Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 19 Giovedì calendario

GIANGRANDE TORNA A CASA PER NATALE


LA STORIA
ROMA «Papà è contento, felice di tornare a casa per Natale, un po’ spaventato all’idea di rientrare nella vita reale. Ma ce la faremo, step by step». La voce di Martina Giangrande è forte, squillante, sicura, come sempre in questi otto mesi accanto al padre. Come sempre dal 28 aprile quando il brigadiere dei carabinieri Giuseppe Giangrande cadde a terra sotto Palazzo Chigi, le braccia spalancate come un Cristo sui sampietrini, colpito dalla Beretta 7,65 dell’operaio calabrese Luigi Preiti che si preparava a sparare ai ministri del governo Letta dopo il giuramento al Quirinale. Giangrande ha braccia e gambe paralizzate. Muove la testa, il collo, un po’ le spalle. È lucido, cosciente, determinato. Utilizza una carrozzina elettrica che attiva col mento. Ricoverato da maggio in una clinica di riabilitazione intensiva di Montecatone, Imola, ieri nel primo pomeriggio è tornato in ambulanza a Prato, a casa sua, per passare il Natale con Martina che non lo ha mai abbandonato (la moglie è morta tre mesi prima della sparatoria). Una famiglia che per dirla con la figlia è «un mezzo esercito sgangherato», ma anche un esempio per tutti. Due mesi a casa, poi Giuseppe tornerà a Montecatone per sottoporsi un intervento.
«Papà è un po’ dispiaciuto di lasciare Imola», dice Martina, 23 anni, aspirando simpaticamente la c alla toscana, «Viveva là 24 ore su 24, si era fatto degli amici… Né io né lui sapevamo se saremmo stati capaci di gestire la situazione, ma siamo stati bravi. Staccarsi da quel mondo non è facile, entrare nella vita reale un po’ lo spaventa, come spaventa me. Spero di essere all’altezza. Riusciremo a ritrovare una normalità». Martina ha lasciato il lavoro per dedicarsi completamente al padre. Ha trovato poi un lavoretto a Imola per «guadagnare qualcosa e stare vicino a papà. Valuterò cosa fare, forse cercherò un posto a Prato». Per Giuseppe un solo obiettivo: riconquistare «un passo alla volta» la forza muscolare. La terapia proseguirà a casa.
Tutti i carabinieri sono vicini a Giuseppe. A fine novembre, incontrando a Milano il comandante provinciale Maurizio Stefanizzi per la consegna di 10mila euro raccolti dai commercianti di Corso Buenos Aires, Martina si è augurata che il padre potesse un giorno «stringere la mano» a tutti. In casa Giangrande arrivano migliaia di lettere a mano e e-mail. Ogni martedì uno sconosciuto invia un mazzo di fiori diverso, «non siamo ancora riusciti a scoprire chi è». A accoglierlo a Prato, uno striscione: «Forza Giuseppe! Bentornato! Sei tutti noi».
Marco Ventura