Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 19 Giovedì calendario

IGNORAVAMO I PRECEDENTI PER NOI ERA UN RAPINATORE


«E’ la prassi, il fascicolo in nostro possesso riguarda solo la pena che il detenuto deve scontare qui nel carcere di Marassi. Non sapevamo nulla degli omicidi». Salvatore Mazzeo è il direttore della Casa circondariale di Marassi, dove dal 16 agosto 2006 era rinchiuso Bartolomeo Gagliano.
Possibile che il suo passato carcerario fosse sconosciuto?
«I fatti di trent’anni fa non sono riportati. Lo stesso provvedimento del magistrato di sorveglianza che ha concesso i tre permessi, anche un altro di due giorni per il prossimo Natale, fa riferimento a questo fascicolo. Il magistrato valuta il detenuto sulla base dei reati per i quali si trova in carcere, acquisendo ovviamente il parere della nostra équipe di educatori, psicologi, psichiatri se necessario. Se Gagliano avesse scontato qui le condanne per gli omicidi, avremmo avuto l’incartamento di allora. E poi sono passati quasi trent’anni, le persone cambiano, devono essere valutate per come sono ora».
Non lo riteneva pericoloso?
«No, un tipo chiuso, con problemi relazionali, ma in 7 anni non è mai stato violento. All’inizio era più polemico, conflittuale, negli ultimi tre anni era cambiato, anche mentalmente. Un soggetto su cui investire per un progetto trattamentale».
Una fuga inspiegabile?
«Stava scontando un residuo di pena per reati contro il patrimonio e sarebbe dovuto uscire nell’aprile del 2015 ma con i provvedimenti clemenziali in arrivo, forse a gennaio sarebbe stato a casa».
Chi veniva a trovarlo?
«La madre, il fratello, un cugino. E’ un uomo fondamentalmente solo. Gli ho parlato diverse volte. Voleva reinserirsi dopo il carcere, imparare a fare il panettiere. In carcere organizziamo corsi, perché la detenzione deve essere riabilitazione, rieducazione».
Non è stata un’evasione programmata, nonostante si sia procurato un’arma?
«Se uno vuole evadere durante un permesso, sparisce subito, guadagna tempo prima che scattino le ricerche. Lui invece ha lasciato il carcere domenica mattina, quando è venuto a prenderlo il fratello, è andato a casa dalla mamma e lunedì a mezzogiorno, come disposto dal magistrato, si è recato al Dipartimento di salute mentale per la terapia prevista. Poi ha fatto una sciocchezza ma secondo me si costituirà o tornerà dai suoi familiari. La pistola? Chissà se è vera».