Vittorio Sabadin, La Stampa 18/12/2013, 18 dicembre 2013
DALLA LEGGENDA DI ATAHUALPA SPUNTA UNA SALA PIENA D’ORO
Una spedizione internazionale, composta da esploratori e archeologi inglesi, francesi e americani, sostiene di avere trovato nella giungla dell’Ecuador il tesoro di Atahualpa, l’ultimo imperatore degli Inca. Fino ad ora le loro ricerche non hanno portato alla luce nemmeno un grammo d’oro, ma le costruzioni megalitiche scoperte fanno pensare che al centro della foresta del Llanganates si trovi la soluzione di uno dei più grandi misteri dell’America Latina.
Da quasi cinque secoli avventurieri ed esploratori hanno rischiato e spesso perso la vita nella più pericolosa e affascinante caccia al tesoro della storia, guidati da un misterioso manoscritto verso una leggendaria stanza piena d’oro, che forse esiste davvero.
Atahualpa aveva 35 anni quando nel 1532 invitò Francisco Pizarro a incontrarlo nella città di Cajamarca. Contava su un esercito di 80 mila uomini e non aveva paura di quel drappello di malmessi soldati spagnoli, formato da 106 fanti e 60 cavalieri. Li trattò con distacco, come visitatori qualunque che se ne sarebbero andati presto. All’incontro con Pizarro, Atahualpa arrivò con un seguito di 4.000 persone e offrì da bere agli ospiti in coppe d’oro massiccio che gli spagnoli guardarono increduli, già pensando a cosa bisognava fare. All’imperatore inca fu portata una Bibbia, il libro che conteneva tutte le verità, e gli venne ingiunto di sottomettersi a Carlo V e al Papa. Atahualpa sfogliò il volume e, vedendo che non ne usciva alcuna magia, lo lanciò verso gli spagnoli. Bastò questo per gridare al sacrilegio e ordinare ai soldati di sparare contro i terrorizzati Inca, che mai avevano visto prima un’arma da fuoco. Pizarro, approfittando del caos, corse verso l’imperatore e lo immobilizzò. Nella storia umana nessuna battaglia così breve ha ottenuto un risultato così grande: la conquista di un impero e delle immense ricchezze che custodiva.
La leggenda del tesoro di Atahualpa nasce nei suoi giorni di prigionia, quando il sovrano offrì di coprire d’oro il pavimento della sua cella in cambio della liberazione. Gli spagnoli risposero che non bastava, e allora Atahualpa alzò il braccio lungo una parete e disse che avrebbe riempito d’oro la stanza fino a quell’altezza se fosse stato rilasciato. Ma l’oro doveva arrivare da province lontane, e il tempo passava senza risultati che gli spagnoli potessero apprezzare. Inoltre, il più fedele dei generali inca, Ruminahui, stava radunando un esercito per liberare il suo re e la situazione per Pizarro poteva diventare davvero critica. Senza più attendere che la stanza si riempisse d’oro, Atahualpa fu strangolato con la garrota il 29 agosto 1533, dopo un processo farsesco e dopo avere accettato di convertirsi per evitare di essere bruciato vivo, come gli spagnoli avevano minacciato di fare. Pochi giorni prima era comparsa nel cielo una lunga striscia verde, la stessa che aveva visto suo padre prima di morire, e Atahualpa si era rinchiuso in una rassegnata malinconia.
Benoit Duverneuil, uno degli archeologi della spedizione, è convinto che il corpo di Atahualpa sia stato esumato, imbalsamato e sepolto con gli onori che gli erano dovuti in un luogo segreto, quello che appunto è stato ritrovato. Anche secondo il britannico Bruce Fenton, studioso di culture locali, è probabile che Ruminahui abbia fatto realizzare una tomba degna dell’ultimo imperatore degli Inca, per seppellirlo con l’oro raccolto per la sua liberazione. Gli esploratori hanno trovato nella giungla del Llanganates una costruzione di blocchi di pietra da due tonnellate, alta 85 metri e larga altrettanto, con una inclinazione delle pareti di 60 gradi. Intorno sono stati individuati attrezzi e manufatti, e piccole alture ricoperte di vegetazione che potrebbero nascondere altre costruzioni.
Il Llanganates è una delle regioni più sconosciute della Terra, perennemente avvolta da nebbie e martellata dalla pioggia per gran parte dell’anno. Chi decide di percorrerne i sentieri corre seri pericoli, ma questo non ha impedito a centinaia di avventurieri di cercarvi il tesoro degli Inca. A guidarli, come in un qualunque film di Indiana Jones, è stata la traduzione di un vecchio manoscritto, il Derrotero de Valverde, ora disponibile anche online. Lo scrisse, dando indicazioni sul percorso da fare nella giungla, un sacerdote che lo inviò prima di morire al re di Spagna. Secondo una ipotesi, nel 1792 l’inviato del re, l’italiano padre Longo, trovò il tesoro ma venne ucciso dal suo compagno di viaggio, Antonio Pastor de Segura, che se ne impossessò. Ma l’opinione più diffusa è che l’oro di Atahualpa si trovi ancora in Ecuador: la mappa di padre Valverde è infatti molto precisa per i primi tre giorni di viaggio, e più ambigua per il resto del percorso. Tra pochi giorni il governo di Quito organizzerà una spedizione ufficiale per risolvere il mistero. O per infittirlo ancora di più.