Nicla Panciera, La Stampa 18/12/2013, 18 dicembre 2013
LEGGERI E BIZZARRI: ECCO I CERVELLI GENIALI DEI CORVI
E’ grazie a loro se i riflettori si sono accesi sui volatili, sfatando il mito dell’inferiorità degli uccelli rispetto ai mammiferi. La sorprendente abilità nella fabbricazione e nell’uso di sofisticati strumenti per procacciarsi il cibo li ha resi famosi: i corvi della Nuova Caledonia sono già diventati per gli uccelli quello che scimpanzé e bonobo sono per i mammiferi. Vere star. Intelligenti, ma dal cervello tutto sommato piccolo.
«E’ possibile siano stati i vincoli fisici imposti dalla necessità di volare ad aver indotto nel cervello degli uccelli l’evoluzione verso una maggiore efficienza rispetto al cervello dei primati», spiega il professor Gavin Hunt dell’Università di Auckland in Nuova Zelanda, considerato il massimo esperto al mondo di corvi della Nuova Caledonia.
Questi corvi - aggiunge - possiedono «le più stupefacenti capacità cognitive rispetto alla maggior parte degli altri uccelli, abilità che sembrano convergere con certi aspetti dell’intelligenza dei primati. Capacità di riconoscere i legami di causa-effetto e di prevedere e di risolvere dei problemi mai incontrati prima, ma anche flessibilità e immaginazione». Tuttavia, l’idea di una scala gerarchica di cervelli, e quindi di intelligenze, è sbagliata. Se ogni specie vivente si trova all’apice della sua storia evolutiva, significa che si è equipaggiata nel miglior modo possibile per rispondere alle pressioni dell’ambiente.
Di certo, le linee evolutive di mammiferi e rettili si sono separate oltre 300 milioni di anni fa e, da allora, si sono sviluppate in modo indipendente l’una dall’altra. Volatili e mammiferi, infatti, hanno organizzazioni cerebrali, substrati anatomici e architetture neurali profondamente diverse. Eppure - aggiunge Hunt - «le intelligenze degli uccelli e dei primati sono andate incontro a una convergenza evolutiva in molti modi. Pertanto, studiando l’evoluzione dell’intelligenza sia negli uccelli sia nei primati potremmo essere in grado di comprendere se le capacità cognitive superiori si evolvano in modi prevedibili o no».
La somiglianza non riguarda unicamente l’uso della tecnologia per la risoluzione di problemi, ma anche l’adozione di prolungate cure parentali, come ha scoperto il team di Hunt, che ha osservato questo fenomeno proprio nei corvi della Nuova Caledonia. La ricerca, pubblicata su «Ethology», riporta come i giovani corvi restino con i genitori fin oltre il primo anno d’età e, comunque, finché non padroneggiano le tecniche di costruzione degli strumenti che danno loro un certo vantaggio evolutivo rispetto agli altri corvidi. E’ perlopiù il padre a trasmettere le «competenze tecnologiche» necessarie ai giovani per il raggiungimento dell’autonomia e Hunt ipotizza che la prolungata dipendenza dei piccoli sia dettata da questo processo. Nei primati, invece, le cure parentali sono da collegare anche alla complessità dei sistemi sociali delle specie, che richiedono l’apprendimento intensivo di strategie comportamentali non associate soltanto all’uso di strumenti. Le osservazioni di Hunt, quindi, non confutano l’idea che l’evoluzione di capacità cognitive superiori sia legata a questo tipo di pressioni sociali (la cosiddetta «intelligenza machiavellica»). Piuttosto, il panorama si arricchisce: «i corvi forniscono l’evidenza che l’intelligenza fisica può giocare un ruolo nell’evoluzione di alte capacità cognitive», il quale, d’altra parte, non esclude che esista una componente sociale anche nei corvi: «Ci sono evidenze di trasmissione di tipo culturale, come la diffusione geografica di alcuni modelli di strumenti, considerati migliori rispetto ad altri».
Conclusione: le abilità cognitive superiori, sottese da una divergenza evolutiva nella strutturazione cerebrale, dimostrano che i cervelli come il nostro non sono le uniche soluzioni in grado di produrre comportamenti complessi.