Grazia Longo, La Stampa 19/12/2013, 19 dicembre 2013
UN’ALTRA FAMIGLIA DENUNCIA “CI HA TRUFFATO 40 MILA EURO”
Mentre da Chieti i genitori di Noemi, la bimba di 18 mesi malata di Sla, implorano i medici per curarla con il metodo Stamina, da Torino quelli di Simona (nome di fantasia, ndr), 11 anni, in carrozzina per una «paralisi cerebrale infantile» implorano il procuratore Raffaele Guariniello di porre fine alla «truffa subita dal professor Vannoni».
Quella di Simona è l’ennesima storia di speranze e denaro - 40 mila euro - andati irrimediabilmente in fumo. È dal 2009 che confidano nel miracolo. Tutto inutile. E dopo aver girovagato tra gli ospedali di Gravedona (in provincia di Como), Brescia e Trieste, pochi giorni fa si sono presentati alla Procura di Torino per sporgere denuncia. «Perché un genitore è pronto a tutto per salvare il proprio figlio - racconta la mamma di Simona -, anche a indebitarsi con le banche. E quando scopri che erano tutte falsità, non soffri tanto per i soldi buttati via, ma per i sogni infranti di tua figlia. La mia è stata illusa: secondo il professor Vannoni oggi Simona dovrebbe correre, e invece è com’era prima. Non autosufficiente e bisognosa di una persona sempre accanto che si occupi di lei».
Non è ricca la mamma di Simona. Si guadagna da vivere come panettiera e tira avanti, tra mille sacrifici, con una spina nel cuore: la sua piccola Simona è vittima di una paralisi ipossico ischemica che non le consente di camminare. Ma quattro anni fa questa mamma premurosa sente parlare del metodo Stamina, delle cellule staminali e le loro affascinanti proprietà, tra cui il potere di rigenerare i tessuti. La speranza si accende e addirittura si infiamma dopo il primo colloquio con il professor Vannoni. «Mi disse che anche lui era guarito grazie alle cellule staminali - ricorda questa mamma che non si rassegna all’idea che la sua bambina sia stata così crudelmente raggirata -. Che dopo una paralisi parziale al volto era stato curato in Ucraina nel 2007 e da lì aveva deciso di importare il metodo in Italia».
Ma il colpo di teatro è un altro. Vannoni le mostra un video e le immagini sono liberatorie. Prima si vede un uomo in carrozzina, poi lo stesso uomo che corre e cammina. «Non credevo ai miei occhi, ho subito voluto sapere di più delle cure e del modo per potervi accedere». Ma c’è subito un’importante premessa. «La prima cosa che il professore mi ha chiesto sono stati i soldi: me lo ha detto chiaro e tondo».
Il costo della speranza? «All’inizio 36 mila euro in due tranche, una da 27 mila, la seconda da 9. Poi altri 4 mila per gli avvocati per il ricorso ad ottenere il riconoscimento dell’assistenza sanitaria». Con uno spiacevole seguito: per risparmiare sulle spese legali, Simona ha dovuto donare a sua volta «le sue cellule per aiutare bambini malati più piccoli».
Ma 36 mila euro sono troppi da mettere insieme per i genitori di Simona. «Ho dovuto chiedere un prestito - spiega la mamma nella denuncia al dottor Guariniello -, ma per la mia bambina sarei stata disposta a pagare qualsiasi cifra, pur di vederla camminare da sola». Così non è stato. Anzi, il viaggio della speranza di Simona si è consumato anche tra malesseri per la cura e suggerimenti «a non rivelare agli ospedali di Torino delle punture eseguite a Trieste dal dottor Marino Andolino (spalla di Vannoni e indagato anche lui per associazione a delinquere per somministrazione di medicine pericolose e truffa in materia di farmaci, ndr) perché altrimenti la cura rischiava di essere sospesa». La prima tappa di Simona a Gravedona, per il carotaggio osseo. Poi la puntura, di domenica, all’ospedale Burlo Garofalo di Trieste. Puntura che non viene tollerata dalla piccola di 7 anni: vomita di continuo e così una volta rientrati a Torino la mamma la porta in ospedale. «Ma non dissi la verità su indicazione di Vannoni». La seconda puntura viene eseguita, dopo un secondo carotaggio osseo, a Brescia. E avanti così. Fino al capolinea. Alla Procura di Torino.