Claudio Bozza, Oggi 18/12/2013, 18 dicembre 2013
MATTEO RENZI IL BAMBINO CHE SI MANGIO’ I COMUNISTI
Firenze, dicembre
Più che “Sapientino”, visto com’era sveglio fin da bambino, ora che Matteo Renzi è diventato il nuovo leader del centrosinistra italiana, qualcuno nel suo paese lo ha già ribattezzato ironicamente “Il Migliore” (con buona pace di Togliatti). Per scoprire dove e come nasce il nuovo segretario del Pd bisogna salire in auto e guidare da Firenze per 23 chilometri. Tanto separa piazza della Signoria da piazza XXV Aprile a Rignano sull’Arno, dove Renzi è cresciuto tra la parrocchia, gli scout e le partite a pallone con gli amici di sempre. È qui, in un paese di 9 mila anime in provincia di Firenze, chiacchierando con i clienti del bar Feroci e della macelleria Stoppioni che riemergono i racconti più divertenti di’ Renzi, detto alla Toscana. Tutti, 38 anni dopo, hanno un aneddoto da raccontare. E il primo è il più curioso di tutti: Matteo, così lo chiamano qui, in prima elementare, con la maestra Persello, c’è stato solo poche settimane; oltre ad essere nato a gennaio, infatti, era così avanti con l’apprendimento che fu spostato in seconda elementare. Subito addio a una classe intera, la prima rottamazione della sua vita.
UN PASSATO DA CHIERICHETTO
«Era il più sveglio già allora», racconta Federica Morandi, compagna di banco delle elementari e oggi presidente del Consiglio comunale di Rignano. Classe 1975, Renzi è il secondo di quattro figli, cresciuti in un palazzone di via Vittorio Veneto. La mamma Laura Bovoli e babbo Tiziano faticano non poco a tenere a bada quel bimbo vivace che fin da piccolo scorrazza in piazza sotto casa. È qui, nella parrocchia di Santa Maria Immacolata, che il futuro leader del Partito democratico inizia a fare il chierichetto. Racconta monsignor Giovanni Sassolini, il parroco di allora: «Era molto devoto. Fin da piccolo era abituato a ordinare i suoi coetanei: era lui che spiegava a tutti come e cosa dovevano fare. E se c’era lui, io ero tranquillo che tutto sarebbe stato apposto. Insomma era già un piccolo manager». Le sue capacità quando diventerà ragazzino gli costeranno anche qualche presa di giro dai compagni scout: “MatTeoria”, lo canzonano gli amici riferendosi alla spigliatezza di Renzi nell’organizzare e nel dare disposizioni, salvo poi scansare la faticosa messa in pratica. Proprio il mondo scout si rivelerà fondamentale per i valori e per la rete di rapporti che Renzi costruirà negli anni, fino alla soglia di Palazzo Chigi. «Matteo ha doti da leader, lo vedremo crescere», scriveva all’inizio degli Anni 90 il capo scout Roberto Cociancich, poi presidente nazionale dell’Agesci e oggi senatore del Pd dopo essere stato inserito nel “listino” proprio dal Rottamatore.
L’ascesa di Renzi pianta le sue radici qui, a Rignano: una piazza di paese e un mondo, quello cattolico, che lo ha accompagnato fino ad oggi, anche se una volta diventato sindaco (nel giugno 2009) Renzi ha sempre rivendicato di aver improntato alla laicità la sua azione di governo: prova ne sono i rapporti altalenanti con la Curia fiorentina.
Sempre in piazza XXV Aprile bisogna tornare per raccontare il vero Matteo, quello che durante la battaglia contro sani ripeteva come un mantra che, se sconfitto, non si sarebbe portato via il pallone. Da piccolo però lo faceva, ed è proprio lui a svelarlo. «Qui ci sono quelli che mi conoscono da sempre, che conoscono i miei limiti», raccontò sul palco della “sua” piazza nel novembre 2012, due giorni prima della batosta contro l’avversario per la corsa a Palazzo Chigi: «E ci sono anche tutti quelli che mi ricordano quando, nel campetto della chiesa, me ne andavo portando via il pallone dopo essermi arrabbiato perché non mi andavano bene le squadre». E a prendere il caffè al bar Feroci c’è chi non ha dimenticato le partite infinite, nella pista di pattinaggio della chiesa, che andavano avanti fino a quando la sua squadra non vinceva. Nella Rignanese, dove lui sognava di fare il trequartista alla Roberto Baggio, si ritrovava spesso a smistare palloni davanti alla difesa. Ad allenarlo c’era il compaesano Claudio Mandò, dipendente pubblico che Renzi si ritroverà come autista a Palazzo Vecchio vent’anni dopo, continuando a chiamarlo “mister”. I piedi di Renzi, quando giocava nella squadra del paese, erano così così. Ma in campo si sgolava con i compagni che non ce la mettevano tutta. Detestava perdere, già allora. «Fisicamente è meglio oggi di quando era un ragazzino un po’ cicciottello», racconta Edoardo Stoppioni, tre anni più grande, che lavora nella macelleria di famiglia, accanto al portone di casa Renzi. Semmai, racconta ancora Edoardo, Renzi in versione junior era bravissimo come telecronista.
SPENTA LA RADIO. FACEVA LA CRONACA
A dieci anni abbassava il volume delle partite della Fiorentina e si metteva lui a fare la telecronaca: «Era un grande narratore».
A sedici anni Renzi capisce che è meglio chiudere l’esperienza calcistica per vivere il mondo del caldo dall’altra parte: come arbitro. Nel ‘91-’92, assieme a Renzi, tra i giovani emergenti della sezione fiorentina dell’Aia c’è Gianluca Rocchi, direttore di gara pronto a dirigere le gare del Mondiale brasiliano, che con il neo segretario del Pd continua a mantenere ottimi rapporti. Arriva poi il tempo del liceo classico, il Dante di Firenze, dove Renzi inizia la sua esperienza politica come rappresentante d’istituto. Non studia granché, ma i voti sono ottimi. Ci sa fare, il futuro Rottamatore della sinistra italiana. Una sinistra, però, che ha sempre visto a modo suo. Si è dovuto arrendere pure babbo Tiziano, un tempo nella sinistra Dc e oggi anche lui segretario del Pd, ma quello di Rignano. L’unico posto in cui si vede il vero Matteo.