Claudia Pensotti, MilanoFinanza 17/12/2013, 17 dicembre 2013
RUFFINI: IL PIUMINO È IL NOSTRO DNA
Più che soddisfatto, e come dargli torto, del risultato dell’ipo di Moncler e del primo giorno di quotazione del titolo, Remo Ruffini, presidente e ad dell’azienda dei piumini, prova a spiegare il segreto del successo dell’operazione e le prospettive per il futuro.
Domanda: Come ci si sente dopo un exploit così clamoroso?
Risposta. Soddisfatto di sicuro. Ma io guardo poco ai numeri. Punto a creare una buona azienda, con un team di livello capace di proporre un prodotto di grande qualità, di comunicarlo al mondo e di essere vicino al consumatore finale. Il bilancio dell’esperienza borsa? Lo tirerò tra 10 anni; la nostra visione è di lungo periodo, quindi non guarderò l’azione tutti i giorni.
D. Quali sono i segreti del vostro grande successo e della grande accoglienza che gli investitori vi hanno tributato?
R. Siamo una grande azienda fatta di grandissime persone, con un brand dal Dna inconfondibile, proprio perché ci siamo concentrati sulla produzione di piumini e non abbiamo voluto diversificare in modo compulsivo. Insomma, poche cose ma fatte bene. E questa giacca, nata nel 1952, è una cosa fatta bene. Sono convinto che è meglio essere i più bravi nel presentare un prodotto piuttosto che trasformarsi in total look mettendo un’etichetta e un logo su tutti i capi.
D. Il mercato riconosce a Moncler multipli che incorporano una crescita notevole proprio mentre l’Europa non è ancora uscita dalla crisi e l’Asia non è una scheggia. Centrerete gli obiettivi?
R. Come ho detto prima non guardo al 2014. Quando ho iniziato, nel 2003, non pensavo a cosa avrei fatto nel 2004 o nel 2005. Pensavo di costruire un’azienda che avesse una strategia chiara, un prodotto chiaro, una distribuzione chiara. La strategia non cambia: dobbiamo rispettarla e aggiornarla ogni giorno, ma io ho una visione al 2020. Moncler deve cambiare faccia nei prossimi 7-8 anni ma ritengo che i miei investitori saranno contenti già per quello che accadrà il prossimo anno. Ma non metterò mai pressione su fatturato e margini per fare contento l’investitore, voglio fare contento il mio cliente che è il mio primo vero azionista.
D. La soddisfazione del cliente passa anche attraverso l’ampliamento della gamma di prodotti?
R. Ci siamo concentrati per diventare i più bravi a fare piumini e non vogliamo tradire le nostre radici. Dunque intendo perfezionare il prodotto di punta per renderlo davvero speciale. Gli step successivi potrebbero essere la maglieria e la scarpa che sono prodotti comunque legati al marchio Moncler, specialmente d’inverno. Certo fare un piumino e fare una maglia sono due cose diverse, quindi bisogna essere speciali e specialisti.
D. Sotto il profilo della distribuzione geografica siete forti in Italia, che pesa per il 25% delle vendite. Un terzo dei ricavi viene dall’Europa, un terzo dall’Asia mentre negli Stati Uniti non siete molto presenti. Quale mercato intendete aggredire per primo?
R. Quando l’ho acquisita, Moncler realizzava l’85-90% delle vendite in Italia. Noi volevamo e vogliamo essere globali: siamo sulla strada buona. Il 30% delle vendite è in Asia mentre in America, dove siamo partiti un po’ in ritardo, abbiamo il 10-12%. L’Europa è la nostra nazione e il marchio è riconosciuto in molti Paesi, Russia ed Est Europa in testa. Pensiamo al Sudamerica e al Canada dove c’è un clima molto Moncler anche se sono mercati piccoli. Negli Stati Uniti abbiamo cinque punti vendita, in Giappone abbiamo due free standing store, negozi sulla strada, e 10 shop in shop, piccoli punti vendita all’interno di department store. Piano piano, con garbo, possiamo ancora crescere. Il mio motto è: poche cose fatte bene. Per questo non vedo un total look Moncler, il mondo è pieno di total look mentre noi dobbiamo essere unici. Noi dobbiamo fare Moncler.
Claudia Pensotti Class Cnbc