Roberto Giardina, ItaliaOggi 18/12/2013, 18 dicembre 2013
GROKO, PAROLA TEDESCA DELL’ANNO
In Germania è nata GroKo. Non è un mostro parente di Mazinga o di Godzilla, non è il nuovo panda allo zoo di Berlino, o un’orsetta bianca discendente di Knut, l’orso berlinese amato dai bambini di tutto il mondo e prematuramente scomparso. GroKo è la parola dell’anno.
I tedeschi amano le sigle e così chiamano in modo familiare la Grosse Koalition di cui si è discusso dal primo giorno di autunno fin quasi alla vigilia di Natale. Ogni anno, i membri della Gesellschaft für Deutsche Sprache, la Società per la lingua tedesca, votano per scegliere la parola che sembra loro più emblematica del periodo, un rito che si ripete dal 1971.
A scorrere la lista dei quattro decenni, si segue la storia politica e sociale della Repubblica Federale. Forse non sempre i soci della società hanno scelto il termine più giusto, ma non hanno mai sbagliato in pieno. L’anno scorso fu Rettungsroutine, routine di salvataggio, per indicare le misure a favore della Grecia e degli altri paesi in difficoltà. Nel 2011 Streitlust, il piacere di litigare, e nel 2010 Wutbürger, come dire il cittadino infuriato, quelli che noi oggi chiamiamo forconi.
Nel 2009 i tedeschi ci copiano e nasce Abwrackprämie, il premio alla rottamazione. Nel 2006 in Germania si tengono i mondiali di calcio, quelli che avrebbero dovuto vincere a tutti i costi loro, i padroni di casa, e invece noi li battemmo. È l’anno di Fanmile, il miglio dei fans, letteralmente, per indicare il tratto della 17 Juni, il grande viale che finisce alla Porta di Brandeburgo, dove un milione di berlinesi vide su un maxischermo la disfatta contro gli azzurri. Seguii l’incontro da uno studio tv che mi aveva invitato per intervistarmi come probabile sconfitto, e dalle finestre spalancate, perché non c’era l’aria condizionata, entrava il rumore della grande folla, come il respiro dell’oceano. Segnò il nostro Grosso, e la città si spense.
Nel 2002 arrivò Teuro, gioco di parole tra euro e Teuer, caro. Anche in Germania la moneta europea portò all’aumento dei prezzi, non proprio come da noi. A esagerare, guarda caso, furono i ristoratori italiani, ma qui sanno reagire: chi non corresse in tutta fretta il menu, poi chiuse i battenti. Esiste anche la Unwort dell’anno, letteralmente la «non parola», ricalcata sull’inglese Undead, che, nei film dell’orrore, indica i vampiri, non più vivi e neanche morti. Non è corretto tradurla con «parolaccia». E spesso è una parola composita. Quest’anno non è stata ancora scelta: nel 2012 fu Pleite-Grieche, i greci sull’orlo del fallimento.
In un anno che non ricordo fu «danni collaterali», e nel 1991 venne scelta Besserwessi, altro gioco di parole con Bessewiesser, che sarebbe il sapientone, il grillo parlante, ma con wessie, che indica i tedeschi dell’Ovest. La riunificazione era appena venuta, e i fratelli capitalisti erano sempre pronti a fare la lezione ai fratelli ex comunisti.
Personalmente trovo che all’orrendo GroKo sarebbe andato meglio il titolo di Unwort. Ma se lo dico ai miei amici tedeschi faccio la figura di Bessewiesser, e di questi tempi per un italiano sarebbe più opportuno non salire in cattedra. Mi chiedo piuttosto quale potrebbe essere la parola dell’anno in italiano. Potrei proporre, imitando i tedeschi, Larghin, sintesi di Larghe intese. Temo che Letta e i suoi colleghi non sarebbero d’accordo.