Sissi Bellomo, Il Sole 24 Ore 17/12/2013, 17 dicembre 2013
CARBONE INSOSTENIBILE SENZA TECNOLOGIE PULITE MA I CONSUMI CORRONO
Inevitabile ma anche insostenibile. È così che l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) definisce il carbone, combustibile che vede protagonista ancora per molti anni nel panorama energetico mondiale, ma che «nella forma attuale» comporta gravi conseguenze per l’ambiente.
«La crescita delle emissioni di Co2 dal 2000 ad oggi – ricorda Maria van der Hoeven, direttrice dell’Aie – è dovuta per più di tre quinti alla combustione di carbone per generare elettricità e calore». Fin dagli anni ’60 esistono tecnologie capaci di renderlo più "pulito", ma non vengono utilizzate abbastanza – denuncia van der Hoeven – e se continueremo così, oltre a un maggiore inquinamento a livello locale, rischiamo un aumento delle temperature globali di 4 gradi centigradi nel lungo termine, il doppio rispetto all’obiettivo stabilito dalle Nazioni Unite.
Limitare l’ulteriore diffusione del carbone a favore di fonti meno inquinanti non è uno scenario realistico agli occhi dell’Aie. «Che ci piaccia o meno – sintetizza la direttrice – il carbone è qui per restare, ancora molto a lungo».
Nel rapporto pubblicato ieri, a onor del vero, l’agenzia dell’Ocse ha abbassato le stime sulla crescita dei consumi: fino al 2018 si attende ora un incremento annuo del 2,3% (fino a 6,35 miliardi di tonnellate di carbone equivalente), contro il +2,6% che prevedeva l’anno scorso per il quinquennio al 2017. Va un po’ meglio anche rispetto al passato: tra il 2007 e il 2012 l’impiego del carbone era cresciuto del 3,4% annuo. Il motivo del rallentamento è che i due maggiori consumatori mondiali, per motivi diversi, stanno frenando la domanda: la Cina sta cercando di combattere l’inquinamento e di migliorare l’efficienza energetica, mentre gli Stati Uniti, grazie al successo dello shale gas, hanno convertito numerose centrali, provocando solo l’anno scorso un crollo del 10,7% dei consumi domestici di carbone. L’eccesso di produzione Usa è stato però dirottato sui mercati di esportazione, favorendo un crollo dei prezzi ai minimi da tre anni e incoraggiando i consumi altrove. Europa compresa, in barba agli obiettivi energetici Ue, che puntano a più rinnovabili, più efficienza e meno Co2.
Persino nel 2012, osserva l’Aie, quando c’è stata un’«abnorme debolezza» della domanda di Cina e Usa, il carbone ha mantenuto una quota rilevante nel mix energetico globale e l’ha addirittura accresciuta rispetto agli altri combustibili fossili. Una produzione in forte crescita, soprattutto (ma non solo) in Australia e Indonesia, ha contribuito a renderlo economicamente conveniente e la situazione sembra destinata a proseguire in futuro: «Nei prossimi sei anni – avverte van der Hoeven – la capacità di produzione annua nel mondo avrà un incremento di mezzo milione di tonnellate ...al giorno!». Tale incremento sarà comunque «necessario», perché la domanda nei Paesi non Ocse continuerà a crescere, a ritmi in alcuni casi poderosi (+4,9% l’anno per l’India, contro un +2,8% per la Cina). Per l’Ocse l’Aie si attende consumi nel complesso invariati: in aumento in Giappone e Corea del Sud, ma stabili negli Usa (-0,1% l’anno) e in declino dell’1% annuo in Europa, dove «l’attuale febbre del carbone è temporanea». A curarla ci penseranno rinnovabili ed efficienza, ma purtroppo anche la bassa crescita economica.
@SissiBellomo