Enrica Brocardo, Vanity Fair 18/12/2013, 18 dicembre 2013
CARO DE SICA, SCOMMETTIAMO?
AURELIO DE LAURENTIIS MI RACCONTA che ha smesso di fumare un mese prima di compiere quarant’anni. «Un giorno chiesi a Mario Monicelli: “Mangi come un riccio, scopi come un riccio, ma come fai?”. “Ho smesso con le sigarette a trentacinque anni”, mi rispose. Era esattamente la mia età allora. “Ma a me fumare piace”, pensai. “Mi concedo ancora qualche anno, ma fra cinque smetto”».
Racconta di quando Peter Ustinov gli disse di lasciar perdere i sigari Davidoff e gli consigliò un posto in Svizzera dove li facevano da dio. E anche di quella volta che Robert De Niro pretese che gli allestissero una palestra in una suite dell’hotel de Russie a Roma: «Ma dico io, se devi girare alle otto di mattina, ti svegli alle cinque. A quell’ora chi vuoi che ci sia nella palestra del de Russie? Dovetti anche far venire, a spese mie, dall’America il suo trainer che, oltretutto, era una pippa».
Arrivano i caffè. «È il migliore», assicura, «me lo fecero assaggiare la prima volta nella ex villa di Zeffirelli, quella che poi fu trasformata in un hotel (a Positano, ndr)».
Nella sala «presidenziale» degli uffici della Filmauro, da un lato c’è Roma, sugli altri una gigantografia del Napoli «quando era ancora in serie C» – Aurelio De Laurentiis è il presidente della squadra dal 2004 – e alcuni dei «successi» (ho fatto un calcolo approssimativo e potrei giurare che è il termine che usa più spesso nei suoi discorsi), ovvero cartonati giganti di locandine come Natale sul Nilo («nel 2002 incassò 32 milioni. Sono sicuro che se facciamo un calcolo, arriviamo agli stessi numeri di Checco Zalone»).
Ma il più gigantesco è il cartonato di Colpi di fortuna, il nuovo film di Natale che esce il 19 dicembre, trent’anni dopo Vacanze di Natale, il primo cinepanettone.
assieme ad aurelio c’è suo figlio Luigi, anche lui in Filmauro dal 1998. In America lo chiamano junior, per distinguerlo dal nonno, il fratello di Dino, mitologico produttore di film americani come Serpico e Il giustiziere della notte.
L’idea era fare un’intervista doppia, ma è Aurelio a prendere quasi sempre la parola (nelle risposte che seguono, quando non è specificato altrimenti, vuol dire che è lui a parlare). «La gente non sa bene che cosa fa un produttore», dice. «Non sanno che cosa significa inventare un film, finanziarlo, promuoverlo in tutto il mondo. Nell’89, in America, stavo facendo genere fantascienza, tipo Alien. La Mgm, che coproduceva con noi, fu venduta. Tutti furono licenziati, da una settimana all’altra mi ritrovai da solo a fare la selezione dei drive in degli Stati Uniti dove proiettare».
Parliamo di cinepanettoni? Quest’anno è il trentennale.
«Con Carlo Vanzina ci venne l’idea di fare un instant movie che riflettesse la nostra società in quel momento. Andiamo a vedere, per esempio, che cosa fa la gente in vacanza a Cortina d’Ampezzo. Lo spettatore pensava di ridere di quello seduto nella poltrona accanto. In realtà parlavamo di lui. In trent’anni abbiamo disegnato l’atlante geografico dell’Italietta».
Peccato che l’anno scorso abbiate detto «basta».
«Falso. Che cosa abbiamo fatto dopo Vacanze di Natale dell’83? Yuppies, Yuppies 2, e poi Montecarlo Gran Casinò sulla febbre per il gioco d’azzardo. Quindi un ripensamento, e siamo ritornati con Vacanze di Natale ’90 e Vacanze di Natale ’91. Poi un’altra pausa con Sognando la California dove, del gruppo solito, c’era solo Massimo Boldi. Da lì S.P.Q.R.».
Quello con Leslie Nielsen? Dopo il successo di una Pallottola spuntata, come avete fatto a convincerlo a venire a fare un film in Italia con Massimo Boldi e Christian De Sica? Gli avete dato un sacco di soldi?
«Assolutamente no».
Allora dica lei.
«In America i nostri film sono studiatissimi, volevano comprarsi i diritti di remake, ma non abbiamo accettato. Idem i russi».
Però i cinepanettoni all’estero per forza di cose non possono funzionare.
«Ah sì? Lo sa che un anno abbiamo fatto il primo incasso in tutta la Svizzera?».
D’accordo, all’estero Svizzera esclusa. Ma mi dica un’altra cosa: De Sica ha detto che Colpi di fortuna è il suo ultimo film con Filmauro.
«Vedremo. La vita è lunga. Ci conosciamo da quando avevo 10 anni, i miei figli e i suoi sono grandi amici».
Ha accennato a promesse non mantenute.
«Sono i giornalisti che speculano».
Quindi com’è andata?
«Ha lavorato in esclusiva con noi per trent’anni e adesso ha voglia di cambiare. Ma non è detto che non si torni a fare un film insieme già dall’anno prossimo».
Qualcuno che volevate e che vi ha detto no?
Luigi: «Anche se fosse, noi non lo diremmo mai».
Aurelio: «Ma se li abbiamo avuti gli attori italiani. Chi dovrei cercare? Benigni? Ma perché mai dovrebbe fare un film di Natale? Lui fa Dante. Benigni fa impresa a sé. Checco Zalone? Ecco, se devo trovare qualcuno con cui mi sarebbe piaciuto fare un film, direi Pieraccioni e Aldo Giovanni e Giacomo. Non è mai successo perché avevano tutti contratti di esclusiva con Medusa».
Come nasce un film di Natale?
Luigi: «Pochi lo capiscono, ma la costruzione delle risate è scientifica. Difficile. Sulla base della sceneggiatura sappiamo più o meno dove si riderà, ma fino a quando il film non è finito ci possono essere sorprese».
Aurelio: «Pensi la difficoltà di avere ogni anno un film in uscita per le vacanze. All’epoca in cui facemmo Tifosi (uscì nel 1999, ndr), io di calcio non sapevo niente. La mia intuizione di produttore fu dire: “Voglio Maradona”».
Fu difficile averlo?
«Dopo una serie di telefonate, mi ero arreso. Stavamo già girando, quando mi telefona il suo agente: “Guardi che Maradona sta arrivando a Roma”. “Ma che, siete matti?”. Chiamai il regista, Neri Parenti, e gli dissi che bisognava rimettere mano alla storia. Nel contratto gli chiesi anche un giorno per lo spot. Lui arrivò con quattro ore di ritardo e si mise a palleggiare, tutti intorno in adorazione. Intanto il sole calava. A un certo punto sequestrai il pallone. Finì che girammo in dieci minuti. Il cinema italiano è così».
Cioè?
«È un grande misunderstanding».
NEL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI a una risposta come questa seguirebbe una pausa caffè, a cui seguirebbe una due giorni di approfondimento del tema. Nella realtà, succede che il mio tempo sarebbe già scaduto da mezz’ora e che mi rimangono solo un paio di minuti per chiedere come sarà il Natale a casa De Laurentiis. «In famiglia, a Roma perché i primi di gennaio nascerà il figlio di Luigi, il secondo dopo Isabel, che ha due anni», dice Aurelio. «E perché il vero capofamiglia, mia nonna, ha 97 anni e non viaggia più», aggiunge Luigi. «In tutto saremo in nove. Dieci il prossimo anno».