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 2013  dicembre 18 Mercoledì calendario

COSÌ PUTIN SI COMPRA L’UCRAINA


Una vignetta dell’International New York Times di oggi mostra un gruppo di funzionari dell’Unione Europea che, leggendo le notizie sulle dimostrazioni pro-Europa in Ucraina commentano: «Qualcuno lo facciamo ancora sognare!».
In effetti è vero. A confronto dell’euroscetticismo, quando non l’antieuropeismo populista, la passione che anima i dimostranti in quella che a Kiev è stata battezzata «Piazza Europa» sorprende e fa riflettere.

Ma con i sogni i popoli non vivono, e la dura realtà dell’Ucraina è un’altra.
Un governo, quello di Yanukovich, che è post-sovietico in quanto ha sostituito l’economia di Stato con quella capitalista, ma che del sistema sovietico mantiene ancora molte e pesanti caratteristiche sotto il profilo politico.
Il Paese, poi, è diviso. Diviso geograficamente, con un Est dove si parla russo e non ucraino (e dove la separazione dalla Russia viene sentita come artificiale) e un Ovest dove prevale il nazionalismo ucraino, e dove l’opzione europea è nello stesso tempo una scommessa positiva verso il futuro e un rigetto del passato sovietico e di quella Russia che oggi, con Putin, cerca di ricostruire un’area di integrazione economica e influenza politica. Diviso socialmente, con le classi medie – e soprattutto i giovani – che identificano l’Europa con la modernità, lo sviluppo, il benessere, mentre gli strati meno abbienti e meno istruiti temono, come del resto non accade solo in Ucraina, che Europa significhi insostenibile competizione con economie più agguerrite, pericolo di de-industrializzazione e maggiore disoccupazione.
Vi è poi la realtà economica di una situazione finanziaria disastrosa combinata con un serio problema energetico. La scelta di campo fra Europa e Russia che viene richiesta all’Ucraina non può infatti essere ridotta ai suoi pur reali aspetti politici e anche ideali. Essa si presenta infatti drammaticamente sullo sfondo di difficoltà profonde di fronte alle quali, al di là dei diversi orientamenti del popolo ucraino, sui due piatti della bilancia le alternative risultano profondamente asimmetriche.
Vladimir Putin viene incontro alle pressanti esigenze presenti offrendo 15 miliardi di dollari e gas a prezzo ridotto, l’Europa offre il futuro.
Non c’è bisogno di dire che la generosità russa non è affatto gratuita. Anzi, Putin sta alzando il tiro e dimostrando che il suo disegno politico, e geopolitico, è chiarissimo, e che verrà perseguito in modo coerente, e senza esclusione di colpi.
Non è chiaro quale potrà essere la risposta europea a questa sfida. Non certo offrire oggi 15 miliardi di dollari, né energia di cui l’Europa è acquirente piuttosto che fornitrice.
E meno chiaro ancora è quello che potrà accadere in Ucraina. Certo nulla di positivo. Anzi, quello che è più probabile è un inasprimento della spaccatura del Paese, con il pericolo che gli oppositori di Yanukovich – uno schieramento in cui assieme ai democratici vi sono anche gli inquietanti social-nazionali di «Svoboda» - passino dalla protesta alla violenza.
La Russia di Putin sta da parte sua tornando sulla scena mondiale con un misto di abilità diplomatica (in particolare in Medio Oriente) ed esercizio pesante e spregiudicato della propria influenza in quell’«estero vicino» che non vuole ammettere possa essere inglobato nell’Unione Europea (e nella Nato).
In Europa dovremmo tornare ad occuparci seriamente della Russia, e anche noi dovremmo essere in grado di mostrare abilità diplomatica e capacità di usare con fermezza il nostro peso collettivo, sia politico che economico. Ma per farlo anche noi europei dovremmo ricominciare a «sognare», a costruire cioè quella identità europea che negli ultimi anni si è drammaticamente indebolita.