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 2013  dicembre 17 Martedì calendario

IL SIGNOR VENTURA SA ANCORA DIVERTIRSI


IN ATTESA di veder riemergere Zeman dal mare dei suoi silenzi, ci accontentiamo di navigare in superficie con Giampiero Ventura. Il più simpatico del mazzo. Il più vero. Ventura, 66 anni a gennaio, adolescenza a Cornigliano, padre comunista e operaio all’Italsider, nella sua parabola iniziata nel ’76 ha toccato più di venti squadre. È stato a Napoli, Messina, Udine e Giarre. È passato a Lecce e Pisa, Venezia e Cento. L’ultimo carnevale della sua vita si chiama Torino. Storia calcistica del paese arrivata sul tavolo del signor Ventura fuori tempo massimo e onorata settimana dopo settimana fino al sorprendente settimo posto attuale. C’è stato un tempo (ricordava ieri il bravo Gigi Garanzini su La Stampa) in cui anche molto dopo Loik e Bacigalupo, chiamarsi Toro coincideva con traguardi incornati senza titubanze, fantastici interpreti da corrida (Radice, Mondonico) e classifiche che vedevano le maglie granata matare regolarmente scetticismi e pronostici per duellare con costanza nelle prime posizioni. Poi quel tempo tramontò e sui cocci di un possibile fallimento, a Giampiero il restauratore è toccato riparare. Lo ha fatto come sempre al meglio e ora, dopo aver ritrovato la categoria, il più anziano professore del campionato attraversa il torneo con la lieta filosofia di uno Scopigno che ne ha viste di tutti i colori e che da nulla può farsi stupire. Quando era giovane, a Pistoia, gli accadeva spesso. Al termine di un allenamento, oltre la rete di recinzione, si sbracciò un giorno il suo idolo Francesco Guccini: “Posso chiederle un autografo?”, “Ma sono io che lo chiedo a lei”. Sorrideva e sapeva sorridere, Ventura. Non ha dimenticato come si fa e adesso che si discute di futuro: “Ma non dite a Cairo che firmo fino al 2017, potrebbe sentirsi male”, anche il passato appare sotto un’altra luce. Dove c’è Ventura, c’è impresa. A Venezia, in Serie B, riempì lo stadio cittadino eliminando Juventus e Fiorentina dalla Coppa Italia. A Lecce ancora lo adorano per la cavalcata perfetta: dalla C alla A in tre anni. A Cagliari (dove, unico caso da Guinness, resistette 4 anni con Cellino) gli vogliono bene. E così, tranne sporadiche avventure senza felicità (Verona), il giro d’Italia del nostro Ferguson prosegue ignorando l’anagrafe. Domenica pomeriggio Ventura ha fatto visita a un altro maestro vero, Francesco Guidolin, in crisi di identità perché cambiando l’ordine degli addendi e 20 giocatori l’anno, anche nelle isole felici, i risultati mutano eccome. A docce ancora calde, come ogni tanto gli capita, Guidolin parlava di sentimenti e meditava abbandoni a freddo. Ventura e Guidolin hanno caratteri agli antipodi e da qualche stagione irridono l’anagrafe denunciando più di 120 anni in due. Vogliamo vederli invecchiare a bordo campo. Rottamando il tempo e gli avversari con la saggezza delle buone idee.