Massimo Galli, ItaliaOggi 17/12/2013, 17 dicembre 2013
FRATELLI NEL 1° ANNO DI GUERRA
Sul fronte francese, nei primi mesi della prima guerra mondiale, i soldati d’Oltralpe uscivano dalle trincee e fraternizzavano con i nemici tedeschi. Questo accadeva per l’esattezza a Natale del 1914, quando emergeva prepotente la voglia di smetterla di ammazzarsi a vicenda per motivi che a volte risultavano incomprensibili a questi giovani soldati.
La regione dell’Artois, nel nord della Francia, non lontano dal confine con il Belgio, è stata uno dei luoghi di fraternità tra combattenti avversi. Non sono leggende: è tutto documentato. Ecco la testimonianza scritta di Louis Barthas, caporale negli anni del conflitto, dal quale uscì vivo: «La stessa condivisione della sofferenza avvicina i cuori, fa scomparire l’odio e fa nascere la simpatia tra persone diverse e perfino nemiche. Chi nega ciò non capisce nulla della psicologia umana. Francesi e tedeschi si guardano, riconoscono di essere tutti quanti essere umani». E, dalla sua trincea di Arras, esprimeva un desiderio: «Forse un giorno, in questo punto, si innalzerà un monumento per commemorare questo slancio di fraternità tra uomini che avevano orrore della guerra e che erano costretti a uccidersi controvoglia».
Questa richiesta è stata fatta propria recentemente, tra gli altri, dal regista francese Christian Carion, che ha raccolto parecchio materiale negli archivi francesi e inglesi e ha dato vita all’associazione Noel14 (Natale 14). Per non dimenticare che molti soldati in guerra erano prima di tutto uomini.
Quel primo Natale di un conflitto mondiale, dunque, aveva preso una piega inaspettata: soldati francesi applaudivano un tenore bavarese, altri giocavano a calcio con i tedeschi; c’erano state sepolture comuni nella terra di nessuno, con la celebrazione di Messe in latino. Da non credere. Eppure, a documentare questo clima, c’erano lettere scritte da soldati di entrambi i fronti: c’era perfino la volontà di scambiarsi gli indirizzi per rivedersi dopo la guerra.
Queste iniziative dirompenti non potevano certo passare inosservate agli stati maggiori degli eserciti in campo. I vertici militari decisero di rimettere ordine trasferendo quelle che erano definite unità contaminate, secondo l’espressione di un ufficiale dell’epoca. Alcuni scozzesi, arruolatisi come volontari, furono rispediti a casa dopo due settimane trascorse a prendere il tè con i tedeschi, a giocare a pallone e a organizzare visite nelle rispettive trincee per mettere a confronto e migliorare le condizioni di vita.
Tuttavia non furono presi provvedimenti drastici: da un lato, le persone coinvolte erano troppe per essere passate per le armi; dall’altro, il concetto di fucilare qualcuno per mettere in riga tutti gli altri non sembrava ancora diffuso. Però era necessario fare piazza pulita e sostituire i soldati: in fondo, essi erano stati formati per combattere e difendere la patria fino alla morte, e non certo per far comunella in trincea. Parigi mobilitò i servizi segreti, inviando i suoi agenti nei luoghi di guerra per capire che cosa stesse accadendo, per identificare gli insubordinati. Vennero perfino intercettate comunicazioni fra tedeschi e francesi nelle quali i soldati erano avvertiti che a una certa ora sarebbe passato un colonnello per un’ispezione e che, quindi, bisognava farsi trovare pronti a sparare. Come se, invece di fare la guerra, i soldati stessero girando un film.