno: cinque anni in fuga, una condanna a 25 anni, nove anni di carcere, una autobiografia di successo e un commercio di anfetamina. Reynold preparò la rapina come un’operazione militare, con 15 persone nel team e una serie di collaboratori e informatori. Il colpo avvenne l’8 agosto del 1963 e fruttò 2.631.684 di sterline in banconote, più di 40 milioni al valore di oggi. La maggior parte del denaro non fu mai recuperata, così come non tutti i partecipanti furono identificati: «Ulsterman» ad esempio, l’uomo che diede l’imbeccata, non ebbe mai un volto.
Il convoglio della Royal Mail stava attraversando il verde Buckinghamshire quando i banditi lo fermarono con segnale rosso all’altezza di Cheddington. Il ruolo di Ronnie Biggs diventava cruciale in quel momento: toccava a lui trovare un macchinista esperto che guidasse il treno fino al vicino ponte, da dove si potevano agevolmente gettare i sacchi con le banconote sui camion di sotto.
Lui aveva portato un amico suo, un vecchio macchinista in pensione, che quando si trovò davanti la nuova motrice Brc 40 scosse la testa e disse: «Sta roba non la so guidare». I due furono spediti poco gloriosamente nelle retrovie. Un membro della banda che, nella prima versione del piano doveva occuparsi della motrice, portò il convoglio fino al ponte.
La polizia trovò dopo pochi giorni la fattoria dove la banda aveva subito portato il denaro. Dopo qualche tempo arrivarono i primi arresti (molti della gang pur ammettendo la colpevolezza, dissero in seguito che le prove erano state fabbricate). Ronnie Biggs, definito dal giudice un «pericoloso mentitore», si beccò 30 anni ma dopo soli 15 mesi riuscì a fuggire dal carcere di Wandsworth scalando un muro di nove metri e saltando su un camion che trasportava mobili. Qualche mese prima di lui era scappato, aiutato da tre uomini, il più pericoloso della banda, Charlie Wilson: non fu più catturato. Coinvolto in traffici illegali, fu ucciso da un sicario in bicicletta nel 1990 a Marbella in Spagna.
Scappato di prigione, Biggs andò a Parigi dove un chirurgo plastico gli rifece il volto per 40 mila sterline. Con una nuova identità ricominciò una vita in Australia con moglie e figli. Appena la polizia lo individuò si trasferì in Brasile. Come molti fuggitivi si ritrovò vecchio e, dopo una vita esagerata, senza soldi. Col Brasile non c’era accordo di estradizione e in più Biggs aveva sposato una brasiliana da cui aveva avuto un figlio. Alla fine tornò in patria volontariamente, a farsi curare ma probabilmente per nostalgia. Non si pentì mai, tranne del fatto che il macchinista avesse rimediato una botta in testa che lo segnò per la vita.