Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 18 Mercoledì calendario

ROBERTO BOLLE VISTO DA MIA MAMMA


MILANO DICEMBRE
I miei genitori sono persone molto riservate, in famiglia si fa quasi fatica a festeggiare un risultato o un successo. Il riconoscimento c’è, ma nella sobrietà che ci corrisponde. E nell’affetto profondo, non artefatto, mai esibito», raccontava tempo fa Roberto Bolle. Con quelle parole il ballerino spiegava perché ne sua madre, ne suo padre, avevano mai rilasciato interviste o dichiarazioni su cosa si provasse ad avere in famiglia uno dei più grandi talenti della danza classica, oggi étoile della Scala e principal dancer dell’American Ballet. Per esempio, che cosa provò sua madre, Mariuccia, quando lui a soli 11 anni lasciò Trino (Vercelli) per Milano per seguire la sua passione non lo sa neanche lui. «Finora l’ho potuto solo immaginare», dice.
Domanda. Lo scoprirà il 26 dicembre, quando Raidue trasmetterà la puntata del programma Unici a lei dedicata. Perché tra i tanti contributi c’è anche quello di sua madre...
Risposta. «Eh già, mi ha fatto un regalo veramente speciale. Non è nelle sue corde mettersi in mostra e certe cose mi sa che le sentirò per la prima volta. Non abbiamo mai parlato veramente di ciò che ha significato per lei lasciarmi andare a Milano: la difficoltà della decisione, la fatica. Sono cose che senti, ma le parole hanno un altro peso».
D. Sarete insieme a vederlo?
R. «Sì, tutta la famiglia sul divano davanti alla tv... Sarà davvero molto emozionante. Per ciascuno in modo diverso».
D. Quindi, Natale a Trino?
R. «Tutte le volte che posso. Ritrovare quell’ambiente così ovattato, famigliare, protetto, è bellissimo. È una grande fortuna per me che i miei abitino ancora nel luogo dove sono cresciuto: è come un filo, che mi tiene ancorato a terra e mi da stabilità».
D. Tutti la amano, tutti la vogliono... La celebrità l’ha metabolizzata o la stupisce ancora ?
R. «Beh, ancora non mi sono abituato a essere riconosciuto | ovunque. Spesso i complimenti arrivano da persone che magari un mio balletto non l’hanno mai visto; si avvicinano, mi stringono la mano: “Guardi, non lo faccio mai, ma con lei...”. Penso sia affetto sincero, e mi stupisce».
D. Le è mai successo che qualcuno invece la avvicinasse per dirle: “Con tutto il rispetto, ma non mi piace”?
R. «Mai (finge stizza, ma poi ride, ndr). Ma forse solo perché chi l’ha pensato non ha abbastanza coraggio...».
D. Uno dei meriti che le viene riconosciuto è quello di aver avvicinato il grande pubblico a un’arte elitaria come la danza classica, anche questo programma (solitamente dedicato a star della musica, da Mina a Bocelli), è senza dubbio il più pop dei ballerini classici. C’è chi glielo rimprovera?
R. «Sinceramente no, anche perché pur essendo “pop” ho sempre puntato alla qualità; non credo di essermi mai svenduto , cose estremamente commerciali o che non mi rappresentassero. Calibro attentamente ogni passo, come sempre...».
D. Tra i contributi che vedremo a Unici, ci sono Raffaella Carrà, Fiorello, Michael Stipe dei R.E.M., Baz Luhrmann, Stefano Accorsi, Giorgio Pasotti, Lorella Cuccarini, Milly Carlucci, Fabio Capello... Che cosa li lega a lei e tra loro?
R. «A volte un’amicizia personale (come con Stipe), altre volte una stima artistica reciproca (come con Accorsi), altre volte un feeling speciale (come Luhrmann) o un incontro significativo (come con la Carrà o Capello). Tutte, però, sono persone geniali nei loro ambiti e hanno un’umanità, una sensibilità particolare che le accomuna. E ci accomuna».
D. Le capita mai, sentendo raccontare la sua storia da qualcun altro, che non sia la sua?
R. «Mi capita di non rendermi veramente conto del livello che ho raggiunto e di sorprendermi che stia succedendo proprio a me. Ma a volte è un bene, serve a proteggermi dalle aspettative della gente. Se mi rendessi conto dell’enormità di certi eventi andrei nel panico, non rendermi conto di tutto mi permette di rimanere concentrato sul piccolo, passo dopo passo. E questo vale per tutti gli aspetti della mia vita».
D. Lei si sente “unico”?
R. «Mi sento normale, con i miei pregi e i miei difetti. Semplicemente ho ricevuto un dono e l’ho coltivato con la passione».
D. Chi è unico per lei?
R. «I miei genitori, tuttora i miei punti di riferimento anche se in ultima fila. Ora aspetto che venga avanti mio papà...».